Nulla può sostituirsi alla liquefazione (1) dell’individuo nella società moderna. L’irreversibile processo porta a una trasformazione, nel senso di assorbimento multiforme, dell’individuo. Per essere più chiaro, rifacendomi al concetto di modernità liquida di Zygmunt Bauman, l’individuo vive in una concezione di spazio e tempo che non gli permette di intessere rapporti solidi, ma solo di afferrare le occasioni (lavoro, sesso, formazione) come momenti di misurazione del proprio successo. Il "tempo" agli albori dell’era moderna era un "tempo" legato allo spazio (quindi una velocità) mentre nella modernità fluida il tempo domina lo spazio proprio perché il tempo è diventato istantaneo, permettendo l’equivalenza di ogni luogo in rapporto al tempo per raggiungerlo. Mentre prima si aveva v=s/t adesso si ha s/t (per t tendente a zero) = ∞ , ossia la liquefazione dello spazio e la liberazione del tempo come unico canone di valutazione della propria identità. Detto in altro modo, nell’epoca della modernità fluida, passato e futuro non hanno valore, ma conta solo l’istante. Bauman si domanda che senso può avere una società dove si dà continuamente importanza ad un perpetuo carpe diem. Crash di Cronenberg (e anche, come vedremo, il romanzo di James Graham Ballard) segue proprio la ricerca dell’attimo perpetuo, dove ha valore il momento eterno. La decostruzione del mondo è avvenuta, ma il mondo non ha retto allo smontaggio, liquefacendosi; e non si può neppure tornare indietro perché, ammessa la possibilità di restituire spessore al liquido, ci troveremmo davanti a un nuovo “mondo solido”. Crash ci mostra comunque solo l’inizio della liquefazione dei corpi. Un po’ di tempo fa (prima di A History of Violence) mi ero immaginato infatti che Cronenberg sarebbe arrivato a mostrarci in un suo film proprio lo squagliarsi irreversibile del corpo, per evidenziare l’estasi innaturale del non ritorno. Forse il regista ha cambiato strada, ma ritengo che Crash sia un film che segni in maniera indelebile questa possibilità. Crash è l’inizio del processo fluidificante, ma non solo. Crash è anche una ricerca onirica degli effetti del cinema e del suo sviluppo. Mi spiego meglio: Crash mostra pezzi solidi che galleggiano come frammenti sfuggiti alla deriva della società, anzi alla deriva del cinema post-moderno, pezzi di cinema di una volta quando il mondo solido che lo circondava permetteva al cinema di essere mitico. La sequenza dello spettacolo organizzato da Vaughan (cinema) davanti a un pubblico di amanti degli incidenti (cinefili?) è esaustiva. Vaughan ricostruisce davanti al suo pubblico l’incidente in cui James Dean perse la vita entrando nel mito. Si può dividere la sequenza in tre parti principali o forse meglio dire in tre motivi legati: introduzione, crash e epilogo. Nell’introduzione Vaughan presenta lo spettacolo che il pubblico (tra cui James Ballard ed Helen Remington) si appresta a vedere seduto su una tribuna improvvisata. La mdp inquadra Vaughan che accarezza l’auto mentre parla al microfono davanti a un uditorio “specializzato”: “Non ti preoccupare quel tizio ci vedrà senz’altro. E queste sono state le ultime fiduciose parole della giovane e brillante star di Hollywood James Dean mentre alla guida della sua Porsche Spider 550 andava incontro al suo appuntamento con la morte….”. La voce di Vaughan tradisce una particolare eccitazione che lascia trasparire il suo “feticismo per la lamiera tagliente” e infatti questa sequenza potrebbe essere vista anche come metafora di un coito, ma un coito post-moderno dove non c’è posto per un rapporto pelle/odori/corpo ma solo lamiera/puzza d’olio bruciato/corpo. Ad ogni modo mi limito qui a sottolineare il gioco metacinematografico della sequenza ben strutturata da Cronenberg. Nell’introduzione la mdp ci mostra i movimenti di Vaughan con brevi carrellate laterali (Vaughan è mostrato spesso in piano americano se non addirittura in primo piano, colto nell’attimo di carezzare l’auto con mani e corpo). Ma Vaughan non carezza la Porsche di Jeames Dean, perché ormai la Porsche è entrata nel mito, carezza invece l’altra auto quella con cui “si farà male” perché è la vera causa del suo dolore e del suo orgasmo. Queste immagini sono raccordate con alcune riprese in primo piano di James Ballard ed Helen Remington, ossia degli spettatori ideali di questo tipo di cinema, spettatori fluidi, capaci di supportare/sopportare il dolore di questa nuova arte che può soltanto testimoniare la deriva della Storia. I due sono visibilmente eccitati. La parte centrale, il crash vero e proprio, dura pochissimi secondi (circa 15). Ecco la sequenza del crash:
1) dalla Porsche (soprannominata da Dean “Little Bastard”) si vede la Ford Tudor Bianca che sta venendo incontro (7 secondi);
2) dalla Ford Tudor si vede la Porsche che viene incontro (un secondo);
3) primo piano di Vaughan che recita la parte del meccanico di James Dean, Rolph Wütherich, e dello stuntman che recita la parte di James Dean alla guida della Porsche n. 130 (meno di un secondo);
4) primo piano del fianco destro della Ford Tudor (si sta spostando sulla destra incontro alla Porsche) guidata dall’altro stuntman che recita la parte dello studente Donald Turnupseed; il fianco è visibile in primissimo piano sulla parte destra del fotogramma, mentre sulla parte sinistra si vede la Porsche in campo medio (comunque situata al centro dell’immagine); ancora più a sinistra del fotogramma è visibile la campagna (meno di un secondo);
5) sul lato sinistro del fotogramma in campo medio si vede la grossa Ford Tudor e sul lato destro la piccola Porsche ormai coinvolte nel crash; Little Bastard si deforma nell’urto (meno di un secondo);
6) ritorno alla precedente prospettiva ossia vista del fianco destro della Ford Tudor che urta la Porsche e prosegue la sua corsa fermandosi sull’altro lato della carreggiata, uscendo fuori strada(6 secondi).
Il punto di vista dell’incidente è molteplice, infatti lo spettatore adotta di volta in volta lo sguardo di Vaughan, poi quello dello stuntman della Ford, e infine di un’altra istanza che non è neppure il pubblico interno al film, perché la prospettiva delle due auto che si urtano di lato è quella onnisciente di un pubblico ancora più distante (siamo noi cinefili?). Questo “stile” di ripresa ci riporta al 30 settembre 1955 (come dice Vaughan), giorno della morte di Dean, ma Vaughan subito dopo la data non definisce l’ora (“L’anno, il 1955. Il giorno, il 30 settembre. L’ora, adesso”). Il mito di Dean esce dalla storia ed entra nell’Adesso del film, ma l’Adesso del film è sì presente al mio sguardo mentre lo vedo, ma è anche un tempo passato dove tutto è già accaduto. E siccome il Reale non può entrare nel film, Cronenberg ci mostra la ricostruzione dell’incidente di James Dean filtrata dalla famosa corsa di Rebel Without a Cause. Non è il mito di Dean in quanto persona fisica coinvolta in un incidente, ma il mito di Dean in quanto persona deceduta e consegnata al mito perché integrata in un certo tipo di cinema e usata dallo star system. La citazione del film di Nicholas Ray (non citato ma “ricostruito”) entra di prepotenza nel mondo liquido di Crash acquisendo significati diversi in quanto fuori dal suo contesto e dalla Storia, trascinandosi dietro la gara pericolosa tra Jim Stark e Buzz, e influenzando Crash stesso. Rebel Without a Cause è solo mostrato attraverso una rappresentazione della “reale” morte di James Dean. Per pochi attimi (quei quindici secondi dell’urto) il mondo classico sembrerebbe innestarsi nell’oggi, interagendo in un circuito di rimandi e citazioni nostalgiche tipiche delle immagini senso-motorie. Il film del ‘55 non è citato, ma solamente rappresentato attraverso la citazione del mito (quindi star system, Hollywood, cinema, ecc.), di un mito che si è tra l’altro formato attraverso una mancanza. Ossia la liquefazione dei sentimenti non entra in sintonia diacronicamente col film (paragoni col passato, nostalgie, “oh quant’era meglio 50 anni fa, grande cinema!”, “grande attore! noi oggi possiamo solo…”, ecc.ecc.), ma sincronicamente, dato che Rebel Without a Cause è ormai una frase fatta innestata nel desiderio post-pornografico di scolpire la carne, e la rappresentazione liquida dell’incidente (liquida perché non c’è sofferenza e/o dialettica del sentimento, ma solo uno sciamare di azioni e desideri clonati) serve semplicemente a sopravvivere senza attraversare il tempo.
