Nel commentare i cortometraggi ho
deciso di riportare la sinossi pubblicata dalla direzione della rassegna sulle
schede informative dei cortometraggi, di riportare altresì il mio commento
pubblicato “a caldo” sul sito del Festival dopo la visione del corto, il voto
assegnato in qualità di giurato-web e infine il mio commento attuale.
Armadiggen (di Philipp Kaessbohrer, Germania 2011)
Walter vive con sua moglie Helga in una fattoria
isolata nel nord della Germania. La loro vita viene completamente stravolta
dalla notizia che un asteroide colpirà la terra, distruggendo l’umanità. Walter
fa di tutto per tenere nascosta la tragedia a sua moglie, cercando di
trascorrere “un meraviglioso ultimo giorno sulla terra con lei…
Un
corto che concentra in pochi minuti lo "spazio" di un intero film. Il
plastico con la stazione e il paesino come "surrogato" di un mondo
colpito dai meteoriti, poi rappresentazione onirica delle paure di un anziano
in attesa della catastrofe, è una ciliegina sulla torta. Uno dei migliori del
festival.
Dopo alcuni anni, Amir ritorna in Bosnia- Erzegovina,
al fine di prendere in custodia i resti dei suoi genitori. Essi sono stati
uccisi durante la guerra, ma i loro corpi non sono stati subito recuperati .
Amir decide anche di visitare il luogo in cui è nato. Lì, oltre ad una casa
diroccata, c’è anche un amico che ha dimenticato e coloro che sanno di lui più
di quanto egli conosce se stesso.
Un corto essenziale, asciutto, ma anche
emozionante. La sequenza dei poveri resti messi nelle valigie come uniche
reliquie rimaste di tutto un mondo perduto, è insuperabile.
Voto
4
Amir
è un ostinato uomo di poche parole in cerca delle spoglie dei genitori uccisi
durante la guerra bosniaca deciso a recuperare quel poco che gli è rimasto del
passato. La sua ricerca lo porta a ritrovare le ossa sparse in un bosco. La
sequenza finale, in cui Amir pone i resti dei suoi in una valigia, è di un
impatto emotivo straordinario in quanto sintesi estrema della sofferenza.
Potere almeno piangere davanti alle spoglia dei propri cari: questa è la
ricerca ostinata di un uomo tornato nella sua terra natale. Non una caccia al
tesoro, quindi. Qui l’oggetto del desiderio è il recupero del proprio passato.
Anche in questo caso avrei prolungato la sequenza del bar e il rapporto con il
vecchio amico focalizzando meglio la rinascita della fiducia reciproca.
Chasse à l’ane (di Maria Nicollier, Svizzera 2011)
Tre giapponesi, amanti della carne d’asino, si trovano
da Sakado, un loro amico macellaio. Attratti dal sapore esotico di questo
piatto, decidono di acquistare l’asino Igor per poterlo gustare. Per le vie del
mercato di Komoro, addobbate con ghirlande, candele per le feste di Natale,
Takeo, Jun e Hiroshi gongolano pensando al loro progetto.
Probabilmente non sono riuscito a entrare in
sintonia con quest'opera che mi sembra insulsa e tirata via.
Voto
2
Forse
il peggiore di tutti anche se probabilmente non sono riuscito a comprendere in
pieno il senso di questo lavoro. Le sequenze nella cucina in cui ci si ciba di
ottima carne d’asino e le sequenze con l’asino sembrano slegate. Il rispetto
dei giapponesi per l’animale, ritenuto
sacro dopo averlo visto in un presepe di una vetrina accanto a Gesù bambino,
non è sufficiente a dare la svolta definiva al film. Anche il rapporto tra le
religioni risulta slegato e la resa comica basata sui giapponesi che equivocano
sulle usanze dei “cristiani” non è neppure divertente. Mentre vedevo il film mi aspettavo di vedere
qualcosa di simile al grande capolavoro di Robert Bresson, almeno una sequenza
che pone l’animale in primo piano diventando il fulcro del plot. Invece solo
parti giustapposte alla rinfusa con una regia titubante e incerta, attori che
non sembrano recitare.
