L'arte e' essenzialmente una forma di esagerazione....l'arte comincia con la decorazione astratta (Marcel L’Herbier)
(Attenzione spoiler!) La famosissima cantante Claire Lescot ospita molti spasimanti nella sua villa “cubista” tra i quali vi è il giovane ingegnere e inventore Einar Norse. Questi simula un incidente d’auto “per saggiare” le reazioni della donna, soprannominata “l’inumana” per via del suo carattere freddo e caustico. Ma Lescot è innamorata del giovane e, appresa la notizia, dà sfogo a tutta la sua disperazione. Un altro spasimante, il Maragià Djorah de Nopur, l’avvelena per gelosia usando un colubro lasciato nell’auto che conduce la cantante a casa di Norsen. Quindi sarà riportata in vita da un’invenzione di Norsen stesso. La trama è stata e viene considerata esile e “poco importante” mentre il film interessa soprattutto per lo sperimentalismo di L’Herbier, un regista in grado di radunare un gruppo di giovani artisti che sarebbero diventati famosi. Le scenografie sono opera infatti di Robert Mallett Stevens, Pierre Charreau, di Claude Autant-Lara (Evasione, Il diavolo in corpo, Margherita della notte, La traversata di Parigi, Il conte di Montecristo), di Albert Cavalcanti (Rien que les heures, Il capitan Fracassa, I misteri di Londra) nonché di Fernand Léger pittore cubista, futurista e regista del film cubista-dadaista Le ballet mecanique. In effetti l’aspetto iconico, come la ricerca di una nuova “realtà” deformata dall’astrazione e lo sperimentalismo delle immagini, conduce L’Herbier a creare un film particolare, sintesi di varie forme d’arte (soprattutto pittorica) delle avanguardie coeve. Le forme del palazzo di Claire Lescot sono di impianto cubista, così come l’interno. Splendida la sala da pranzo dove la famosa cantante ospita i suoi spasimanti in quella che sembra un’ultima cena o, meglio, il prodromo dei famosi pranzi futuristi (1). In generale si può affermare che ci troviamo di fronte a una ricerca plastica come sintesi delle arti decorative d’avanguardia di quegli anni (Art Déco, futurismo, cubismo). Nel 1923 L’Herbier propone a Léger “[…] di realizzare il laboratorio di Einar Norsen nel film L’Inhumaine (Futurismo), scritto in collaborazione con Pierre MacOrlan. “[…]. Dopo aver progettato l’ambiente in due dimensioni, è convinto dal regista a realizzare le macchine in tre dimensioni” (2). Qui lo sguardo si sofferma sugli estrosi macchinari, sugli schermi (c’è anche una sorta di televisore), sulle antenne, sulle porte, oggetti che sembrano usciti direttamente da un suo quadro. La “sua” messa in scena si fonda soprattutto sulla scomposizione del “profilmico”, sulla deformazione delle immagini e sulla loro iterazione, allo scopo di trasferire i risultati dell’esperienza cubista direttamente nel mondo della settima arte. Per fare questo deve liberare, slegare la rappresentazione dal racconto. Pertanto la trama sembra esile, inconsistente, evanescente. A Léger interessa l’aspetto formale-pittorico per completare le sue ricerche “plastiche” iniziate sin dai tempi degli esordi legati alla pittura impressionista, quando dipingeva quadri come “Ritratto dello zio” e “Giardino di mia madre” (entrambi del 1905). Il suo percorso sulla strada della conoscenza e dell’esperienza figurativa lo porta agli antipodi dell’esperienza impressionista. Lo stesso Léger spiegherà poi qual è stato il suo progetto: “Ero stato preso da una vera ossessione, volevo “disarticolare” i corpi. Tutto ciò non andava avanti senza momenti di scoraggiamento” (3). La sua ricerca si sviluppa nella ricostruzione di uno spazio complesso che unisca paesaggio, figura umana, natura morta, oggetti; uno spazio attraversato sempre più dal colore e dall’abolizione delle distanze (vicino e lontano). Ma la scomparsa graduale del vicino e del lontano non annulla la profondità di campo in quanto gli oggetti sono comunque disposti seguendo una “gerarchia soggettiva” (4). Questa ricerca lo allontanerà sempre più dall’esperienza cubista con l’abbandono del “partito della grisaille” per approdare in un nuovo modo di “costruire” in cui domina il colore. Per Léger (si era avvicinato al cinema grazie alla visione del film di Abel Gance La roue del 1922, appassionandosi alla nuova arte e cominciando a frequentare il Club des Amis du Septiéme Art, fondato da Ricciotto Canudo) il cinema evoca un’emozione plastica tramite “la proiezione simultanea di frammenti di immagini a ritmo accelerato”(5). È un’invenzione diabolica che può distruggere o illuminare tutte le cose nascoste grazie alla sua capacità di ingrandire i dettagli. L’Herbier conosceva il talento dei suoi “assistenti” e non poteva scegliere equipe migliore per la produzione di un film che ritengo possa essere considerato un caposaldo del cinema di avanguardia e dello sperimentalismo in genere,un film che ha addirittura influenzato non poco la produzione dei grandi capolavori della Sci-fi di quegli anni: Metropolis e Aelita.
