I tre livelli essenziali della città o meglio della sua rappresentazione scenica scandiscono la vita mondana e/o quotidiana della Ferrara di Borso d'Este, riflettono la sintesi prospettico-ideologica di un Rinascimento funzionale non utopico, ma, topico in quanto "[...] il tema funzionale e concreto predomina sull'astrazione, la topia prevale sull'utopia" (1). Questo aspetto della rappresentazione, oltre a restituire la memoria della vita quotidiana ferrarese del XV secolo, restituisce sinteticamente le immagini della vita cittadina, quasi come sequenze giustapposte sulle pareti del Salone dei Mesi. Questa sono divise in più zone ognuna delle quali è dedicata a un mese dell'anno ed è ripartita orizzontalmente in tre fasce che scandiscono le scene dipinte. In basso trovano posto immagini riferite alla realtà della vita di corte ai tempi di Borso D'Este; nella fascia centrale sono raffigurate le "astratte figure astronomiche", è questa la zona dedicata ai segni zodiacali; infine nella fascia alta del "mese" prendono posto le divinità pagane, gli Dei dell'Olimpo che osservano a distanza le ferventi attività umane. Purtroppo soltanto sette dei dodici campi (i mesi da Marzo a Settembre) sono più o meno leggibili, mentre gli altri sono irrimediabilmente rovinati. Non intendo analizzare nei particolari queste meravigliose opere dei vari pittori dell'Officina ferrarese (Cosmè Tura, Francesco del Cossa, Ercole de' Roberti nonché altri maestri di cui non conosciamo il nome), sia perché vi sono molti studi particolareggiati di esperti e studiosi sull'argomento tra i quali emerge il già citato lavoro(2) del compianto e illustre Prof. Ludovico Zorzi, sia perché il ciclo di Schifanoia mi interessa da un punto di vista che non attiene tanto alla Storia dello Spettacolo, quanto all'idea di suddividere il ciclo in mesi (tempo) e i mesi in tre ordini orizzontali (spazio). Il Salone dei Mesi è un’opera suddivisa in dodici quadri, dodici capitoli, oserei dire dodici macro-sequenze che concorrono a scandire il “passaggio” del tempo. Il Salone dei Mesi è una storia che scorre attraverso le stagioni della vita di corte e della vita cittadina, descrivendo l'operosità di artigiani, contadini, mercanti, come anche le attività ludiche. Ad esempio nel Mese di Aprile domina l'inserto del Palio di San Giorgio in cui gareggiavano aristocratici su destrieri, ragazzi su asini, corridori a piedi tra cui due donne, pertanto nobili contro plebei, purosangue contro asini o semplici umili appiedati. I personaggi si trovano in effetti contemporaneamente coinvolti nella corsa, sintesi (anche se si tratta probabilmente del palio derisorio in cui si umiliavano prostitute, ebrei, e plebe) dei quattro pali dedicati a San Giorgio (corsa di cavalli), San Paolo (corsa delle putte), San Romano (corsa dei putti), San Maurelio (corsa delle asine). Inoltre "la libertà della concezione spaziale consente all'esecutore un rovesciamento prospettico, secondo il quale le dimensioni dei cavalieri in corsa risultano inferiori a quelle dei cavalieri fermi in secondo piano" (3) in quanto le figure di Borso e della corte devono sovrastare, "con intento espressionistico, la fila sgranata dei concorrenti" (4). L'importanza del personaggio che assiste al palio, il Duca, è evidenziata attraverso la maggiore dimensione; l'interprete principale, il divo, non è la folla scomposta e disordinata dei partecipanti alla gara, bensì il pubblico regale capeggiato dal Duca, unico vero interprete (e committente) del testo che stiamo leggendo. La corsa del palio è il contorno oggettuale che non è l'origine dell'evento (così come non lo è la veduta di città in cui si svolge il palio stesso) ma la "catalisi", il riempitivo che viene utilizzato per sottolineare il gesto e la presenza del Duca Borso D'Este. Nella fascia inferiore della vita mondana il fulcro intorno a cui tutto ruota è il Duca, forza centripeta in quanto volontà creatrice e