Cluck (di Michael Lavelle, Irlanda 2011)
Un gruppo di giovani orfani scopre la vera natura dell’amicizia, quando quest’ultima sarà messa alla prova dall’arrivo di uno sconosciuto.
Un corto molto originale ed educativo, con un'ottima
regia. I bambini sono formidabili. (Il volo del pulcino preso al volo dal
ragazzino è da antologia).
Voto
4
Altro
corto di qualità. Location meravigliosa (un collegio gestito da suore) bambini
che recitano benissimo la parte di orfani vessati e capaci poi di ritrovare la
propria unità nel proteggere l’ultimo arrivato, una sorta di bambino-pulcino.
L’epilogo però indebolisce un po’ il film ricordando tanti episodi già visti in
stile “l’unione fa la forza” in cui infine il “cattivo” viene sconfitto.
Peccato perché secondo me, con pochi ritocchi, sarebbe stato il migliore di
tutti.
Dad,
Lenin and Freddy (di
Rinio Dragasaki, Grecia 2011)
Negli anni 80,
ad Atene, una bambina di nove anni, perde gradualmente il contatto con il padre
stacanovista comunista. Lei fantastica che Vladimir Lenin vuole fargli del
male. Le cose peggiorano quando il maniaco Freddy Krueger del film americano si
unisce all’esercito russo.
Un corto pieno di stimoli. Concordo con i due
commenti precedenti di Luca e Giusy: il Lenin santino, Freddy Krueger, le
"torture", la bambina-"spia". Le suggestioni sono tante.
Inoltre l'epilogo: dal sogno alla disco-dance con il ballo scatenato della
piccola nel lampeggiare della luce psichedelica.
Il corto segue un percorso immaginifico
ricostruendo una realtà filtrata dalla fervida immaginazione della piccola
convinta che qualcosa di brutto possa accadere a suo padre. Inoltre
l’improvvisa illuminazione del busto di
Lenin sulla scrivania la induce a sorvegliare il genitore per scoprire cosa
stia succedendo. Il percorso la porta a identificare il male nel “fanatismo”
politico del capofamiglia e nella possibile alleanza tra Lenin e Freddy Krueger.
Le idee politiche del padre, nonché la visione di Nightmare in casa del
fidanzatino della sorella, accendono pertanto l’idea di cercare le cause del
male nella speranza di conoscere chissà quali segreti . Il percorso la porta a scoprire che il padre viene torturato dai due inediti
alleati . L’urlo conclusivo della piccola con cui sconfigge il male e il suo
ballo, nelle luci stroboscopiche della notte trasformate in luci da discoteca, aprono
probabilmente alla bambina le porte di un’altra avventura. Forse il padre è
salvo, forse la famiglia può continuare a sopravvivere tra i pericoli e le
follie di una Grecia moderna. Un corto pieno di stimoli, citazioni, sequenze
effervescenti. Tra i migliori della rassegna.
Een
Bizarre Samenloop van Omstandigheden (di Joost Reijmers, Paesi Bassi 2011)
Per un assurdo
caso del destino, ad Amsterdam si incrociano le vite dei tre protagonisti, Ferdy
Bloksma, Erich Reinhardt e Jacob van Deyck. Essi dovranno affrontare una lunga
giornata di situazioni imprevedibili e problematiche, che metteranno a dura
prova la loro pazienza e resistenza.
Peccato perché l'idea è buona, ma secondo me nell'insieme il film non
funziona. Il plot sembra dipanarsi con fatica, rimanendo sempre sulla
superficie senza approfondire ad esempio lo stato d'animo dei personaggi e la
loro predisposizione psicologica che "casualmente" conduce alla
catastrofe.
