9 agosto 2008

Paranoid Park (Gus Van Sant, 2007)

Gli intriganti movimenti di macchina di Gus Van Sant non prendono il sopravvento sulla fotografia, sull’importanza della visione assunta dall’immagine. Spesso infatti panoramiche repentine e carrellate, ancorché ben curate e costruite per far risaltare “il mondo in movimento”, non trascurano la composizione fotografica, la sottolineatura dell’immagine, ma sono un mezzo di indagine da seguire all’interno degli eventi e delle icone. Benché il movimento non dipenda dalla dinamica dei corpi, ma da una congettura mentale per cui deve essere la mdp a fluire attraverso lo spazio filmico (mentre se sono i corpi a muoversi, anche velocemente, all’interno del quadro, la sensazione di una statica del movimento prende il sopravvento), Gus Van Sant riesce sempre a dimostrare che è possibile rispettare “l’esigenza” di un’accelerazione dinamica, il bisogno di “veder muovere gli oggetti” con il rispetto di una prospettiva pittorica che non venga stravolta dal tipico abbandono dell’immagine nel mosso, ma, pur nel suo stesso superamento, acquisti nuove forme di visione. Per far questo, Gus Van Sant (tra l’altro da giovane era un pittore figurativo), dimostra la capacità di salvaguardare sempre la pulizia dell’immagine. Le forme del profilmico, oggetti e attanti che si muovono nelle sequenze, assumono una valenza ulteriore definendo un mondo che si mostra sempre allo sguardo senza nascondersi, cercando un “improbabile punto di fuga”. Nonostante le immagini nitide in cui è possibile contare e rapportare gli oggetti ai personaggi, non sembra domini un punto di fuga precipuo ad esclusione delle scene equoree. Qui, nella pace del proprio mondo interiore, la pittura di Gus Van Sant si esalta nel ritrovamento di coordinate spazio-temporali che tranquillizzano e permettono ad Alex di descrivere il suo “sfogo” seduto su una panchina in riva al mare. La distanza tra il ricordo e la catarsi si esprime attraverso la scrittura come testimonianza ma anche come ricerca di una “liberazione” che non consoli, ma che riporti l’attimo alla superficie dell’esistente. Il gesto, quasi istintivo, di spingere l’addetto alla sicurezza ferroviaria, diventa il fulcro narrativo e il principio di costruzione e di funzionamento del film. Il treno che scorre sui binari (tra l’altro il cinema “è nato” con un treno) scivola su un percorso filmico, su una pellicola che scorre e che deve essere tagliata. Il taglio secco, improvviso, quasi come un istinto, arriva sempre ogni volta obbligandoci a scegliere una direzione e a farci cambiare l’esito anche contro le possibilità previste dallo script. Però ogni taglio, ogni giustapposizione, ogni sutura rievocano le parti mancanti, consolano solo in parte. Non è possibile (e questa è la dannazione del cinema) prendere tutto, seguire ogni linea; bisogna accontentarsi di quello che non abbiamo perso. Per questo rimango leggermente stupito da alcuni “tagli formali” come ad esempio il “taglio” del corpo del guardiano che viene mostrato nella rievocazione (il ricordo) e non nell’attimo in fieri della sua esclusione (l’accadimento). Mostrare un corpo tagliato da un punto di vista “distante” (un campo lungo dall’alto che giunge atteso dopo il passaggio sul fotogramma del treno-sipario, ovviamente sfocato dalla velocità), apparentemente, allo stato attuale della mia riflessione, sembra un tentativo di non abbandonare il rimosso, cucire un surplus che sottolinea le parole dell’investigatore. Ma il PdV di Alex scorge per fortuna solo la parte superiore del corpo, e in particolare il volto del guardiano che gli sta andando incontro poco prima di morire (allora il punto di vista del corpo spezzato è sguardo della memoria oppure onnisciente?). Il taglio della pellicola rimane sospeso nell’interno a tutto vantaggio di raccordi soft come ad esempio il più fluido piano sequenza tanto adorato da Gus Van Sant. La pellicola scorre inesorabilmente in linea retta avvolgendosi sulla bobina e quel tentativo di sutura forse avrebbe aderito meglio come sguardo disturbato da un altro fuori fuoco, un’altra vicinanza/distanza. A parte poche, piccole “effrazioni” la cifra essenziale e interessante di questo film è proprio lo sfocato (come la “sgranatura”): la mdp mostra Alex quasi sempre in primo piano evidenziando i “contorni” del suo mondo quasi sempre consumati o distanti. Pertanto la “lontananza”delle persone e degli oggetti si avvicina a pochi centimetri dallo sguardo di Alex: allontanarsi troppo significa svanire nell’indistinto e in un magma anamorfico, in un altrove alieno non percepito perché in contrasto con il ricordo e la ricostruzione plastica del rimorso. Pertanto la più grande lontananza diventa l’estrema vicinanza; niente gli è così estraneo e distante quanto Jennifer: i pochi centimetri che li separano diventano nella sua mente una distanza abissale. Se il film fosse stato il prodotto di un autore romantico la nostalgia avrebbe preso il sopravvento, perché l’idea della bellezza si coniuga sovente (nel romanticismo) alla nostalgia per qualcosa che si reputa perduto per sempre. E la perdita qui è abissale: dopo il padre e la madre (divisi e “distanti”, mai ripresi da vicino o ripresi quasi di sfuggita come vaghe icone di un passato che fu) la perdita si allarga alla scuola (gli amici, Jennifer), agli skater del Paranoid, fino al suo ultimo atto supremo: fare sesso con Jennifer allontanando la mente nello spazio/tempo del dolore. Il problema è tutto in questa divisione, in queste assenza di suture che funzionano più sul piano della significazione che sul piano del significante. Questi corpi spezzati (i genitori, Alex e la sua ragazza, l’addetto ferroviario) rientrano sempre in gioco nella fluidità (tra l’altro spettacolare) con cui Van Sant muove la macchina da presa, senza spezzarsi definitivamente sulla pellicola, mentre lo sguardo di Alex, esteriorizzatosi (noi spettatori assumiamo il punto di vista mentale di Alex che “si vede” immerso in un mondo distante e miope), non “riesce” a suturare i corpi. Insomma la grandezza di Van Sant è tutta nella riproduzione di questo mondo visto da un astigmatico, un mondo che non è nostro, che non ci appartiene, un mondo in cui gli eventi sono estranei e lontani. Lo sceneggiatura stessa che secondo Van Sant è una cartina stradale (1) diventa effetto e causa del film, scritta per organizzare le riprese, si trasforma dopo ogni ripresa per essere bruciata e/o rimanere inutilizzata (un altro corpus a se stante) dopo che il film è stato montato. Più che una bibbia uno sfogo, una mappa che serve a guardare “la cosa finita mentre ci stai lavorando” (2). Il momento topico dell’epilogo/incipit: la sala di montaggio ossia il mare lontano e irraggiungibile, quasi ignorato da Alex, eppure tanto desiderato, l’immagine di questo paesaggio, moviola che riconnette tutto l’essente: il ricordo, il rimorso, l’isolamento. Ma è un montaggio in fieri che adora il piano sequenza costruito durante la formazione del suo stesso procedimento. Il cinema non può mostrare ma solo suscitare il fuori che è in noi.

