Per La donna sulla Luna Lang volle al suo fianco due famosi scienziati in qualità di collaboratori per le sequenze relative al lancio del missile diretto verso il satellite naturale della Terra. Il primo era Whernher Von Braun, ideatore e “inventore”, attraverso i suoi esperimenti nella base di Peenemunde sul Baltico, dei famigerati missili V1 e V2 (lanciati su Londra durante la Seconda Guerra Mondiale), nonché progettista nel 1958 del missile Jupiter (mise in orbita il primo satellite made in USA) e in seguito del gigantesco razzo Saturno che il 20 luglio 1969 condusse il primo uomo sulla Luna. L’altro, meno conosciuto ma più prestigioso, era Hermann Oberth, il vero teorico di tutte le ricerche missilistiche relative ai progetti V1 e V2, nonché collaboratore per il progetto missilistico del 1958. Per questi motivi La donna sulla Luna divenne un caso di spionaggio in quanto alla fine degli anni trenta i nazisti sequestrarono e distrussero i negativi e le copie del film, mentre i servizi americani e inglesi cercavano una copia per studiare il potente razzo a due stadi che si vede nelle sequenze centrali della pellicola. Pertanto il film, pur superando le due ore di durata, è rimasto mutilato di molte sequenze, mentre il montatore che dovette “ricostruire” le parti mancanti agì probabilmente sulle didascalie, cambiandole: questo per “ridare” un senso alle scene rimaste e malamente giustapposte. Soprattutto le sequenze iniziali risultano compromesse dai tagli e “ricostruite” arbitrariamente dal montatore allo scopo di dare un senso compiuto. Purtroppo l’incipit risulta incoerente e di difficile comprensione e certe “scelte” si ripercuotono lungo tutto lo svolgimento del film. L’incipit perde in intelligibilità e coerenza, ma soprattutto questa prima parte non è quella ideata e montata secondo le direttive di Lang. Un grande danno per un film come questo che mi ha dato l’impressione di “essere stato” un capolavoro. La lunga sequenza centrale che mostra i preparativi per il lancio del missile (questa parte non è stata rovinata dai tagli) assume uno stile documentaristico risultando la parte più bella e geniale dell’opera. In questa fase il film, oltre a raggiungere notevoli livelli di qualità, diventa premonitore di quello che accadrà in futuro durante le fasi preliminari del lancio. Riporto le parole di P. Jensen :
“[...] il razzo viene invaso da giornalisti e da cineoperatori che lo visitano e lo riprendono in ogni minimo particolare; una enorme folla si raduna su grandi tribune situate a una distanza di sicurezza […]; un annunciatore eccitato commenta ogni fase dei preparativi per tutte le radio del mondo collegate in diretta; il razzo gigantesco viene trascinato lentamente da enormi gru fuori del suo hangar fino ad essere piazzato sulla rampa di lancio […] poi le didascalie prendono quasi il sopravvento sulle immagini e divengono parte integrante della narrazione. Scandite in modo ritmico appaiono le seguenti parole: ‘Ora/il/razzo/ha/raggiunto/la/base/di/lancio’. Vediamo infatti l’astronave che viene calata dentro il bacino pieno d’acqua e dopo appare una nuova didascalia: ‘Dal momento del decollo in poi l’equipaggio dovrà sopportare per otto minuti la fase critica dell’accelerazione, assai pericolosa per qualsiasi organismo vivente quando si viaggia a una velocità che supera i 40 metri al secondo’. Quindi vengono scanditi altri titoli che rendono superflua qualsiasi altra immagine: ‘5 secondi al lancio…4 secondi… 3 secondi… 2 secondi…1…via!’ (1).