(1) Zygmunt Bauman, Modernità liquida
1) dalla Porsche (soprannominata da Dean “Little Bastard”) si vede la Ford Tudor Bianca che sta venendo incontro (7 secondi);
2) dalla Ford Tudor si vede la Porsche che viene incontro (un secondo);
3) primo piano di Vaughan che recita la parte del meccanico di James Dean, Rolph Wütherich, e dello stuntman che recita la parte di James Dean alla guida della Porsche n. 130 (meno di un secondo);
4) primo piano del fianco destro della Ford Tudor (si sta spostando sulla destra incontro alla Porsche) guidata dall’altro stuntman che recita la parte dello studente Donald Turnupseed; il fianco è visibile in primissimo piano sulla parte destra del fotogramma, mentre sulla parte sinistra si vede la Porsche in campo medio (comunque situata al centro dell’immagine); ancora più a sinistra del fotogramma è visibile la campagna (meno di un secondo);
5) sul lato sinistro del fotogramma in campo medio si vede la grossa Ford Tudor e sul lato destro la piccola Porsche ormai coinvolte nel crash; Little Bastard si deforma nell’urto (meno di un secondo);
6) ritorno alla precedente prospettiva ossia vista del fianco destro della Ford Tudor che urta la Porsche e prosegue la sua corsa fermandosi sull’altro lato della carreggiata, uscendo fuori strada(6 secondi).
Il punto di vista dell’incidente è molteplice, infatti lo spettatore adotta di volta in volta lo sguardo di Vaughan, poi quello dello stuntman della Ford, e infine di un’altra istanza che non è neppure il pubblico interno al film, perché la prospettiva delle due auto che si urtano di lato è quella onnisciente di un pubblico ancora più distante (siamo noi cinefili?). Questo “stile” di ripresa ci riporta al 30 settembre 1955 (come dice Vaughan), giorno della morte di Dean, ma Vaughan subito dopo la data non definisce l’ora (“L’anno, il 1955. Il giorno, il 30 settembre. L’ora, adesso”). Il mito di Dean esce dalla storia ed entra nell’Adesso del film, ma l’Adesso del film è sì presente al mio sguardo mentre lo vedo, ma è anche un tempo passato dove tutto è già accaduto. E siccome il Reale non può entrare nel film, Cronenberg ci mostra la ricostruzione dell’incidente di James Dean filtrata dalla famosa corsa di Rebel Without a Cause. Non è il mito di Dean in quanto persona fisica coinvolta in un incidente, ma il mito di Dean in quanto persona deceduta e consegnata al mito perché integrata in un certo tipo di cinema e usata dallo star system. La citazione del film di Nicholas Ray (non citato ma “ricostruito”) entra di prepotenza nel mondo liquido di Crash acquisendo significati diversi in quanto fuori dal suo contesto e dalla Storia, trascinandosi dietro la gara pericolosa tra Jim Stark e Buzz, e influenzando Crash stesso. Rebel Without a Cause è solo mostrato attraverso una rappresentazione della “reale” morte di James Dean. Per pochi attimi (quei quindici secondi dell’urto) il mondo classico sembrerebbe innestarsi nell’oggi, interagendo in un circuito di rimandi e citazioni nostalgiche tipiche delle immagini senso-motorie. Il film del ‘55 non è citato, ma solamente rappresentato attraverso la citazione del mito (quindi star system, Hollywood, cinema, ecc.), di un mito che si è tra l’altro formato attraverso una mancanza. Ossia la liquefazione dei sentimenti non entra in sintonia diacronicamente col film (paragoni col passato, nostalgie, “oh quant’era meglio 50 anni fa, grande cinema!”, “grande attore! noi oggi possiamo solo…”, ecc.ecc.), ma sincronicamente, dato che Rebel Without a Cause è ormai una frase fatta innestata nel desiderio post-pornografico di scolpire la carne, e la rappresentazione liquida dell’incidente (liquida perché non c’è sofferenza e/o dialettica del sentimento, ma solo uno sciamare di azioni e desideri clonati) serve semplicemente a sopravvivere senza attraversare il tempo.
(1) Zygmunt Bauman, Modernità liquida
26 commenti:
La prima volta che avevo visto "Crash" non tutto mi aveva convinto.
Ero rimasto assolutamente folgorato però da una sequenza che ancora adesso ritengo la più bella di tutto il film; ed è proprio quella della "ricostruzione" dell'incidente di James Dean (in assoluto una dei miei idoli cult). Da brividi fin sotto la pelle...
