
20 aprile 2009
The Reader (Stephen Daldry, 2008)

11 aprile 2009
Ponyo sulla scogliera (Hayao Miyazaki, 2008)


(1) Su Hiroshige è uscito nel mese di aprile 2009 un dossier della Giunti (n. 254). Una mostra su questo pittore è attualmente in corso (17 marzo-7 giugno 2009) al Museo fondazione Roma: "Hiroshige. Il maestro della natura". L'immagine a destra è un'opera di Hiroshige.
3 aprile 2009
Gran Torino (Clint Eastwood, 2008)

Gran Torino è la flebile voce dell’anima che corrode la scorza dura delle convinzioni in quanto l’osservazione dei segni oppure dei rituali alieni è coordinata con la scoperta di un’altra America e dei suoi nuovi indigeni che comporta il coraggio di riuscire a smarrire il proprio spazio centralizzato. Eastwood ce ne dà un esempio sintetico e allo stesso tempo analitico nella sequenza dell’incontro con i parenti e gli amici di Sue. In pochi metri, superando la distanza che lo porta dalla sua abitazione a quella della famiglia Hmong, percorre uno spazio-tempo infinito, entra in una geografia diversa e in una cultura lontanissima dalla sua. Commette degli errori ma l’errore è il giusto prezzo da pagare per conoscere. Toccare il capo ai bambini e guardare gli Hmong negli occhi significa spostare un significato certo e compiuto (fare complimenti ai bimbi e mostrare la propria sincerità e desiderio incrociando lo sguardo degli altri) in un altro contesto in cui le certezze vacillano, il significato si trasforma. In questi gesti nuovi (“Mai toccare una persona Hmong sulla testa. Neppure un bambino. La gente Hmong crede che la sede dell’anima sia nella testa … E molti Hmong considerano molto maleducato guardare qualcuno negli occhi. Ecco perché guardano altrove quando li guardi”) si comprende benissimo come il senso non coincida con il significato (denotazione o coagulazione di valori) ma con un trans-significato (connotazione o liquefazione), ossia con una continua, interminabile trasformazione dei punti di riferimento che siano essi valori, rituali, convinzioni, ecc.
Gran Torino è come un saluto ap-parentemente scontato (se letto come cronaca il film potrebbe non piacere) ma tras-parentemente obliquo (se letto come produttore di senso il film potrebbe anche fare impazzire). Ammetto che l’epilogo del film è emozionante, sconvolgente. L’epilogo trascina l’anima nel baratro della disperazione per riportarla in un attimo nella forza della speranza. Da questa differenza di potenziale, lo spettatore, almeno per quanto mi riguarda, ne esce scosso oppure indifferente. Questa affermazione può sembrare la scoperta dell’acqua calda (una cosa o piace o non piace) e probabilmente in fondo sto cercando proprio di definire quale sia la temperatura oltre la quale la pelle passa da una sensazione di benessere a un’altra di dolore lancinante: un centesimo di grado prima è un gradevole sollazzo e un centesimo dopo un dolore insopportabile. La differenza sta nel percorso di Walt, nel suo passaggio dal gesto minaccioso e sicuro (la mano che mima una pistola che sputa fuoco) all’oggetto estratto in quanto oggetto adatto a svolgere la sua funzione (accendino per “infiammare” una sigaretta) ma anche oggetto-simbolo (accendino del 1951, della giovinezza e dell’eroismo della guerra in Corea) di un mondo che si completa adesso, nel presente, nel momento in cui “inganno” l’altro facendogli vedere il male (un revolver) che non ho ma che l’altro ha già creato nella sua mente. Pertanto un epilogo del genere può sembrare anche un ammiccamento al pubblico sensibile a certi cliché, ma secondo me è invece una sorta di ricerca propedeutica alla raggiunta consapevolezza che un mondo si è appena dissolto davanti ai nostri occhi, che un vecchio è riuscito finalmente, e per sua fortuna, a dare un senso alla sua vita, prima piena di significati (onore, tradizione, America, razzismo) divenuta adesso un’apertura infinita sulle variabili del mondo. E questo accade davanti ai nostri occhi o perlomeno Eastwood è riuscito a infondere la precarietà di questo gesto, già impresso sulla pellicola e sicuramente previsto e riportato sulla sceneggiatura, nell’attimo stesso in cui lo vediamo. C’è in questa sequenza un’amplificazione immane della capacità del cinema di sembrare continuamente un percorso in costruzione, ossia di dare l’idea che le cose accadano nel momento in cui le vediamo.