(1) Alberto Morsiani, Gus Van Sant, Editrice Il Castoro, Milano 2003, p.12.
(2) ibidem, p.11.

25 commenti:

Ale55andra ha detto...

Un film di un fortissimo impatto, sia emotivo che visivo. La scena in cui Alex si fa la doccia è forse quella che mi ha colpito di più?

Luciano ha detto...

Senza dubbio un bellissimo film anche se per me con qualche piccolo (ma piccolissimo) neo. Certo è che forse sono rimasto troppo abbagliato da Elephant ;)

La scena della doccia è molto interessante e piena di ottimi spunti di discussione

Alberto Di Felice ha detto...

Come sempre, lettura interessantissima ed ostica. A quest'ora dovrei star leggendo un blog di poesie su Splinder, e invece guarda tu dove mi vado a cacciare--

Anonimo ha detto...

come sei serio!!!!!!!!!! ciao:)

Luciano ha detto...

@Alberto. Sicuramente più interessante un blog di poesie ;) Ti ringrazio anzi per aver letto un post senz'altro ostico. A presto^^

@Bubblegun. Grazie per la visita. Sembro serio, ma in realtà mi diverto molto a scrivere (forse chi legge però non può dire altrettanto, mi rendo conto). Ciao.

Anonimo ha detto...

Per me uno dei migliori Van sant!!!Mi ha affascinato, turbato e ipnotizzato.

MrDavis

Luciano ha detto...

@Mr Davis. Senza dubbio un ottimo film, tra l'altro molto maturo e che denota ormai l'innata capacità di Gus Van Sant nell'utilizzo del piano sequenza. Un ottimo film anche se preferisco Gerry ed Elephant.

