Film simbolico e onirico che si pronuncia come finction senza volere illudere con il naturalismo dei luoghi (l'assenza di effetti speciali), né con la verosimiglianza di una storia di tradimenti. Infatti siamo in un luogo denominato Tara, stesso nome della tenuta di Via col vento (finzione), ma anche contenitore di merci (film come contenitore vuoto) e tara ereditaria. Il film è stato girato a Sabbioneta, città ideale ricostruita e abbellita da Vespasiano Gonzaga tra il 1554 e il 1591, città artificiale dalle strade orizzontali con molti porticati, città quadrata, che ricorda i quadri di De Chirico, una città metafisica. L'arrivo di Athos Magnani jr. alla stazione di Tara rappresenta anche l'inizio dell'avventura del Cinema (Lumiére: L'arrivée d'un train en gare de La Ciotat) con la prima proiezione a pagamento. I segnali che il regista dissemina nell'incipit ci avvertono del gioco in atto, della finzione che sta per iniziare, dell'importanza della scrittura cinematografica sottolineata dai movimenti della macchina da presa. Bertolucci ci avverte della necessità di adottare uno sguardo utilizzando un piano sequenza tutto personale: la macchina da presa precede spesso il personaggio, indugia, lo supera, poi torna indietro per ritrovarlo; effettua sovente movimenti circolari (il cortile quadrato della casa di Draifa diventa circolare) deformando l'immagine e negando allo spettatore il gusto della prospettiva rinascimentale. Si direbbe che i rapporti, le identificazioni tra i personaggi siano il risultato del gioco continuo della cinepresa che acquisisce un ruolo primario di scrittura del film. L'identità tra Athos jr e Athos senior, tra il figlio e il padre partigiano ucciso dai compagni per tradimento, non viene acquisita dal ricordo o dai luoghi visitati dal figlio, non è neppure nell'ordine delle cose, nel racconto di Draifa o dei vecchi partigiani. L'identità tra i il senior e lo junior si realizza tutta nella grammatica del film, attraverso i movimenti di macchina, attraverso le strade, i vecchi del paese, i luoghi. Indici realistici quest'ultimi che vengono tuttavia denaturalizzati. Bertolucci fa sentire il naturalismo per poi inficiarlo, sempre apparentemente a favore del sogno. Interessante poter ritrovare nel film un'altra specificità del cinema che è quella di passare con disinvoltura dal presente al passato come se esistesse un'unica realtà temporale (es.: quando Draifa guardando fuori campo dice ad Athos Magnani junior: "Questa è l'ultima volta che vidi tuo padre", mentre alle sue spalle, intento a guardare dalla finestra, vediamo Athos Magnani senior). In questo caso il film è fuori dalla cronologia trattandosi di un racconto di idee, perché Strategia del ragno non è un film storico, né naturalistico o ideologico, anche se suggerisce la storia, l'ideologia e la natura confondendo lo spettatore. La tela del ragno sono i movimenti di macchina che deformano lo spazio e la logica spaziale (vedi il busto del padre nella piazza che volge sempre la stessa faccia al figlio Athos che gli sta girando intorno), è la perdita della cronologia e l'avvento imponente del tempo che domina sullo spazio. Per citare Deleuze, quando Draifa interagisce contemporaneamente con i due Athos siamo di fronte a un'immagine cristallo in cui l'immagine del presente si forma contemporaneamente all'immagine del passato che si conserva (non è il flash-back del cinema classico). Il reale si colloca fuori dell'immagine cristallo, impenetrabile ed irriducibile, può riprodursi diegeticamente attraverso il gusto dello spettatore, ma il cristallo no, il cristallo non ha una natura mentale o psicologica perché è un frammento di tempo allo stato puro (Deleuze: L'immagine-tempo).
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