Gran Torino è una porta aperta sulla disgregazione delle certezze e sulla celebrazione di un arricchimento dovuto al confronto continuo e critico con l’altro, è la scoperta di un nuovo tipo di coraggio che non coincide con il coraggio del guerriero (Corea) ma con quello del vecchio stanco e debole che trova la forza di farsi aiutare da un giovane Hmong. Così come ci mostra una nitida enucleazione di significati (ghetto, crisi, immigrati, malavita, i ragazzi non sono quelli di una volta), il film tende anche a indebolire questi stessi significati cercando di farci notare una loro continua rarefazione, un’evanescenza che rende insicuri ma che aiuta a “vedere” oltre l’orizzonte limitato dei luoghi comuni (il ghetto siamo noi, la crisi c’è per tutti, la malavita colpisce prima quelli che credi nemici, gli immigrati possono essere tuoi amici, i ragazzi sono il ragazzo che eri). In altri termini le varie sequenze non tendono a spingerci verso una catarsi tanto appagante quanto sterile, ma verso un continuo arrovellamento mentale per cui la sensazione liberatoria non può e non deve essere sufficiente per definire le sequenze, i punti di vista, le inquadrature, perché le nostre aspettative, anche se forse risolte nell’epilogo, vengono nuovamente messe in discussione nell’ultima sequenza che è un’apertura sul mondo, una ridefinizione, partendo da nuovi presupposti, di un altro modo di proporre storie e forse uno sguardo su quello che potrà domani diventare il cinema.
(1) Sinclair (nato a Flint, Michigan nel 1941) poeta beatnik e pacifista, amante della musica jazz è stato manager del gruppo MC5, nonché responsabile di una casa editrice underground e fondatore del partito delle Pantere Bianche. Nel 1969 venne arrestato dalla polizia per detenzione di marijuana e fu liberato soltanto grazie alla lotta di un movimento popolare che culminò in un concerto organizzato da John Lennon che aveva scritto per lui la canzone “Sinclair”. Dal 2004 vive ad Amsterdam dove si esibisce con la sua band e gestisce programmi radiofonici.
(2) La funzione illocutoria in pragmatica è definibile come il tipo di azione che compiamo nell'emettere un particolare enunciato: domanda, richiesta, ordine ecc. Cfr. John L. Austin, Come fare cose con le parole, Marietti, Torino 1987.
Acqua in bocca
Riprendo pari pari dal blog del carissimo Conte Nebbia e volentieri riporto:
"H2O ACQUA IN BOCCA: VI ABBIAMO VENDUTO L'ACQUA di Rosaria Ruffini
Mentre nel paese imperversano discussioni sull' eutanasia, grembiulino a scuola, guinzaglio al cane e sul flagello dei graffiti, il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica. Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti, che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico ma una merce, e quindi sarà gestita da multinazionali (le stesse che possiedono l'acqua minerale). Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300%. Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes e carabinieri per staccare i contatori. La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri. L'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita. L'acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene per trarne illecito profitto. L'acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre. Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo. Acqua in bocca. FATE GIRARE : METTETENE A CONOSCENZA PIU' GENTE CHE POTETE."
Mentre nel paese imperversano discussioni sull' eutanasia, grembiulino a scuola, guinzaglio al cane e sul flagello dei graffiti, il governo Berlusconi senza dire niente a nessuno ha dato il via alla privatizzazione dell'acqua pubblica. Il Parlamento ha votato l'articolo 23bis del decreto legge 112 del ministro Tremonti, che afferma che la gestione dei servizi idrici deve essere sottomessa alle regole dell'economia capitalistica. Così il governo Berlusconi ha sancito che in Italia l'acqua non sarà più un bene pubblico ma una merce, e quindi sarà gestita da multinazionali (le stesse che possiedono l'acqua minerale). Già a Latina la Veolia (multinazionale che gestisce l'acqua locale) ha deciso di aumentare le bollette del 300%. Ai consumatori che protestano, Veolia manda le sue squadre di vigilantes e carabinieri per staccare i contatori. La privatizzazione dell'acqua che sta avvenendo a livello mondiale provocherà, nei prossimi anni, milioni di morti per sete nei paesi più poveri. L'uomo è fatto per il 65% di acqua, ed è questo che il governo italiano sta mettendo in vendita. L'acqua che sgorga dalla terra non è una merce, è un diritto fondamentale umano e nessuno può appropriarsene per trarne illecito profitto. L'acqua è l'oro bianco per cui si combatteranno le prossime guerre. Guerre che saranno dirette dalle multinazionali alle quali oggi il governo, preoccupato per i grembiulini, sta vendendo il 65% del nostro corpo. Acqua in bocca. FATE GIRARE : METTETENE A CONOSCENZA PIU' GENTE CHE POTETE."
Aggiungo che secondo me questa "tendenza" a privatizzare l'acqua è ormai in corso da molti anni e coinvolge quasi tutti i comuni italiani, purtroppo.
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