L’ingresso è inquietante perché ci aspetta il primo piano del volto truccato di Alex che sin dal primo fotogramma ci guida, anche con la sua voce over, e ci introduce nel suo mondo folle e violento. Ci spiega subito di cosa si tratta, ossia violenza e droga, apologia del male che viene presentato naturalmente attraverso il candore delle immagini. Al Korova si beve latte, non whisky e superalcolici, anche se “rinforzato con qualche droguccia mescalina”. Ma il latte è bianco, candido, è una bevanda soffice. Ecco… sinceramente credo che siamo entrati in un bar mica male, attraente. Vi sono i Droogs Dim seduti in fondo al bar, vestiti di bianco, tutto all’opposto dei punk che conosceremo negli anni ancora da venire e differenti dalla “gioventù bruciata” e dai figli della beat generation che abbiamo lasciato da poco alle nostre spalle. Alex è un mito. Un occhio truccato e uno no, uno sguardo angelico. Le sue parole che inneggiano alla violenza sono dette con voce pacata, serena. Il mostro è entrato nell’ordinario. Il mostro non spaventa, l’angelo caduto è rimasto bello. La bellezza possiede anche la faccia nascosta del male (ma che qui si sta svelando). Può il male attraversare l’etica e fondersi nei modi gentili, frequentare le belle cose, apprezzare l’arte, rintuzzarsi davanti all’orrido? Ma, fatto sconvolgente, può il bene apparire mostruoso? Il primo piano dell’incipit suggerisce che siamo entrati nella banda di Alex, siamo i suoi Droogs Dim. Alex ci accompagnerà nella nostra discesa all’inferno (1) dove dovremo lavarci l’anima. Sicuri di venire al Korova Milk Bar? Sembra un ambiente invitante, ma già la musica di Purcell (Music for the Funeral of Queen Mary) spostata da un contesto alto (la messa) a uno basso (il bar) ci avverte che stiamo per entrare in un girone da cui potremmo non uscirne. Ci vestiamo elegantemente. Un cappello in testa, Alex porta sul capo una bombetta blu notte (forse unico neo), poteva essere bianca, perché è scura? Ha un occhio truccato e porta un bastone che rappresenta modi di fare eleganti (bastone e bombetta come sinonimo di ombrello e bombetta cosa ricorda?), un bastone che sarà usato poco dopo come arma, ma per ora no, siamo dentro la prima sequenza e l’arma sarà usata poco dopo, ma dentro questa immagine no. Ormai siamo stati accalappiati. Siamo tutti immobili seduti davanti ai tavoli che sono sculture raffiguranti donne nude con le gambe aperte; gambe e braccia sono i piedi dei tavolini. Queste sculture si ispirano alle pin up di Allen Jones, appartenente alla pop-art, e vogliono rappresentare l’erotismo, diffuso dalla pubblicità delle copertine patinate delle riviste, che negli anni sessanta diventa un bene di consumo, l’erotismo consumato come una bibita bevuta al bar, o come un’auto sportiva lanciata per le stupende (libere) strade degli anni sessanta. Queste pin-up portano scarpe con tacchi a spillo, slip, parrucche, fruste, corpetti, ecc. ispirando appetiti sessuali; sono donne come le vorrebbe l’uomo medio e come le vorrebbe rappresentare la pubblicità. Allen le presenta senza remore e falsi pudori, da artista, alla mercé del pubblico. Presenta a tutti non il male, ma il male che potrebbero ispirare. I tavolini del Korova Milk Bar sono nudi. Seduti davanti a questi tavolini ci siamo noi, immobili come manichini. Abbiamo ai piedi donne schiave, o come le vorremmo, ma noi siamo più schiavi di queste pin up pronte ad amarci; la fissità dei nostri sguardi che osservano il vuoto, pur in un museo d’arte contemporanea (perché il Korova è anche un museo), non riescono a vedere altro che la propria inutilità. Questo ambiente degradato, immobile, dove domina lo sguardo della nostra paura, dove Alex sembra dare un ordine, è già l’incubo del Fuori, ossia Alex è solo un ingranaggio. Siamo dentro e contemporaneamente fuori. Il Korova Milk Bar è il nostro limite, se entriamo non ne usciremo fuori, perché è il nostro fuori personale. Avete bevuto il latte drogato dell’apparenza? Bene, siete dentro il Fuori.(2)
(1) Rimbaud, Una stagione all’inferno.
(2) “Di fronte al contrasto fra prospettiva intradiegetica della voce ed eterodiegetica delle immagini, l’incipit dell’Arancia meccanica non ci dice quale sia la prospettiva dominante: il commento di Alex o il distacco crescente della visione?” Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick, L’arancia Meccanica, p. 48 Lindau
(1) Rimbaud, Una stagione all’inferno.
(2) “Di fronte al contrasto fra prospettiva intradiegetica della voce ed eterodiegetica delle immagini, l’incipit dell’Arancia meccanica non ci dice quale sia la prospettiva dominante: il commento di Alex o il distacco crescente della visione?” Giorgio Cremonini, Stanley Kubrick, L’arancia Meccanica, p. 48 Lindau
La foto di destra rappresenta tre pin up di Allen Jones
14 commenti:
io arancia meccanica non l'ho solo amato, di più!
inquietante l'ingresso
molto bello il concetto di essere contemporaneamente dentro e fuori, mi piace
grazie, come sempre!