organizzatrice dell'evento. Ma la descrizione pittorica del Palio di San Giorgio non è soltanto un evento definito e luogo deputato incasellabile nella fascia della vita mondana, ma è anche una “casella”, appunto un inserto mostrato a distanza e delimitato da due quinte improvvisate (a destra un arco tronco, a sinistra l’arco di un portico). Si tratta pertanto di rappresentazione nella rappresentazione? Mi soffermo sul Mese di Aprile perché mi sembra il più interessante del ciclo. Nel secondo ordine dell’affresco tripartito troviamo i decani, ossia divinità egiziane legate ai segni zodiacali e ovviamente il toro, appunto la costellazione del mese di aprile. Nella parte alta è rappresentato il trionfo di Venere il cui carro, che scivola sulle acque del fiume, è trainato da due cigni. Sopra il carro, inginocchiato davanti a Venere, troviamo Marte appena sconfitto dalla dea dell’Amore. Sul prato vicino al fiume si muovono conigli e un gruppo di giovani dialogano, alcuni si abbracciano e iniziano ad amoreggiare. Come afferma Zorzi “[…] dal mondo sensibile della realtà, riprodotto in uno spazio fisico concreto, si sale, attraverso il cielo profondo della seconda sfera in cui si stagliano le astratte figure astronomiche, al mondo ultrasensibile della irrealtà olimpica, dove i corpi e i paesaggi acquistano una trasparenza metafisica” (5). Questo esempio del ciclo di Schifanoia mostra uno spazio-tempo concentrato in un’unica visione e in particolare mostra contemporaneamente la scena della realtà (quella voluta e desiderata dal potere del Duca) collegata alla sua rappresentazione più o meno “verosimile” (la scena teatrale del Palio di San Giorgio), la scena simbolica del tempo e del mistero che si staglia sopra le attività umane (i decani allo stesso tempo demoni e figure astratte dello zodiaco) e la scena ideale a cui tende o vorrebbe tendere lo spirito umano, ossia la vittoria dell’amore sulla guerra in un mondo già pacificato. Quindi laboriosità e sua rappresentazione, mistero e spiritualità. Il tutto montato in un’unica sequenza, contemporaneamente, che il cinema potrebbe definire come uno split-screen scorrevole in cui le immagini dei vari mondi, si allineano, si intersecano, si sviluppano e concorrono alla formazione non soltanto di una storia (l’ordine basso della Verosimiglianza) ma di un’aspirazione conformata, di una tendenza culturale che può attraversare un’epoca o almeno uno spaccato di mondo. Il mese osservato come unità, come opera intera, formata dalle parti, non appartiene soltanto all’ordine del Duca e al desiderio del Potere (controllo sul mondo, veggenza come desiderio di conoscenza, aspirazione all’ordine), ma anche alla capacità dello sguardo che riesce a sintetizzare in un’unica visione la parcellizzazione dei vari momenti topici. Pertanto il mese diventa un pre-cinema (mi si scusi la forzatura) che tenta di sviluppare contemporaneamente una storia e la sua rappresentazione (il pubblico, il palio), una tendenza ideale a qualcos’altro che diventa immaginario e irrealizzabile (una pace che trionfa secondo le regole) e infine il codice misterioso, quasi demoniaco, che probabilmente, nessuno (neppure il Duca) possiede. La conoscenza passa attraverso queste prove, anche attraverso uno split-screeen che non convoglia cronaca e racconto ma esprime la tendenza a manipolare questa cronaca attraverso la definizione di una volontà.
(1) Ludovico Zorzi, Ferrara: il sipario ducale in Il teatro e la città. Saggi sulla scena italiana, Einaudi, Torino 1977, p.7.
Leggo sul Dizionario Battaglia, UTET vol. XXI p. 27: Tòpia. Pergola. "Voce di area settentrionale e, in particolare, piemontese, ligure, lombarda ed emiliana, dal latino topĭa , neutro plurale 'giardini artificiali', che è dal greco τόπιου 'campo', derivato da τόπος (v. Topos)". Ritengo che Zorzi intenda il termine nel significato di luogo "comune" ma nel senso greco di campo, nel senso di luogo fisico reale.