Alberto Di Felice ha detto...

Non diciamolo a nessuno, ma a me Gerry manca ancora. Non dirmi che devo recuperarlo perché lo so già--

Luciano ha detto...

@Alberto. In effetti mi pare di ricordare che in Italia non è mai uscito (invidio chi l'ha visto al cinema). Film con cui inizia la sua "Trilogia della morte" e/o della giovinezza. Il modo in cui usa la mdp per me (mi riferisco alla sua filmografia)forse superato solo da Elephant. Ma sono solo giudizi personali.

M.S. ha detto...

anche tu hai sottolineato un aspetto, a mio parere, centrale del film. la distanza - io direi assenza - degli adulti. è questa la causa del crimine? forse van sant vuole suggerire questo, ma lo ha fatto meglio nel simile, ma insuperato, ELEPHANT.

Luciano ha detto...

@Mario. Anche per me Elephant (posterò a breve una recensione) è forse tra i suoi migliori film, almeno più riuscito di Paranaiod Park. Comunque non saprei se la causa è da ricercare nell' "assenza" degli adulti. Certo è che questi sono film che "riguardano" i ragazzi ma non solo, riguardano il mondo visto da un'ottica diversa. Forse il dramma è che nessuno sa (neppure Van Sant) quale sia la causa del crimine.

Pickpocket83 ha detto...

Ancora un ottimo post, Luciano. Complimenti, non mi stanco di farteli perchè li meriti tutti :)

Anch'io condivido con te la valutazione su questo film. Un buono, buonissimo film ma qualcosa gli manca per essere all'altezza di "Gerry" (che ho visto da pochissimo e che considero la vetta del cinema di Van Sant) ed "Elephant", che vidi anni fa e mi colpì moltissimo. Probabilmente (come tra le righe dici nel post) a Van Sant in questo film è mancata quella "radicalità poetica" e di sguardo che aveva mostrato in quegli altri due film precedenti.

Un carissimo saluto, a presto

Roberto Junior Fusco ha detto...

Un film ben fatto e tutto quello che vuoi ma che non mi convinse così tanto. Soprattutto per la scena con il metronotte tagliato. Prima o poi lo rivedrò. I giudizi a volte cambiano...
Gerry invece ancora mi manca.
Elephant mi è piaciuto di più di Paranoid Park.

Luciano ha detto...

@Pickpocket. Infatti, un buon film ma non all'altezza di Gerry (anch'io l'ho visto da poco tempo) e del bellissimo Elephant (sto preparando un post su questo film). Mi fa piacere constatare che in questo caso siamo perfettamente d'accordo^^ Ti ringrazio per i tuoi complimenti sempre gentilissimi :)

Un caro saluto.

Luciano ha detto...

@Roberto. Il film mi è piaciuto e secondo me è un grande film, ma vi sono alcune sequenze (forse nel post non sono stato così categorico)che mi hanno lasciato un po' perplesso. Anche per me Elephant è migliore, per non parlare di Gerry. Suppongo che, salve le dovute differenze, i nostri punti di vista siano molto "vicini".

monia ha detto...

mi piace la tua lettura del film, ma per quanto mi riguarda questo film non mi ha convinto del tutto. non nego la bellezza dei piani, la ricerca estetica sull' immagine e la particolarità dei movimenti di macchina ma d' altra parte ci sono sequenze come quella del metronotte (come ha scritto roberto) che mi sembrano del tutto inutili, insieme ad un gran numero di clichè di sicuro effetto ma del tutto abusati come la funzione "purificatrice" della doccia, la solitudine davanti al mare...

Luciano ha detto...

@Monia. In effetti, come ho risposto a Roberto, anche a me alcune sequenze mi hanno lasciato un po' perplesso (nel post ho cercato di evidenziarlo, ma probabilmente non con sufficiente energia). Comunque in complesso il film mi è piaciuto. Per quanto riguarda l'acqua le tue osservazioni sono molto interessanti. L'acqua è elemento fondamentale per la vita, noi siamo fatti soprattutto d'acqua e mi sembra abbastanza naturale che nel film ci sia dell'acqua. L'acqua della doccia in particolare mi è sembrata più un'acqua che batte, che colpisce la carne e meno un'acqua che accarezza la pelle. Il mare... l'ho visto come un luogo vicino ma allo stesso tempo lontano, bellissimo ma senza connotazioni romantiche: un mare a portata di mano ma irraggiungibile. Il mare può anche essere un luogo pericoloso. Intendo rivedermi il film riflettendo sulla possibilità che le imamgini con acqua possano essere dei cliché ;)

Roberto Junior Fusco ha detto...

