26 ottobre 2007

Vasarely e il movimento immobile.



Quando guardo un film guardo un’immagine. Intendo dire che guardo l’immagine nella sua durata, la singola immagine decontestualizzata, finché non si collega ad un’altra immagine che segue, formando il sintagma. Guardo l’immagine prima del montaggio, per questo preferisco la durata, soprattutto quando la scena è ripresa dalla macchina da presa immobile o al limite da movimenti di macchina lievi e morbidi nel loro scorrere: insomma il piano-sequenza. Naturalmente ritengo che il montaggio rappresenti lo scheletro del film e quindi senza di esso nessun film potrebbe “stare in piedi”; non a caso uno dei miei film preferiti è La corazzata Potëmkin di Ejzenstein, ove regna “il montaggio delle attrazioni” (immagini extradiegetiche estranee al testo filmico rappresentato). Ma per il momento mi interessa solo affermare che l’immagine statica non è statica, che la velocità del film (di solito si dice: "questo film è lento") è solo un inganno visivo, dovuto al montaggio dosato e sapiente di immagini e piani. Ma l’immagine statica, oltre a mostrare un mondo, a contenere innumerevoli informazioni, a mostrarsi come trama di colore e forma (a me piace ad esempio il colore che cola lungo l’immagine) possiede i suoi movimenti interni, offre una sua velocità. Naturalmente l’occhio si adegua e la mente vuol procedere oltre, perché vogliamo una storia. Ma rimaniamo per un attimo dentro l’immagine. La sua dinamicità, l’illusione del movimento, si afferma in pittura soprattutto con l’Op Art (Optical Art), tanto simile nel nome alla Pop Art, ma tanto distante nell’estetica. Uno dei suoi maggiori esponenti è Victor Vasarely. Al contrario della Pop Art, la Op Art è una concezione figurativa che possiede una tradizione, come derivazione e sviluppo dell’opera di artisti quali Seurat (puntinismo) e Delaunay (orfismo). Comunque, a parte la storia dell’arte, a me interessa porre in evidenza l’opera più matura di Vasarely, quella degli anni sessanta, quando, nel portare avanti le sue ricerche plastiche, recuperò da suoi precedenti lavori il tema delle spazialità instabili create attraverso paradossi ottici. In particolare le forme figurate di griglie a scacchiera deformate nella prospettiva portarono Vasarely a creare un disegno che il pittore chiamò Vega (una delle stelle più luminose). Dall’ingrandimento e dal rimpicciolimento del quadrato di sfondo Vasarely ricavò forme a curvatura concava o convessa. Nacque negli anni sessanta la serie dei Vega. Vasarely ci dice che queste forme “[…] hanno un che di mostruoso, inquietante. Si distinguono nettamente da altre [...] opere e posseggono, perlomeno esteriormente, una dimensione barocca che li avvicina alla Pop Art”. Osservando un Vega si nota la bolla centrale che è come sbocciata dal piano di base delle forme geometriche, come una ciste che sta per scoppiare o un’ondulazione sferica che passerà oltre. L’immagine presenta un dinamismo notevole; fissandola a lungo l’occhio tende a catturare il mondo delle assonometrie, lasciandosi trasportare all’interno. La dinamicità è tutta nell’inganno ottico delle forme geometriche che danno l’illusione della terza dimensione. Quel “pizzico di mostruoso” di queste forme mi porta a riflettere. L’immagine mostruosa è quella che ti cattura l’occhio, ti attrae a sé come il canto di una sirena o lo sguardo magnetico di un vampiro pronto a succhiarti il sangue. Queste immagini “succhia-sangue” fermano per un attimo il tuo sguardo, immobilizzano la mente, affermando la loro mostruosa bellezza: il Sublime. Per Schopenhauer il Bello scaturisce dalla semplice osservazione di un oggetto piacevole, ma il Sublime è il piacere che si prova osservando la potenza o l’immensità di un oggetto che potrebbe anche annientare l’osservatore (1). Com’è sublime l’eruzione del vulcano di Stromboli davanti agli occhi della Bergman, così è sublime il cielo sopra la discarica dove Totò e Davoli sono stati gettati a terminare la loro esistenza, ed è sublime l’orrore che scaturisce dal movimento interno dell’immagine, perché qui il tempo ha preso il sopravvento. E’ un sentimento del tempo e non dell’azione, che invade l’animo, infonde la sensazione della precarietà, del flusso continuo che ci trascina via dalla vita come dalla bobina che scorre implacabile. Così mi trovo a vagare per film, cercando movimenti di colori, occhi che ti fissano per scavarti dentro, flussi di punti di vista che si affacciano al nulla, percezioni di forme e profilmici sconfinati, o pezzi decontestualizzati di realtà “altre” (mobili, oggetti, stoffe, armi, e altro ciarpame) arrivati da botteghe di antiquari per “riempire” le scene dei film in costume. La dinamicità dell’immagine statica è tutta nell’immagine. Nel cinema è il movimento interno o sono certi equilibri di colori e/o forme. Nella Op Art, movimento artistico ai confini tra l’arte e la matematica, è il dinamismo delle figure geometriche. Oppure sono le false percezioni di un Akiyoshi Kitaoka, epigono della Op Art, immagini statiche (non sono animazioni) che mostrano, ingannando l’occhio di chi guarda, i propri stupendi falsi movimenti.

(1) Il Mondo come Volontà e Rappresentazione.


Foto sotto: "Serpenti rotanti" di Kitaoka.

15 commenti:

Deneil ha detto...

interessante post!mi è piaciuta l'immagine del colore che cola sull'immagine..viva le ripetizioni!

Luciano ha detto...

