L'incontro tra Hanna e Michael avviene in un “triste” giorno di pioggia di una Berlino del 1958. La incontra dopo essersi rifugiato nell'androne di un palazzo per non bagnarsi, ma soprattutto per una improvvisa indisposizione. Hanna Schmitz, rientrando dal lavoro, si accorge del vomito sul pavimento e di quel ragazzo emaciato; dopo aver pulito per terra lo invita ad entrare nella sua abitazione. Tra di loro inizia una storia di sesso e di "cultura". Le letture dei classici che Michael "offre" alla analfabeta Hanna in cambio del suo corpo sono il fil rouge di un rapporto che proseguirà (anche se in un modo tutto particolare) per almeno trenta anni. Il tema affrontato potrebbe aver frenato il desiderio di far implodere questa storia o di rendere comunque prorompente il punto di vista del giovane Michael (magari con un utilizzo frequente della semi-soggettiva). Infatti, ammesso che il regista abbia voluto rimanere all'interno di un personaggio dal forte senso di colpa (ma le cose non stanno proprio così), mostrandoci la ex agente delle SS attraverso lo sguardo e il desiderio del ragazzo, la scelta potrebbe essere causa e mezzo di grossi limiti strutturali. Non che questo comporti una inevitabile debolezza nel descrivere un mondo attraverso lo sguardo dell’ignavo che lascia scorrere il flusso del tempo in attesa della fine (anche Dante condannerebbe questo rifiuto di gettarsi nella mischia), ma in The Reader il timore di trattare un tema così delicato e di difficile valutazione si vede crescere sequenza dopo sequenza. Anche se l'olocausto viene affrontato marginalmente (solo per sentito dire o attraverso gli atti processuali) Michael pare imbarazzato nell'affrontare con decisione l'argomento. Questo timore finisce con il procurare nocumento anche al discorso. Mentre la prima parte del film (il rapporto fisico) potrebbe essere interessante (ma in tutta sincerità avrei preferito una storia rimestata nella sporcizia, ferma sul rapporto "particolare" della differenza di età, senza montaggio alternato ma privilegiando il piano sequenza nel rimarcare un passato crudele e angosciante che affiora sul corpo della donna fino ad inondare e coinvolgere gli odori e i sapori di una camera fine anni cinquanta), nella seconda e soprattutto nella terza parte Daldry rinuncia ad affondare il coltello nella piaga: il processo sembra una semplice discussione teorica di ricordi, colpe e cose che avremmo dovuto fare; l'epilogo sembra la ricerca di una soluzione più o meno equa per mollare la patata bollente (la ex guardia nazista e il suo appellarsi a una legge, la bambina ebrea adesso adulta che non mi ha convinto del tutto). Ho la sensazione che Daldry abbia voluto ritrarre il braccio ancor prima di scagliare la pietra. In altri termini la puzza del lager poteva crescere sequenza dopo sequenza sino a inghiottire ogni cosa, macchiando indelebilmente la purezza degli odori del loro amore e persino (ma non voglio esprimere opinioni politiche né ragionare su un olocausto che deve sempre essere presente nella nostra memoria) suggestionare tematiche sociali degli anni ottanta-novanta. Il rispetto di una legge assurda e fine a se stessa, tanto schematica quanto crudele, tanto inutile quanto dolorosa, avrebbe potuto attraversare il tempo trascinando gli errori/orrori dei padri nella disperazione per un quadro politico ormai cambiato, ma in cui imperversano altre leggi (con i soliti dogmatici disvalori) e altre sofferenze. Ma Daldry ha preferito introdurre il processo forse per equilibrare la prima fase o formare un triangolo semantico (sesso, colpa, morte) come monito ed emblema di un'epoca che non riesce neppure a mostrare i propri delitti. Ha preferito lasciar macerare il suo antieroe in un humus di ignavia e debolezza. Intento sacrosanto, nulla da eccepire, ma allora forse bastava rimanere dentro il rapporto trascinando gli eventi esterni dentro il loro comportamento, le loro paure (non saper leggere e non saper prendere decisioni), le loro vite perse. Il film si stempera in una delle tantissime storie dell'olocausto senza apportare nuove idee o senza affrontare tematiche attuali (ad esempio la sequenza del dialogo, tra Michael adulto e Rose, se intende rappresentare il mondo com'è e il dolore com'è oggi mi sembra eccessivamente riduttiva, se intende semplicemente mostrarci lo sdegno della vittima, mi sembra superflua), ma forse Daldry non ha voluto o potuto osare di più (eventuali implicazioni politiche?). Allora sarebbe stato preferibile lasciare "incancrenire" quel bellissimo rapporto nato e cresciuto in una Berlino anni cinquanta, lasciarlo rosolare nel pantano di una rinascita (quella del popolo tedesco) faticosa e dolorosa, soffermandosi di più su quanto la vergogna vera si nasconda dietro la facciata di una vergogna fittizia (ubbidire alla legge talvolta può essere peggio di non saper né leggere né scrivere). Avremmo assistito ad una bellissima storia di due anime dannate.