Voto 3
La stupidità di
tre personaggi che vivono in secoli diversi li porterà a commettere degli
errori che causeranno una catastrofe ad Amsterdam. L’attimo di un calcio dato
ad una lattina che centra in pieno un tombino non è la causa del disastro ma
solo l’innesto di un evento preparato dalla dabbenaggine di tre uomini di tre
epoche diverse (2011, 1943 e 1649). Le loro isolate e insignificanti azioni
collegate dall’azione del tempo non creano una somma di eventi ma un crack
inevitabile e altamente distruttivo (il crollo di Amsterdam). Metafora
dell’idea che i grandi eventi siano in realtà il risultato di tante piccole
azioni quotidiane, il film non funziona perché ci lascia sempre sulla
superficie. Noi che possiamo assistere
al disastro dell’epilogo, riconoscere il climax, non sappiamo in realtà niente
della vita dei tre uomini e dei loro problemi. Certo per questo il corto
avrebbe avuto bisogno di un maggior respiro ma in fondo, visto che dura solo
otto minuti e mezzo, mentre altri lavori arrivano anche a 25 minuti, forse qualche
altro metro di pellicola sarebbe stato sufficiente a migliorarlo e renderlo più
compatto.
Einspruch
VI (di Rolando Colla, Svizzera 2011)
Il cortometraggio si basa su un fatto realmente
accaduto in Svizzera, nel 2010. Il protagonista è Alex Khama, il quale fuggito
dal suo paese, in Svizzera, chiede asilo. A Zurigo non trova nessun tipo di
comprensione e nessuno disposto a spiegargli la sua situazione, tanto che la
sua richiesta sarà respinta. Da questo momento inizierà un vero e proprio
calvario, che terminerà con la sua morte.
Ripreso
tutto in soggettiva riesce benissimo a metterci nei panni del personaggio.
Inquadrature pertanto eccezionali, sceneggiatura ben strutturata che rende il
film dinamico e coinvolgente. Eppure ci racconta una storia drammatica. Una
tragedia che fa riflettere e che ti scava dentro l'animo.
Voto
5
La
soggettiva è stata una scelta azzeccata per farci sentire nei panni
dell’immigrato nel seguire un percorso che dalla speranza di fare una vita
normale lo porta invece ad essere arrestato dall’ufficio immigrazione fino al
drammatica conclusione. Intensa la
sequenza dell’epilogo che mostra l’hangar dell’aeroporto di Kloten (Svizzera)
in cui vengono condotti gli immigrati in attesa di essere rimpatriati
forzatamente. Indossano una sorta di casco da boxe, hanno mani e piedi legati e
la testa coperta da una rete da apicoltore. La soggettiva, con lo sguardo
limitato dalla struttura del casco, si sofferma sul luogo delle “torture” che
accadono quotidianamente nella “civile” Svizzera. Un film coinvolgente,
emozionante che invita a letteralmente a “mettersi nei panni” della vittima. Il
corto è basato su una storia vera accaduta al nigeriano Ndukaku Chiakwa,
deceduto il 17 marzo2010 in svizzera durante il rimpatrio forzato.
El
trajecto (di Nadia Navarro, Spagna 2011)
Durante un viaggio Ana inizierà un lungo percorso. Un percorso che si rivelerà fondamentale per la scoperta di se stessa.
Certe
idee sono molto interessanti e potrebbero essere utilizzate per un altro lavoro
magari meglio strutturato (le "tre" ragazze, i binari, l'epilogo). Ma
non riescono purtroppo a salvare un'opera (posso dire?) banale.
Voto
3
Ritengo
che le metafore di questo corto (la metropolitana come viaggio nella mente di
Anna; la triplicazione della protagonista come personificazione dei suoi
sentimenti e delle sue sensazioni) prima della decisone finale come risposta al
bacio di Michael, siano troppo consumate ed evidenti, lasciando la sensazione
che la ragazza sia una persona superficiale. Niente da obiettare sulla storia,
ma credo che la regista avrebbe potuto girare una “normale” giornata di due
ragazzi e relativo rifiuto di lei alle avances di lui utilizzando altri criteri
e mostrando meglio preoccupazioni e problematiche di una ragazza di oggi alle
prese magari con discriminazioni e precariato (tanto per citare alcuni esempi).
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