Lang ha inventato il countdown, il missile a due stadi, l’assenza di gravità all’interno della nave servendosi di veri scienziati così come farà Kubrick per il suo 2001 (per me film numero uno della Sci-fi ma non solo). Questa parte centrale, quella documentaristica, è la migliore e da sola vale la visione dell’intero film. Ma dico di più: senza i tagli della prima parte e le sequenze eccessivamente romantiche volute dalla moglie di Lang, la sceneggiatrice Thea von Harbou, il film sarebbe stato insuperabile, per me migliore di Metropolis, ma non solo, migliore di tantissimi film che saranno girati negli anni cinquanta e sessanta e che gli saranno debitori per averne recuperato molte idee. La realtà stessa cercherà il film per distruggerlo o salvarlo perché La donna sulla Luna non è solo un lungometraggio, ma è una limpida sfera di cristallo dov’è segnato il futuro del cinema e il futuro dell’umanità. Bravissimi gli attori anche se a prima vista sembrano interpretare (soprattutto il Prof Manfeldt e Hans Windegger) parti incongruenti, ma probabilmente l’incoerenza è dovuta ai tagli e allo stile di recitazione espressionista (il film è ovviamente tedesco e segue uno stile che esteriorizza gli sconvolgimenti interiori dell’anima). Bellissima e melanconica Gerda Maurus che interpreta Friede, la donna che dà il titolo al film, il centro nevralgico che sembra dirigere il regime degli sguardi degli altri personaggi, muovendosi con un’apparente algida immobilità (e in questo contraddicendo in parte lo stile recitativo degli altri attori); per me un personaggio moderno che porta il cinema in un’altra epoca. Se la trama è debole (l’eccessiva, pedante voglia di romanticismo della Harbou) ricordiamoci che alla regia c’è sempre Lang, regista capace di rendere comunque gradevole il film. Le sequenze scorrono fino all’epilogo trascinando lo spettatore nell’ansia e nella suspense. Lang è abile maestro capace di darci momenti di suspense hitchcockiani; insuperabile genio. La fotografia è curata minuziosamente, atta a mostrare ogni particolare inquadrato anche nel primo piano (es.: orologi, manoscritti, giornali, lettere, ecc.), ma soprattutto costruita nel rispetto di equilibri e simmetrie interne, sia nella suddivisione del quadro che nell’equilibrio dell’ornato. Il momento migliore si trova nelle immagini del razzo ripreso durante l’immersione in acqua. In questa sequenza la fotografia prende il sopravvento, emerge sulla retina creando l’dea del meccanismo che regola gli equilibri tecnico-sociali, correlandosi con le meravigliose scoperte dell’umanità. È un meccanismo che si mostra attraverso rotazioni e rapporti: esempio l’ immagine dell’anello che scorre lungo l’apice del razzo ormai quasi del tutto immerso nell’acqua mentre il ponte levatoio si abbassa aprendosi; e in un’altra immagine la folla che assiepa la tribuna, ordinata seguendo un senso orizzontale; e ancora la struttura che sosteneva il razzo ripresa mentre scorre sulle rotaie verso il punto di fuga dell’immagine. Equilibri precisi e coerenti sia nelle immagini che nei sintagmi. Naturalmente questa banale descrizione non può rappresentare le sequenze della partenza che consiglio vivamente di guardare e approfondire, perché qui è stato incorporato il senso di un film, ma soprattutto il senso del cinema. Lo sguardo impavido di un’istanza indefinita (la folla, un narratore extradiegetico?) controlla e testimonia l’evento “naturale”, fondamentale per l’intera umanità: il razzo lunare, anticipatore del Discovery (2) , delle V1, V2 e del LEM lunare, visto nel 1929 si rapportava a uno sguardo meravigliato e affascinato, pronto a costruire un futuro semplice; adesso è divenuto uno sguardo meravigliato e affascinato da ciò che è stato (guerra, Luna), ma pronto soltanto a fermarsi in un futuro un po’ meno semplice e un po’ più anteriore.
(1) Ho ripreso la frase da “L. Cozzi “Gli anni d’oro del cinema di fantascienza” p. 238 che a sua volta riporta il racconto del critico Paul M. Jensen nel libro “The Cinema of Fritz Lang”. Le didascalie della citazione non corrispondono del tutto con quelle del film da me visto, ma forse dipende dalla traduzione.
(2) 2001 Odissea nello spazio.
“[...] il razzo viene invaso da giornalisti e da cineoperatori che lo visitano e lo riprendono in ogni minimo particolare; una enorme folla si raduna su grandi tribune situate a una distanza di sicurezza […]; un annunciatore eccitato commenta ogni fase dei preparativi per tutte le radio del mondo collegate in diretta; il razzo gigantesco viene trascinato lentamente da enormi gru fuori del suo hangar fino ad essere piazzato sulla rampa di lancio […] poi le didascalie prendono quasi il sopravvento sulle immagini e divengono parte integrante della narrazione. Scandite in modo ritmico appaiono le seguenti parole: ‘Ora/il/razzo/ha/raggiunto/la/base/di/lancio’. Vediamo infatti l’astronave che viene calata dentro il bacino pieno d’acqua e dopo appare una nuova didascalia: ‘Dal momento del decollo in poi l’equipaggio dovrà sopportare per otto minuti la fase critica dell’accelerazione, assai pericolosa per qualsiasi organismo vivente quando si viaggia a una velocità che supera i 40 metri al secondo’. Quindi vengono scanditi altri titoli che rendono superflua qualsiasi altra immagine: ‘5 secondi al lancio…4 secondi… 3 secondi… 2 secondi…1…via!’ (1).