@Honeyboy. Grazie a te. Questa più che un'analisi vuol essere una specie di gioco, un divertissement, proprio perché questo film, proprio come succede a te, non smette mai di stupirmi. L'ho visto tante di quelle volte (superato solo da Shining) che dovrei consocerlo a memoria, e invece... ogni volota vedo qualcosa di nuovo, di diverso.
Ho letto il libro solo qualche giorno fa, è stato come chiudere un circuito. Il bianco di questo film, l'uso che Kubrick ne fa, la contraddizione che vi elegge mi sembra uno di quelle sue scelte tipicamente antifrastiche: penso, per esempio, per non citarne che una (visto che ne parlammo in precedenza), alla "luce abbagliante" dell'horror in Shining.
le scelte dei costumi e del trucco della canonero furono geniali e hanno contribuito non poco alla riuscita di questo film. a dire il vero tutto qui è geniale: niente lasciato al caso tutto che s' incastra a meraviglia. anche se per me (ma non solo) rimane una grande parabola proto-punk, in qualche modo l' anticipazione di quello che verrà di lì a qualche anno, la grande disillusione. un film che riesco a vedere con non poca difficoltà perchè come dici te "il mostro è entrato nell’ordinario" .
@Noodles. Penso di sì. L'horror della luce, del bianco (anche se lo sfondo del Korova è nero). I drughi vestiti di biamco, il latte (bevanda dei bambini). L'arte pop (che è un'arte del quotidiano rappresentando gli oggetti di tutti i giorni). Il libro di Cremonini fu per me una scoperta. Naturalmente (l'hai notato) ho preso spunto dal libro. Ma il mio vuole essere anche un gioco, un'esperienza della mente che "prova" a frequentare questo bar, a conoscere le persone che lo frequentano, sapere chi sono. Chi è il proprietario? Che rapporti vi sono tra Alex e gli altri (a parte i suoi drughi). Siamo noi spettatori gli altri personaggi seduti davanti alle pin up? Un divertissement, insomma (come ho detto anche a Honeyboy). Un tentativo di stabilire un circuito. Questa breve sequenza è insomma un mondo che c'introduce nell'ingranaggio Alex e il mondo ci viene descritto da Alex, un "cattivo" che però è costretto a subirlo, ad esserne terrorizzato. Siamo dentro questo fuori (di Alex). Entrare nel Korova significa entrare nella nostra stagione all'inferno. Più che un'analisi il post vuole essere solo un un gioco.
@Monia. Prot-punk, disillusione. Interessante. Non ci avevo pensato. Naturalmente mi sono limitato alla prima sequenza. vi sono nel film tantissime simmetrie, giochi ad incastro, contrappassi, insomma i film di Kubrick sono meccanismi perfetti, sono orologi. E' stato detto che se Godard è il regista del corpo, Kuìbrick è il regista del cervello. In Kubrick tutto deve essere al suo posto. Il cinema è un meccanismo controllabile non casuale. Qui, nel bar, ci attrae nel suo gioco, ci prende e ci trasporta direttamente nell'evento a cui assisteremo e sarà una scoperta terribile. I vari temi (i due principali, come sempre) eros e Thanatos (che sono già presenti nell'incipit) sintetizzati nell'ultraviolenza e lo stordimento casuato dal reale (un reale morbido ma drogato con mescalina), ecc.ecc. Sicuramente un film infinito.
Come infinito è il regista che l'ha girato...bellissimo gioco di parole come lo chiami tu e stupenda riflessione sul Korova Milk Bar luogo davvero mitico.
Ah, Luciano corri da me che ti ho nominato nel Thinking blogger award e quindi ora tocca a te! :P
Ale55andra
Recentemente l'ho rivisto diverse volte perchè dovevo farci una presentazione.
Un altro capolavoro del Genio.
E' interessantissimo notare come, a livello di riprese, le prime tre sequenze siano girate allo stesso modo.
Un dettaglio (o particolare a seconda dei casi) e poi una lenta carrellata all'indietro che mostra il totale del luogo dove si trovano i drughi... nell'indimenticabile prima scena (che hai analizzato magnificamente): dagli occhi di Alex al totale del Korova Milk Bar.
Basterebbe quella per farne un film indimenticabile...
Un saluto
@Ale55andra. forse ti sarai accorta che il mio vuole essere un gioco per invitare le persone a bere un bicchiere di latte insieme ad Alex e ai suoi Drughi. Dalle tue parole mi rendo conto che hai visitato e frequentato il bar. Grazie.
P.S. Grazie anche per la nomination. Mi aveva già nominato anche settima arte insieme a deneil ma io mi muovo alla velocità della tartaruga e mi sono fatto superare da tutti voi ;(
@Chimy. Osservazione acutissima. Le prime tre sequenze sono state girate allo stesso modo. Sarebbe interesasnte farne un'analisi in parallelo. Quando siamo davanti al Genio riusciamo solo a immaginarci una piccola parte di quello che ha combinato nei suoi incredibili film. Grazie :)
Bella riflession Luciano. Il primo piano di Alex è inquietantissimo. è un po' che non vedo Arancia Meccanica,ne approfitto per riguardarlo!
@Edo. Quindi anche tu sei entrato a bere un bicchiere di latte. Naturalmente scherzo e ti ringrazio. Sì, Arancia meccanica è un film che ogni tanto anch'io devo rivedere. ;)
c'era un pò si scenografia del korova alla mostra al palazzo delle esposizioni di roma, che emozione... :)
Simone
@Simone. Che emozione! Adesso sono più triste perché lo sapevo che avrei perso tanto a non venire a Roma a vedere la mostra su Kubrick!
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