Luciano, ti ho già fatto i miei complimenti per il tuo modo di scrivere sublime? Mi sa di si!!! Questa analisi poi è davvero molto ma molto interessante! Sei riuscito a descrivere una singola scena in maniera egregia!! Non vedo l'ora di leggere la terza parte e ovviamete di guardare il film per poter fare le stesse osservazioni ^^
Ale55andra
Luciano Genio Subito.
ho dovuto legere due volte il periodo con le equazioni matematiche..! su "gioventù bruciata" ci sarebbe tanto da dire! in attesa di crash (che incuriosito dal tuo primo terzo di recensione ho mandato a ritirare su un sito internet), rivedrò prestissimo i "ribelli senza motivo" di dean.
@Chimy. Sì, è una sequenza da brivido. Secondo me il fulcro che organizza il film. Non mi stupirei (ma le mie sono solo congetture) che Cronenberg sia proprio partito dal crash di James Dean per muoversi tra i fluidi personaggi tratti dal romanzo di Ballard.
@Ale55andra. I complimenti me li fai spesso e ti ringrazio(gradisco ma non ti devi peritare ^_-). Comunque moltissimi blog (tra cui il tuo) sono di ottima qualità e ammetto che leggervi mi aiuta molto a trovare gli spunti per buttare giù le mie analisi. Insomma senza tutti voi non saprei come fare.
@Delirio. Grazie ma devo imparare ancora molto (e soprattutto da te che conosci e interpreti molto bene il post-modernismo).
@Mario. Spero che un matematico non le legga, perché la seconda espressione è molto tirata e forse non pertinente (in matematica). Le ho utilizzate solo per stimolare la mia ricerca sugli aspetti interessanti del film. Certo, Gioventù bruciata è stata solo "sfiorata" nel post. Ci sarebbe da dire tanto eccome! Ciao.
Ottima analisi come sempre. La ricerca dell'attimo perduto, come darti torto. C'è una disperazione autentica in questa scelta.
Un saluto!
sono io che devo imparare da te. fidati.
@Roberto. Sì c'è una disperazione autentica, una ricerca dei propri sentimenti, un desiderio di sentirsi vivi. Grazie Roberto. A presto!
@Delirio. Ti ringrazio per la fiducia. Diciamo allora che stiamo imparando l'uno dall'altro. Senza volerlo leggendoci a vicenda, forse ci stiamo già influenzando.
mamma mia è iniziata un altra opera in tre parti e io non me ne ero nemmeno accorto!fantastico mi son letto le prime due pari tutte d'un sorso..ora si aspetta la terza con ansia!mentre ovviamente recupero il film che ancora mi manca!considerazioni interessantissime (quella della licquefazione qui espressa mi ha colpito molto) che rivaluterò dopo aver visto l'opera!nel frattempo leo da me ha deciso di recensire immensamente il signore degli anelli..credo che se guardaste un film insieme potreste scriverne un libro.ne sono sempre più sicuro!
@Deneil. Grazie per aver letto due post che insieme in effetti sono come film da tre ore. Spero che il film ti piaccia, altrimenti mi sentirò responsabile ^_-
Caspita! Un bel coraggio recensiere la trilogia del Signore degli anelli! Denota una grande capacità di scrittura. Se io e Leo guardassimo un film insieme potrebbe anche uscirne un post chilometrico, ma chi avrebbe la pazienza di leggerlo? (Naturalmente scherzo).
e andiamo, addirittura le equazioni matematiche, questo è post-postmodernismo!
almeno, almeno 10 minuti di applausi
e anche la ricostruzione della scena, non ho parole
grazie davvero
ed ora attendo la terza parte, ma perché fermarsi? ne leggerei ancora e ancora!
@Honeyboy. Ti ringrazio sentitamente. In quanto studente di ingegneria (se non sbaglio) e conoscendo l'analisi matematica sai meglio di me che da un punto di vistra matematico (soprattutto la seconda) le due espressioni non sono pertinenti, ma le ho usate per schematizzare il mio pensiero (spero di non averlo invece reso meno chiaro). La sequenza della rievocazione dell'incidente a James Dean è per me il fulcro del film. E' stato più forte di me: dovevo sottolinare questa sensazione. ^^
Farti i complimenti mi sa che è solo prolisso ormai. Io dire non 10 ma 92 minuti di applausi, proprio a dire il piacere liberatorio dopo cotanta alta lettura.