E' difficile da esprimere. Certe scene mi piacciono perché "vedo" il cromatismo dei colori, è come una sorta di percezione allucinatoria di luci o zone o piani colorati. L'oggetto che "ospita" il colore tende a svaporare o a mimetizzarsi sullo sfondo... Non so... Difficile da esprimere. Pardon. Ciao Deneil e grazie.

chimy ha detto...

Sono sempre rimasto molto affascinato dalle "illusioni ottiche"...proprio perchè sono molto interessato alla molteplici capacità dell'occhio umano nel guardare immagini (categoria di cui fanno parte, e ci manchrebbe altro, i film).
Complimenti x la bella riflessione. I tuoi post su questi argomenti (vedi Velazquez) mi piacciono sempre moltissimo.
Saluti

Luciano ha detto...

Grazie Chimy per le tue belle parole. Come dice Gombrich, ripreso da Aumont nel suo ultimo lavoro "L'immagine", la funzione primaria dell'imamgine è quella di assicurare, consolidare, precisare il nostro rapporto con il mondo visivo. L'immagine svolge un ruolo di scoperta del visivo. E a me piace guardare nelle pieghe dell'immagine, magari correndo il rischio di provare emozioni anche non condivisibili. A presto.

FiliÞþØ ha detto...

pienamente d'accordo con quello che ha detto chimy...nell'arte (visiva) mi hanno sempre affascinato le personalità capaci di prendere per mano lo spettatore, accompagnarlo per breve tratto per poi lasciarlo libero di proseguire da solo, scegliendo quale strada prendere.
Non per niente adoro David Lynch.
Non so perchè, ma mi è venuto in mente un particolare di fuoco cammina con me.
Il quadro che laura appende in camera, raffigurante una porta.
L'ho sempre trovato particolarmente inquietante, ma non per ciò che raffigura, ma per ciò che penso possa raffigurare...

Luciano ha detto...

Poi l'immagine della porta è un aspetto fondamentale della cultura umana in senso lato. Una porta è fatta per essere aperta, è un varco "vietato" sull'ignoto, ma a volte può essere un portale ingannevole, aperto sul nulla, una falsa pista da evitare. E se qulcuno ci dice di non aprire quella porta, cosa pensi che faremo immediatamente? Il concetto di "porta" è in quasi tutti i film (soprattutto del terrore e fantasy), perché induce lo sguardo a sopperire con l'immaginazione facendo aumentare la curiosità, e nel thriller, ad aumentare la tensione. Grazie Filippo. A presto.

domenico ha detto...

innanzi tutto citi schopenhauer e questo non fa altro che incrementare la mia stima nei tuoi confronti
dopodichè
sul discorso della "lentezza", hai visto in the mood for love di wong-kar wai? fa un uso del rilento secondo me molto interessante
grazie per le riflessioni, e per l'allucinazione rotante!

Anonimo ha detto...

Gran post.
Non c'è niente di meglio delle illusioni ottiche per rendersi conto di quanto l'occhio sia stupido e meraviglioso nello stesso istante.
Il movimento nella staticità di Kitaoka è la perfetta cotrapposizione alla staticità nel movimento cinematografico. I 24 fotogrammi al secondo ci danno la sensazione di assistere ad un movimento simile a quello "reale", ma in fondo non è null'altro che una serie di immagini fisse, che raggiungono il movimento mediate da quel magnifico strumento quale è il cinematografo. Nelle immagini di Kitaoka non ci sono strumenti a mediare l'illusione. E' solo il nostro occhio ad "ingannarci". L'occhio è l'organo sensoriale padrone dell'uomo, ma da cui l'uomo stesso dovrebbe maggiormente "guardarsi".
Dopo questa considerazione forse criptica e personale ribadisco anche io come questi tuoi post di riflessioni fori/dentro il cinema siano davvero piacevoli.
Para

Luciano ha detto...

@Honeyboy. Acuta osservazione. "In the Mood for Love" è, come direbbe Godard, tutto l'amore che c'è quando non si fa l'amore. Il film infatti è molto "godardiano" è uno sguardo che attraversa l'atmosfera amorosa, la pausa e l'attesa. Grande film. Ottimo questo modo di fare cinema che mi hai fatto riaffiorare alla mente. Grazie Honeyboy. Devo subito rivederlo. A presto.

@Para. La tua considerazione non è criptica e personale, ma sintetizza con chiarezza ed efficacia quello che ho provato a dire nel post su Vasarely. Grazie. A presto.

domenico ha detto...

(io è da un mese che riascolto incessantemente la colonna sonora... la ricordi? veramente stupenda
DEVO rivederlo al più presto)

Luciano ha detto...

Possiedi il CD della colonna sonora? Mi ricordo in particolare lo "Yumeji's Theme". Stupendo. Bellissimo anche "Angkor Wat Theme Finale" di Galasso. Ma non sono esperto di questa musica (nel senso che non ho approfondito il discorso sulla colonna sonora di questo film). Comunque una musica che suscita emozioni. Grazie per il ricordo. A presto.

Diego Altobelli ha detto...

Bellissimo post. La percezione del movimento e' il primo inganno (magia) del cinema. Poi viene il tempo, giusto? disorso da approfondire... :) a presto!

Luciano ha detto...

Sono d'accordo. Comunque, sì, ci sarebbe tanto da approfondire... Grazie Diego. A presto.

Anonimo ha detto...

anch'io adoro queste illusioni ottiche, ne ho pubblicate parecchie sul blog, anche se non ricordo sotto che tag le ho messe :P

Luciano ha detto...

Benissimo! Allora mi impegno a venire sul tuo blog per cercarle, perché questi sono argomenti che mi affascinano molto. Grazie Simone e a presto. ^^