(1) Il primo pranzo futurista avvenne a Torino, l’8 marzo del 1931, in occasione dell’inaugurazione della Taverna “Santopalato”. Questo il menù: 1. Antipasto intuitivo (formula della signora Colombo-Fillìa). 2. Brodo solare (formula Piccinelli). 3. Tuttoriso, con vino e birra (formula Fillìa). 4. Aerovivanda, tattile, con rumori ed odori (formula Fillìa). 5. Ultravirile (formula P. A. Saladin). 6. Carneplastico (formula Fillìa). 7. Paesaggio alimentare (formula Giachino). 8. Mare d'Italia (formula Fillìa). 9. Insalata mediterranea (formula Burdese). 10. Pollofiat (formula Diulgheroff). 11. Equatore + Polo Nord (formula Prampolini). 12. Dolcelastico (formula Fillìa). 13. Reticolati del Cielo (formula Mino Rosso). 14. Frutti d'Italia (composizione simultanea). Vini Costa - Birra Metzger - Spumanti Gora - Profumi Dory.
(Attenzione spoiler!) La famosissima cantante Claire Lescot ospita molti spasimanti nella sua villa “cubista” tra i quali vi è il giovane ingegnere e inventore Einar Norse. Questi simula un incidente d’auto “per saggiare” le reazioni della donna, soprannominata “l’inumana” per via del suo carattere freddo e caustico. Ma Lescot è innamorata del giovane e, appresa la notizia, dà sfogo a tutta la sua disperazione. Un altro spasimante, il Maragià Djorah de Nopur, l’avvelena per gelosia usando un colubro lasciato nell’auto che conduce la cantante a casa di Norsen. Quindi sarà riportata in vita da un’invenzione di Norsen stesso. La trama è stata e viene considerata esile e “poco importante” mentre il film interessa soprattutto per lo sperimentalismo di L’Herbier, un regista in grado di radunare un gruppo di giovani artisti che sarebbero diventati famosi. Le scenografie sono opera infatti di Robert Mallett Stevens, Pierre Charreau, di Claude Autant-Lara (Evasione, Il diavolo in corpo, Margherita della notte, La traversata di Parigi, Il conte di Montecristo), di Albert Cavalcanti (Rien que les heures, Il capitan Fracassa, I misteri di Londra) nonché di Fernand Léger pittore cubista, futurista e regista del film cubista-dadaista Le ballet mecanique. In effetti l’aspetto iconico, come la ricerca di una nuova “realtà” deformata dall’astrazione e lo sperimentalismo delle immagini, conduce L’Herbier a creare un film particolare, sintesi di varie forme d’arte (soprattutto pittorica) delle avanguardie coeve. Le forme del palazzo di Claire Lescot sono di impianto cubista, così come l’interno. Splendida la sala da pranzo dove la famosa cantante ospita i suoi spasimanti in quella che sembra un’ultima cena o, meglio, il prodromo dei famosi pranzi futuristi (1). In generale si può affermare che ci troviamo di fronte a una ricerca plastica come sintesi delle arti decorative d’avanguardia di quegli anni (Art Déco, futurismo, cubismo). Nel 1923 L’Herbier propone a Léger “[…] di realizzare il laboratorio di Einar Norsen nel film L’Inhumaine (Futurismo), scritto in collaborazione con Pierre MacOrlan. “[…]. Dopo aver progettato l’ambiente in due dimensioni, è convinto dal regista a realizzare le macchine in tre dimensioni” (2). Qui lo sguardo si sofferma sugli estrosi macchinari, sugli schermi (c’è anche una sorta di televisore), sulle antenne, sulle porte, oggetti che sembrano usciti direttamente da un suo quadro. La “sua” messa in scena si fonda soprattutto sulla scomposizione del “profilmico”, sulla deformazione delle immagini e sulla loro iterazione, allo scopo di trasferire i risultati dell’esperienza cubista direttamente nel mondo della settima arte. Per fare questo deve liberare, slegare la rappresentazione dal racconto. Pertanto la trama sembra esile, inconsistente, evanescente. A Léger interessa l’aspetto formale-pittorico per completare le sue ricerche “plastiche” iniziate sin dai tempi degli esordi legati alla pittura impressionista, quando dipingeva quadri come “Ritratto dello zio” e “Giardino di mia madre” (entrambi del 1905). Il suo percorso sulla strada della conoscenza e dell’esperienza figurativa lo porta agli antipodi dell’esperienza impressionista. Lo stesso Léger spiegherà poi