“L’an 2028 – quelques années aprés la prochaine guerre… Un aéronef s’apprête à décoller d’Afrique Centrale…”.Nella civilizzata Africa un uomo parte con la sua astronave “Vers l’Europa Deserta, Terra Incognita” ove incontra a Parigi, identificabile con l’immagine di una Tour Eiffel piegata nella parte superiore, una “aborigena” accompagnata da una grossa scimmia (forse uno scimpanzé). La sfera atterra sulla sommità del rifugio della donna andando a comporre una sorta di moderno monumento megalitico, quasi una scultura surreale. I due purtroppo non si capiscono, l’uomo tenta di fuggire ma viene catturato dall’indigena che, dopo averlo legato a un palo, inizia quella che sembra essere una danza tribale dei bianchi: il charleston. L’uomo capisce di cosa si tratta e si rivolge alla ragazza mostrando il suo consenso, mentre una didascalia rivela la sua frase: - “Félicitation! Montrez-moi encore cette dance admirable! Après vous pourrez me tuer et me manger!” Ma la ragazza afferma di non digerire la carne nera. Dopo una scena in cui l’uomo al telefono (materializzatosi da un disegno della ragazza) comunica a degli strani angeli (surreali voci dell’etere che sopraggiungono dall’altra parte dello schermo?) che vuole apprendere il charleston (“la danse traditionelle des Blancs”), la ragazza lo libera e comincia a ballare. Da questo momento in poi inizia il loro dialogo “danzante”, unico modo in cui i due possono comunicare. Tra maestra e allievo (tra donna bianca e uomo nero, tra aborigena e uomo civile) nasce una profonda empatia. La ragazza seguirà l’uomo (naturalmente facendosi raggiungere in una divertente scena surrealista da un soprabito e un ombrello “animati”) salendo sulla sfera volante che ripartirà alla volta della civilizzata Africa. Un film importante, anche se forse considerato minore rispetto agli spettacolari film della fantascienza di quegli anni (Metropolis è del 1926). Charleston (purtroppo la musica originale è andata perduta) esprime tutte le potenzialità del cinema portando davanti allo sguardo la forza dirompente del movimento nel mostrare i passi ora veloci, ora rallentati, della bravissima attrice-ballerina e moglie di Jean Renoir, Catherine Hessling. Il “dialogo” a suon di passi tra i due esalta la plasticità delle forme, costringe a riflettere sull’importanza dell’immagine in quanto espressione intima della nostra volontà di possederla. Il dialogo attraverso il movimento del corpo e l’euforia incessante della maestra che imprime al ballo un andamento irreversibile, interrotto solo dai capogiri dell’allievo sfinito, unisce razze diverse, culture diverse, informa sulla storia e i costumi di un mondo alieno. Il movimento, soprattutto interno all’immagine, è una fonte preziosa di informazioni, ed essendo parte fondamentale e pregnante dell’immagine, riesce a superare ogni limite, spingendosi al di là del percepito, ben oltre i “significati” linguistici del sonoro. Infatti Cherleston, pur essendo muto, potrebbe anche essere definito un musical. Mentre il linguaggio della parola (per via di codici decifrabili attraverso il possesso di una o più chiavi) può non funzionare (e il cinema può franare nella banalità di frasi fatte), al contrario la mimica del corpo riesce a sopperire alle incomprensioni per la diversità, costruendo nella mente i codici universali che allineano le differenze e resettano le divergenze (e il cinema può ri-formarsi su altri livelli energetici). Il corpo e il suo stato naturale (sudore, dinamicità, espressività, gioia dolore, mimica) e soprattutto l’immagine del corpo e della sua interazione con lo spazio che lo circonda (che prosegue anche nel montaggio) uniscono le differenze degli sguardi e mettono in comunione gli uomini al di là delle convenzioni sociali, delle differenze di sesso, cultura, idee.
P.S. Il primo piano di Catherine Hessling è tratto dal film "La fille de l'eau" (1925) di Jean Renoir.
P.S. Il primo piano di Catherine Hessling è tratto dal film "La fille de l'eau" (1925) di Jean Renoir.
12 commenti:
Davvero interessantissima questa tua serie di post. Anche questo mi manca, ma devo assolutamente recuperarlo... anche perchè Renoir è uno dei miei registi preferiti; forse quello che ha fatto più capolavori in assoluto nel corso degli anni '30.
Un saluto
@Chimy. Mi fa piacere che questa serie di post sugli anni '20 ti interessi :) e sono d'accordo che i capolavori di Renoir sono stati girati tutti negli anni '30. Infatti "Una gita in campagna" (1936); "La grande illusione" (1937); "L'angelo del male" (1938); "La regola del gioco" (1939) sono per me i quattro capolavori di Renoir da 5 stelle.
A presto.
Assolutamente. E a me manca ancora "L'angelo del male"... me lo sto tenendo per il momento giusto ^^.
Sugli altri 3 è difficile anche fare una classifica.
Ciao
@Chimy. Sicuramente. Non riesco e non riuscirò mai a scegliere il migliore. E' incredibile come un regista abbia girato quattro capolavori uno dietro l'altro.
Io purtroppo di Renoir ho visto solo Questa terra è mia e Il testamento del mostro e ovviamente conto di recuperare anche tutto il resto.
Luciano, mi raccomando continua a deliziarsi con questa tua serie di post davvero succulenti.
Ale55andra
@Ale55andra. Questo non è tra i migliori film di Renoir ma è importante perché è uno dei suoi primi film. Comunque si nota già l'estro del grande regista. Ti ringrazio per l'interesse.
Che coincidenza, nei giorni scorsi mi sono visto (e per la prima volta!) proprio "La regola del gioco"...
Questo invece non lo conoscevo, non lo avevo neppure mai sentito nominare!
@Christian. Niente a che fare con La regola del gioco, naturalmente. Comunque un film che evidenzia (uno dei primi girati da Renoir)le potenzialità del grande regista.
Lavoro preziosissimo, quello che stai facendo. Grazie
@Grazie a te Conte. La tua affermazione mi onora ^^
Questo di Renoir, un autore che mi piace parecchio, mi manca!
Anche Budu salvato dalle acque non è male.
E' uno dei suoi primi film, non paragonabile secondo me ai capolavori degli anni trenta, ma comunque un film da vedere. Budu salvato dalle acque è un grande film.
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