17 commenti:
mi trovi d'accordo.
@Iosif. Mi fa piacere. Di solito non riesco a scrivere post negativi (preferisco non scrivere niente), ma questo film aveva le carte in regola per essere, non dico un capolavoro, ma un'opera di altissima qualità. Purtroppo vi sono tante sequenze che non funzionano (almeno per me). Peccato.
Bè in effetti si nota un certo distacco dall'argomento che dovrebbe essere il principale. Daldry ha preferito soffermare lo sguardo su queste due figure individuali e su come la loro vita sia stata influenzata (direttamente per una e indirettamente per l'altro) da quell'obbrobrioso evento.
Nonostante molti ne abbiano parlato bene, nonostante la Winslet mi piaccia moltissimo, nonostante abbia amato il precedente film di Daldry "The hours", qualcosa mi ha detto che questo film non mi avrebbe convinto e così non sono riuscito ad andare a vederlo. Comunque, magari in home video, prima o poi forse lo recupererò (e tornerò a leggere il tuo post)...
Ciao
Chr.
Un film che non solo poteva, ma doveva essere qualcosa di più...
un'occasione mancata...
Un saluto :)
@Ale55andra. Certamente. Il film non mi è dispiaciuto (altrimenti non avrei scritto un post) ma sono rimasto deluso dalle potenzialità non sfruttate del film. Poteva essere una bomba.
@Christian. Sono curioso di leggere il post che scriverai su questo film.
Il maggior difetto del film è nelle sue premesse. Purtroppo probabilmente si voleva solo narrare la possibilità di una persona di innamorarsi di qualcuno che ha partecipato colpevolmente ad uno dei maggiori delitti della storia, mettendo così in scena il travaglio interiore che ne poteva derivare. Ho detto purtroppo perché è evidente come il tema e il suo contesto richiedano una profondità di discorso e espressione che non si può certo limitare ad una tale premessa, rimasta tra l'altro solo in parte esaudita. E' quasi un errore di prospettiva, come non ci si sia potuti rendere conto che proprio gli elementi che venivano solo accennati erano fondamentali? E' per questo fastidioso ritrovarsi al termine del film a chiedersi e a ragionare su una serie di spunti a cui il film non si apre. Rimane una generica insoddisfazione.
ciao
Concordo sul giudizio finale, ma non molto sulle argomentazioni. Per me la seconda parte è anche sviluppata meglio della prima: Daldry diventa nuovamente acuto del descrivere le sequenze con dettagli mentre nella prima tutto è troppo frettoloso. Passano due minuti e già sono a letto insieme, non vi è legame nè attenzione verso la pscilogia che li lega. La Winslet è brava nel delineare il personaggio di Hannah ma la sua interpretazione non mi ha fatto sussultare.Peccato, davvero.
MrDavis
@Chimy. Certamente. Purtroppo un'occasione mancata e fa quasi rabbia perché The Reader aveva le carte in regola per essere un film memorabile.
@Artax. Sono d'accordo. In effetti le premesse presupponevano un discorso totalmente diverso, nonché forse un po' più di coraggio (parlare della Shoah richiede secondo me molto coraggio ). Peccato perché il film in fondo non è poi così brutto, ma, come giustamente affermi, lascia insoddisfatti.
@MrDavis. Infatti la prima parte sarebbe stata interessante se si fosse prestato maggiore attenzione ai particolari e secondo me se la sceneggiatura avesse previsto una sua maggiore estensione. Ma questa è una mia opinione e riflette le mie aspettative (avrei lasciato macerare la storia dei due amanti nel loro 1958). Ovviamente il regista ha fatto le sue scelte, ma ritengo che la parte dedicata al processo (a questo punto dovrei rivedere il film perché mi sono sfuggiti particolari che tu giustamente mi hai fatto notare) mi è sembrata riduttiva, nel senso che una cosa così grande viene appena trattata e forse non sarebbe stato sufficiente un solo film per analizzare un evento di tale portata.
@Drewes. Sono io che devo scusarmi per il ritardo con cui ti rispondo, ma in questo periodo non riesco neppure ad aprire il mio blog. Appena possibile provvederò ad aggiungere l'indirizzo nella mia lista (e naturalemente passarò a leggere qualche tuo post). A presto.
sicuramente mi trovi d'accordo con quello che hai scritto...
@Riccardo. Non può che farmi piacere^^ A presto.
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