6 agosto 2007

La macchina ammazzacattivi (Roberto Rossellini, 1948)

Celestino, semplice fotografo di paese (il film è stato girato a Maiori, sulla costiera a-malfitana) e devoto a Sant'Andrea, accorda ospitalità ad un povero viandante il quale gli insegna ad uccidere tutti i cattivi, fotografando l'immagine della persona prescelta. Scambiatolo per il suo Santo, Celestino inizia con successo a seguirne i consigli. La macchina ammazzacattivi è una commedia grottesca, sottovalutata dalla critica dell'epoca, e anche dal pubblico. Un film fuori dalle abituali coordinate del reale, che parte da un profilmico realistico, per poi costruire un discorso irreale, che diventa metafora per determinare il reale stesso. La foto è la memoria di un attimo arrestato nel tempo, e questo stabilisce una linea di unione tra fotografia e tempo, tra fotografia e morte. La macchina fotografica è strumento che dà la morte al reale, deformandolo e/o trasformandolo in qualcosa di diverso. Nella fotografia vi è la messa in mostra dell'Accaduto, di ciò che è andato irrimediabilmente perso e di cui l'immagine ne è particolare surrogato: immagine di qualcosa che non è e non è mai stato. Il Cinema invece mostra contemporaneamente l'Accaduto e l'Accadente, ossia illude che la "storia" narrata stia accadendo hic et nunc davanti ai nostri occhi (il proiettore), anche se in realtà è già accaduta (la pellicola); in questo contesto il cinema è una messa a morte di qualcosa. La metafora della macchina che uccide diventa il motivo per narrare una storia e il suo pretesto per l'accadimento non è la visione del Santo, ma una visione demoniaca (il viandante non è Sant'Andrea ma il demonio). L'inganno pertanto della realtà non appartiene alla visione miracolistica, ma a quella dell'incubo, al terrore (timore) di essere ingannati. La visione del viandante che sopraggiunge a scarnificare l'atto del vedere è una visione "vista" attraverso gli occhi di Celestino, attraverso quindi il timore del peccato. La macchina che uccide i cattivi non è che il terrore di appropriarsi, attraverso il cinema, di una visione del reale peccaminosa e non conforme al mondo così com'è stato codificato dal senso comune. Il film recupera solo in parte la struttura del cinema neorealistico (in particolare la trilogia della guerra - Paisà, Roma città aperta, Germania anno zero) orientandosi verso la messa in scena di situazioni vicine all'espressionismo dei film di Murnau e Laughton (deformazione del reale visto attraverso gli occhi di Celestino), anche se l'illusione onirica e la visione demoniaca (espressionismo) vengono mitigate da immagini nitide che mostrano una natura solare (costiera amalfitana) popolata dalla spontaneità e dall'improvvisazione dei suoi abitanti (commedia dell'arte).

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