Tutto sommato non è male, doveva solo risparmiarsi certe trovate.
Però, ripeto, devo ancora rivederlo. Credo comunque che sia piaciuto più a te che a me. Chi sa se anche per questa mezza delusione è responsabile "la fama" che il film si è portato dietro ancor prima dell'uscita?

Luciano ha detto...

@Roberto. Può darsi. Inoltre dopo Elephant ripetersi girando un film sul "disagio" giovanile non era semplice. Nel cinema è difficile che tutto funzioni alla perfezione. Le condizioni e le occasioni avute per girare Elephant ad esempio sono state (secondo me) del tutto particolari, senza togliere nulla ovviamente al genio di Van Sant. Paranoid Park poteva essere in partenza un film più ambizioso, i presupposti c'erano tutti, ma "qualcosa" ha (leggermente) appannato la bellezza del film.

monia ha detto...

scusa se intervengo ancora, ma non intendevo l' acqua come metafora della vita (anche se potrebbe essere) ma piuttosto l' uso di immagini che in qualche modo strizzano l' occhio al pubblico, di espedienti che riescano a coinvolgere lo spettatore con facilità (ad esempio anche la colonna sonora ricca di motivi conosciuti). insomma mi ha dato l' idea che sul piano formale e parzialmente a livello di contenuti van sant abbia fatto il suo lavoro di regista ma dall' altra abbia indossato i panni del "venditore".

Luciano ha detto...

@Monia. Ora non voglo difendere questo film a spada tratta perché anch'io ho trovato alcuni "difetti" e piccoli "peccati" che non avrei voluto vedere, anche se non danneggiano del tutto il film. In altri termini Paranoid Park non è un capolavoro e neppure un grandissimo film, comunque lo reputo di buona qualità. Ecco, forse le mie "critiche" in parte non sono del tutto coincidenti con le tue(ma alcune sono in sintonia come ad esempio la scena del guardiano tagliato in due), però non saprei dirti se Van Sant abbia deliberatamente utilizzato musiche o immagini preconfezionate per strizzare l'occhio al grande pubblico. Potrebbe essere plausibile, ma, almeno per quanto riguarda la musica, anche altri grandi registi (vedi ad esempio Wenders o addirittura Kubrick) hanno utilizzato motivi a volte anche "popolari". Più che il genere di musica utilizzata è forse il modo in cui viene "montata" a dare sensazioni fastidiose (luoghi comuni, cliché, ecc.). E non mi sembra che in Paranoid Park la musica sia stata "usata" per generare "consenso". Ma anche questa è un'osservazione da prendere in considerazione. Dovrò rivedere il film. I tuoi interventi sono sempre graditissimi^^

Anonimo ha detto...

Io Gerry forse non l ho capito ma non mi è arrivato. Elephant invece film straordinario.

MrDavis

Luciano ha detto...

@MrDavis. D'accordo con te su Elephant, mentre Paranoid Park (senza dubbio un film non all'altezza di Elephant)regge abbastanza bene nonostante alcuni "difetti". Secondo me Van Sant tenta di inserire alcune innovazioni nel suo stile ma senza riuscirci.

Anonimo ha detto...

Eppure questo è uno dei pochi film di Van Sant in cui i genitori si vedono anche se sono sacrificati sulla scena da fuoricampo e immagini sfocate. Se altrove sembrava prevalere solo una distanza fisica, qua è anche e soprattutto relazionale. Questo poi è il filo conduttore di tutte le sottotrame del film. Comunque un lavoro che non inserirei assolutamente sulla scia della trilogia della morte: PARANOID PARK ha un'incredibile apertura alla vita e fiducia nel suo protagonista.

Luciano, commento solo qui, ma ho letto tutto ciò che hai scritto su Van Sant e l'ho trovato splendido. Come sai è il mio regista preferito, quindi ti ringrazio per averne parlato! ^^

Luciano ha detto...

@Iggy. Sì, infatti per me il film è un buon film e forse i miei appunti (ma non incidono più di tanto sul mio positivo giudizio) risentono del fatto di aver visto anche Elephant (un lavoro stupefacente). Comunque dovrei rivedere il film, perché certe mie perplessità dovrebbero essere chiarite. Ti ringrazio Iggy. Sei sempre motlo gentile. A presto^^