Eppure, anche se sembrerà una contraddizione, neanche il tuo stile adamantino riesce a farmi conciliare troppo col film. Per qualche motivo non l'ho metabolizzato. Forse dovrei rivederlo. Anzi, sicuramente. E poi ne riparliamo ^^
@Noodles. Certamente. E' ovvio che un film non può convincere chiunque e ad ogni modo le stesse immagini suscitano comunque sensazioni diverse e portano a riflessioni differenti. Dal confronto poi la discussione diventa densa e utile, portando nuova linfa a tutti gli appassionati. Se lo rivedi leggerò volentieri la tua recensione perché a me interessa molto la differenza. :)
@ luciano: oggi è arrivato per posta il pacco con "crash". aspetto di leggere la terza parte della tua recensione prima di vederlo... non farmi attendere troppo!
@Mario. Ti anticipo che la terza parte è più che altro incentrata sul romanzo. Per me è rarissimo (questa è la prima volta) rapportare film e romanzo, perché non me la sento di paragonare due mezzi espressivi (cinema e letteratuira) così differenti. Ma ho fatto un'eccezione per... insomma poi leggerai. Comunque secondo me puoi benissimo vedere subito il film. Poi mi farai sapere cosa ne pensi. A presto!
aspetto anche la terza parte...
un saluto
cla
@Claudio. Arriverà presto. Però è una parte poco cinematografica. Come ho detto in precedenti commenti le tre parti non sono brani della medesima recensione ma tre differenti e distinte recensioni. Ti ringrazio per la richiesta.
I complimenti ormai ormai sono superflui...mi stavo chiedendo:
Hai percaso visto "fast company" l'altro film sul rapporto uomo-macchina-velocità che cronenberg ha girato prima di "The Brood"?
Se si, che ne pensi?
Io sono riuscito a procurarmelo da poco, però in lingua originale perchè, da quanto ho capito è inedito da noi...
@Cinedelia. Ti ringrazio per i complimenti. Il film purtroppo l'ho visto moltissimi anni fa (mi pare sia del '79)e poiché all'epoca erano già usciti suoi film di grande impatto (Come ad esempio Il demone sotto la pelle) non ebbe un grande successo. In effetti il film possiede in nuce quegli aspetti sugli incidenti (ma non solo) che poi Cronenberg ha sicuramente sfruttato al momento di girare Crash. Il film è da vedere anche se (nel caso non li avessi visti) forse varrebbe la pena guardarsi prima film come il film sopra citato, Rabid (che hai già recensito) e Brood: in pratica i suoi più famosi (e aggiungo eccezionali) film degli anni '70. Fast company si dovrebbe trovare anche doppiato nella nostra lingua con il suo solito titolaccio italiano: Veloci di mestiere.
Grazie per le delucidazioni!
Ho praticamente visto tutto di Cronenberg (cortometraggi inclusi) tranne questo, che vedrò al più presto.
Sapevo anche della versione italiana (veloci di mestiere), ma è praticamente impossibile da trovare, non esiste in dvd (ma io ci spero, anche perchè, con la recente uscita di Videodrome, è l'unico che manca all'appello) e sul mulo si trova solo la versione originale...
Ti farò sapere (e ovviamente non mancherà il post).
Un saluto
@Cinedelia. Allora sei un Cronenberghiano doc! Questo non può che farmi piacere. Hai visto più film di me (mi mancano alcuni cortometraggi). Non posso che complimentarmi :) Ricordo che il film era doppiato. Deve pur esistere da qualche parte una versione doppiata di Veloci di mestiere!
Cronenberghiano al 100%...come anche Lynchano e Carpenteriano!;)
Sembra proprio che non ce ne siano versioni doppiate...passaggi in tv neanche a pensarci...mi accontento di quella non originale, forse è anche meglio...
@Filippo. Tre registi che insieme formano un tris di assi. Senza dubbio la versione originale è migliore di quella "fantasma" in italiano. Aspetto con ansia il tuo post sul film^^
Ho appena finito di vederlo. Pessimo.
Ho apprezzato la quasi totalità di ogni film di Cronemberg tranne questo che mi sembra seriamente un insulto alla sua originalità.
Non mi ha trasmesso nulla, non mi ha spinto a nessuna riflessione. Niente, il vuoto più assoluto.
Voglio vedere però Ballard farsi una sega dopo che gli sono esplose le gambe dentro le lamiere di un bell'incidente contro un tir. L'anima de li mortacci sua.
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