(2) Ibidem.
(3) p. 11.
(4) Ibidem.
(1) Ludovico Zorzi, Ferrara: il sipario ducale in Il teatro e la città. Saggi sulla scena italiana, Einaudi, Torino 1977, p.7.
Leggo sul Dizionario Battaglia, UTET vol. XXI p. 27: Tòpia. Pergola. "Voce di area settentrionale e, in particolare, piemontese, ligure, lombarda ed emiliana, dal latino topĭa , neutro plurale 'giardini artificiali', che è dal greco τόπιου 'campo', derivato da τόπος (v. Topos)". Ritengo che Zorzi intenda il termine nel significato di luogo "comune" ma nel senso greco di campo, nel senso di luogo fisico reale.
(2) Ibidem.
(3) p. 11.
(4) Ibidem.
20 commenti:
Ciao ti auguro un buon fine anno e un buon 2009!!!! ;)
Il parallelo tra pittura e cinema è stato sempre, per me, un tema interessante ed essenziale. Che brav'uomo questo Luciano. Complimenti e buon proseguimento.
SOLO PER AUGURATE A TE ED AI TUOI LETTORI UN ANNO PIENO DI SODDISFAZIONI E PERCHE' NO...ANCHE DI BUON CINEMA.
NICKOFTIME
Auguri Cinéphile 2009 per un anno di fantastiche visioni. In sala, sul computer, sul televisore LCD, sullo smartphone 3G qualunque marca sia. Purché cinema sia. Rob.
i migliori auguri per un sontuoso 2009
Simone
i migliori auguri per un sontuoso 2009
Simone
@Cinematto. Auguri e Buon 2009!
@Dan. Ti ringrazio. Buon proseguimento anche a te!
@Nickoftime. Un Felice Anno Nuovo e anche per te pieno di soddisfazioni e di... cinema. Se hai un blog fammelo sapere! Auguri!
@Roberto. Giusto, qualsiasi medium va bene purché sia cinema! Auguri!
@Simone. Auguri e Felice 2009!
Felicissimo 2009, caro Luciano :)
Un abbraccio, a presto
@Pickpocket. Buon 2009!
Un caro saluto^^
Nell'augurarti un sereno e ricco 2009, volevo invitarti a votare i CINEMAeVIAGGI AWARDS: scegli tu i migliori film ed interpreti del 2008!
Buon 2009 Luciano!
Hai chiuso l'anno con un pezzo da paura!
auguri a te, luciano. ;)
Ciao e auguri di buon anno (in ritardo) anche da me! ^^
Ho visitato il palazzo un annetto fa e ricordo che i dipinti mi fecero molta impressione, con il loro miscuglio di scene mitologiche, simboliche e di vita reale...
@AmosGitai. Auguri e Buon Anno (appena possibile arrivo sul tuo blog^^)
@Roberto. Auguri e Buon Anno. Eh, sì, proprio da paura. (Scherzo). Ogni tanto mi diverto a scrivere anche qualche sciocchezzuola sulla pittura^^
@Dottor Benway. Auguri e Buon Anno^^
@Christian. Condivido le tue impressioni sul Salone dei Mesi. Anch'io sono rimasto molto impressionato da una tale visione. Auguri e Buon Anno!
Ehi Luciano, ti faccio i miei auguri, anche se in ritardo credo siano sempre bene accetti! davvero un'opera di notevole fattura e come hai giustamente detto, funzionale.
@Mash. Tanti auguri^^ Il Salone dei Mesi è un'opera assolutamente da vedere, una grande emozione.
@Betty. Thank you very much. You are very kind.
Passo per dirti che ho trasferito il mio blog all'indirizzo:
http://www.cinevistodame.com
Ti sarei davvero grato se aggiornassi il li link.
;)
Ancora auguri allora.
Rob.
scusami:
http:///www.cinemavistodame.com
;)
Rob.
@Roberto. Grazie per la segnalazione. Ho appena inserito il nuovo link.
A presto ;)
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