qual è stato il suo progetto: “Ero stato preso da una vera ossessione, volevo “disarticolare” i corpi. Tutto ciò non andava avanti senza momenti di scoraggiamento” (3). La sua ricerca si sviluppa nella ricostruzione di uno spazio complesso che unisca paesaggio, figura umana, natura morta, oggetti; uno spazio attraversato sempre più dal colore e dall’abolizione delle distanze (vicino e lontano). Ma la scomparsa graduale del vicino e del lontano non annulla la profondità di campo in quanto gli oggetti sono comunque disposti seguendo una “gerarchia soggettiva” (4). Questa ricerca lo allontanerà sempre più dall’esperienza cubista con l’abbandono del “partito della grisaille” per approdare in un nuovo modo di “costruire” in cui domina il colore. Per Léger (si era avvicinato al cinema grazie alla visione del film di Abel Gance La roue del 1922, appassionandosi alla nuova arte e cominciando a frequentare il Club des Amis du Septiéme Art, fondato da Ricciotto Canudo) il cinema evoca un’emozione plastica tramite “la proiezione simultanea di frammenti di immagini a ritmo accelerato”(5). È un’invenzione diabolica che può distruggere o illuminare tutte le cose nascoste grazie alla sua capacità di ingrandire i dettagli. L’Herbier conosceva il talento dei suoi “assistenti” e non poteva scegliere equipe migliore per la produzione di un film che ritengo possa essere considerato un caposaldo del cinema di avanguardia e dello sperimentalismo in genere,un film che ha addirittura influenzato non poco la produzione dei grandi capolavori della Sci-fi di quegli anni: Metropolis e Aelita.
(1) Il primo pranzo futurista avvenne a Torino, l’8 marzo del 1931, in occasione dell’inaugurazione della Taverna “Santopalato”. Questo il menù: 1. Antipasto intuitivo (formula della signora Colombo-Fillìa). 2. Brodo solare (formula Piccinelli). 3. Tuttoriso, con vino e birra (formula Fillìa). 4. Aerovivanda, tattile, con rumori ed odori (formula Fillìa). 5. Ultravirile (formula P. A. Saladin). 6. Carneplastico (formula Fillìa). 7. Paesaggio alimentare (formula Giachino). 8. Mare d'Italia (formula Fillìa). 9. Insalata mediterranea (formula Burdese). 10. Pollofiat (formula Diulgheroff). 11. Equatore + Polo Nord (formula Prampolini). 12. Dolcelastico (formula Fillìa). 13. Reticolati del Cielo (formula Mino Rosso). 14. Frutti d'Italia (composizione simultanea). Vini Costa - Birra Metzger - Spumanti Gora - Profumi Dory.
(2) Gérard-Georges Lemaire, Léger e l’arte cinematografica. Cinema, mon amour in Léger, Art e Dossier, p. 11 Giunti, Firenze 1997.
(3)Gérard-Georges Lemaire, Léger, Art e Dossier p. 7, cit.
(4) Cit. p. 7.
(5) Fernand Léger, La funzione della pittura.
(3)Gérard-Georges Lemaire, Léger, Art e Dossier p. 7, cit.
(4) Cit. p. 7.
(5) Fernand Léger, La funzione della pittura.
Nella foto a destra "Meccanico" (1920): Ottawa, National Gallery of Canada.
8 commenti:
Mi mancava questa tua rubrica bellissima ^^.
Questo film vergognosamente mi manca ancora, nonostante sia da diverso tempo che mi riprometto di recuperarlo.
Ora lo farò sul serio ^^
@Ti ringrazio Chimy^^ Purtroppo non ho organizzato bene questa rubrica. Infatti non possedevo più (per un prestito) il VHS contenente gli ultimi due dei sette film sulla Sci-FI anni '20. Per recuperarli ho impiegato molto tempo, purtroppo. A presto!
Bella recensione per un film che mi manca e che cercherò senz'altro di recuperare, anche se non ho mai amato molto la poetica futurista.
@Cinemystic. Gli anni Venti sono stati anni di intensa sperimentazione e di contaminazione tra cinema e avanguardie pittoriche. Un periodo interessante. Grazie per la visita!
un post davvero notevole...
ciao, a presto
@Bandeàpart. Grazie, troppo gentile^^ A presto.
"L'errore della pittura è il modello.L'errore del cinema è il soggetto. Liberato da questo peso negativo, il cinema può diventare il gigantesco microscopio delle cose mai viste o sentite".Fernand Léger.
@Stella. Ottima citazione di un grande pittore, proprio in sintonia con questo film. Grazie^^
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