Un’ ipotetica definizione di “genere” trova, nel cinema contemporaneo, un terreno pieno di lacune, per quanto la battaglia dei tre regni ne evidenzia uno ben preciso, quale potrebbe essere quello del kolossal epico, anch’esso si sottomette a delle logiche temporali che fanno della definizione di genere una forma di tendenza ad un certo modo di fare cinema, o meglio delle forme di soggettività (dove per soggettività non s’intende il regista, o la produzione ma il film ( soggetto) stesso) e non un marchio di coerente identificazione. Perché se è vero che il genere individua un determinato prodotto indirizzato ad un pubblico che identifica l’oggetto della sua visione come qualcosa che, in un certo senso, se ne conosce il sapore in anticipo. E’ anche vero che l’etichettatura di genere limita e in un certo senso condiziona la visione, come ad esempio dire che Matrix è un film di fantascienza misto a trhiller e azione, si sta parlando di indicazioni che hanno un riscontro solo sul piano generico del oggetto film, se dicessi che è un film filosofico nessuno potrebbe darmi torto eppure non basta ad identificarlo. Il discorso sul genere è stato affrontato ( e continua ad esserlo) per lungo tempo sul piano teorico e risulterebbe molto complicato e dispendioso poterlo affrontare in questo breve spazio.(1) Mi muovo su queste linee per parlare di film indipendentemente dal loro regista dalla loro natura produttiva e tematica, ma attraverso la loro produzione di senso.
Di sicuro ciò che accade anche in questo film, non si sottrae alla classica rappresentazione di genere epico: eserciti in tutta la loro magnificenza, scenografie imponenti, eroi disposti a sacrificare qualsiasi cosa pur di preservare la loro integrità e quella del loro paese. Eppure il percorso intrapreso dal testo stona con il genere stesso al quale lo si vorrebbe attribuire, infatti non mancano nel film elementi di tipo western e melodrammatico, anche se quest’ultimo non particolarmente approfondito. Sembra che la volontà dell’eroe sia spesso condizionata sul proprio agire. Sul piano sintattico “il soggetto”, rappresentato dai regni del sud ribelli e “l’anti-soggetto” rappresentato dal regno del nord vivono una costante “dissonanza” nel loro personale modus operandi. Seppur entrambi dispongano di abilissimi strateghi quest’ultimi agiscono secondo delle volontà condizionate dall’ambiente pendendo più su un lato sensibile/istintivo. In realtà sembra che in un primo momento lo scontro non avvenga tra i regni del sud e quelli del nord ma, su un piano del tutto figurativo, ci sia uno scontro tra i regni e l’ambiente circostante, e solo grazie alla “conquista” di quest’ultimo, che può veramente esserci lo scontro, che sul piano narrativo, coinvolge i regni del sud con quelli del nord. A elementi di geometria militare strategica si contrappongo i quattro elementi della natura (acqua, fuoco, aria, terra) che attuano un vero e proprio scontro con le parti in causa, ma alla voracità di agire prevale la ritualità della guerra. I soggetti dunque agiscono in relazione a dei “movimenti di mondo”(2) e da questi sono condizionati, come la direzione del soffio del vento o la difficoltà che hanno i regni del nord ad integrarsi al clima del sud. La natura non potendo essere contrastata la si sfrutta, ma non può mai esserci un dominio totale su di essa, infatti genera una costante oscillazione sulla conclusione della battaglia. Data l’impossibilità di controllo non resta che affidarsi all’ambiente; Ad una colomba viene affidato un compito dal quale dipenderà parte della riuscita dell’impresa. La musica e l’armonia diventano elementi essenziali per l’andamento ritmico visivo, tant’è che un intero dialogo viene sostituito da un fraseggio armonico-musicale sostenuto dai protagonisti, sempre a favore di una armoniosa ritualità d’intenti. C’è un assunto di base implicito che si muove di scena in scena: il conflitto è componente integrante della vita umana, si trova dentro di noi e intorno a noi. Anche il dialogo musicale, che ho citato prima, ha una costruzione visiva che richiama più ad una sfida che ad una conversazione. La conoscenza di sé comprende la consapevolezza di quali siano le nostre forze quando sono al massimo, ma prende forma da qualcosa di più intimo, ovvero dalla conoscenza della nostra mente. L’apertura della mente diventa attività principale come mezzo di introspezione. Nel mondo in cui viviamo è impossibile evitare le aggressioni, di qualsiasi natura esse siano, dobbiamo conoscere l’altro perchè si possa attirare la sua attenzione. È quindi diventa necessario imparare a gestire il conflitto direttamente nell’ambiente circostante, senza ignorarlo o far finta che esso non esista. Per quanto profonda possa essere la saggezza individuale, essa non inciderà sul mondo reale. L’idea di conquistare non coincide con l’idea di distruzione, bensì l’intento di un dominio volto a preservare l’integrità del nemico(3). La distruzione pur essendo presente non ha mai il fine ultimo della devastazione totale, che spesso porta a colpire lo stesso conquistatore. La vera vittoria è la vittoria sull’aggressione, una vittoria che rispetti l’umanità del nemico rendendo così inutile un ulteriore conflitto.
(1)Altman R. Film/genere Vita e Pensiero edizioni, 2004
(2)Deleuze G. L'immagine-movimento, Ubulibri, 1984
(3)Sun Tzu, L'arte della guerra
2 commenti:
Molto interessante. Sembra un film che deve essere assolutamente visto e comunque la tua recensione tocca aspetti che mi incuriosiscono.
Il film mi è piciuto proprio perchè è rimasto pacato, non ha ecceduto in pomposa enfasi di genere. probabilmente non è un grande film, ma è comunque ben fatto.
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