Lang ha inventato il countdown, il missile a due stadi, l’assenza di gravità all’interno della nave servendosi di veri scienziati così come farà Kubrick per il suo 2001 (per me film numero uno della Sci-fi ma non solo). Questa parte centrale, quella documentaristica, è la migliore e da sola vale la visione dell’intero film. Ma dico di più: senza i tagli della prima parte e le sequenze eccessivamente romantiche volute dalla moglie di Lang, la sceneggiatrice Thea von Harbou, il film sarebbe stato insuperabile, per me migliore di Metropolis, ma non solo, migliore di tantissimi film che saranno girati negli anni cinquanta e sessanta e che gli saranno debitori per averne recuperato molte idee. La realtà stessa cercherà il film per distruggerlo o salvarlo perché La donna sulla Luna non è solo un lungometraggio, ma è una limpida sfera di cristallo dov’è segnato il futuro del cinema e il futuro dell’umanità. Bravissimi gli attori anche se a prima vista sembrano interpretare (soprattutto il Prof Manfeldt e Hans Windegger) parti incongruenti, ma probabilmente l’incoerenza è dovuta ai tagli e allo stile di recitazione espressionista (il film è ovviamente tedesco e segue uno stile che esteriorizza gli sconvolgimenti interiori dell’anima). Bellissima e melanconica Gerda Maurus che interpreta Friede, la donna che dà il titolo al film, il centro nevralgico che sembra dirigere il regime degli sguardi degli altri personaggi, muovendosi con un’apparente algida immobilità (e in questo contraddicendo in parte lo stile recitativo degli altri attori); per me un personaggio moderno che porta il cinema in un’altra epoca. Se la trama è debole (l’eccessiva, pedante voglia di romanticismo della Harbou) ricordiamoci che alla regia c’è sempre Lang, regista capace di rendere comunque gradevole il film. Le sequenze scorrono fino all’epilogo trascinando lo spettatore nell’ansia e nella suspense. Lang è abile maestro capace di darci momenti di suspense hitchcockiani; insuperabile genio. La fotografia è curata minuziosamente, atta a mostrare ogni particolare inquadrato anche nel primo piano (es.: orologi, manoscritti, giornali, lettere, ecc.), ma soprattutto costruita nel rispetto di equilibri e simmetrie interne, sia nella suddivisione del quadro che nell’equilibrio dell’ornato. Il momento migliore si trova nelle immagini del razzo ripreso durante l’immersione in acqua. In questa sequenza la fotografia prende il sopravvento, emerge sulla retina creando l’dea del meccanismo che regola gli equilibri tecnico-sociali, correlandosi con le meravigliose scoperte dell’umanità. È un meccanismo che si mostra attraverso rotazioni e rapporti: esempio l’ immagine dell’anello che scorre lungo l’apice del razzo ormai quasi del tutto immerso nell’acqua mentre il ponte levatoio si abbassa aprendosi; e in un’altra immagine la folla che assiepa la tribuna, ordinata seguendo un senso orizzontale; e ancora la struttura che sosteneva il razzo ripresa mentre scorre sulle rotaie verso il punto di fuga dell’immagine. Equilibri precisi e coerenti sia nelle immagini che nei sintagmi. Naturalmente questa banale descrizione non può rappresentare le sequenze della partenza che consiglio vivamente di guardare e approfondire, perché qui è stato incorporato il senso di un film, ma soprattutto il senso del cinema. Lo sguardo impavido di un’istanza indefinita (la folla, un narratore extradiegetico?) controlla e testimonia l’evento “naturale”, fondamentale per l’intera umanità: il razzo lunare, anticipatore del Discovery (2) , delle V1, V2 e del LEM lunare, visto nel 1929 si rapportava a uno sguardo meravigliato e affascinato, pronto a costruire un futuro semplice; adesso è divenuto uno sguardo meravigliato e affascinato da ciò che è stato (guerra, Luna), ma pronto soltanto a fermarsi in un futuro un po’ meno semplice e un po’ più anteriore.
(1) Ho ripreso la frase da “L. Cozzi “Gli anni d’oro del cinema di fantascienza” p. 238 che a sua volta riporta il racconto del critico Paul M. Jensen nel libro “The Cinema of Fritz Lang”. Le didascalie della citazione non corrispondono del tutto con quelle del film da me visto, ma forse dipende dalla traduzione.
(2) 2001 Odissea nello spazio.
15 commenti:
Come al solito imparo cose nuove: non sapevo che Lang avesse "inventato" il countdown. Interessantissima anche la sequenza di cui parli, quella del razzo in acqua. Ovviamente segno tra le cose da recuperare. Sapessi quanto mi hai dato da segnare da quando ti conosco!!
Ale55andra
@Ale55andra. Sapere che alcuni miei post ti sono stati utili mi fa un gran piacere^^ Lang naturalmente ha "inventato" il countdown perché assistito da tre geni della missilistica (comunque l'ho letto e riportato senza svolgere verifiche approfondite). Il razzo in una vasca d'acqua era una teoria per raffreddare il combustibile, poi sostituita nella pratica da altri sistemi. Ti ringrazio!
Lo ricordo come un film molto interessante, anche se è passato parecchio tempo da quando lo visto e nella mia memoria si fonde con i due albi di Tintin in cui va sulla Luna (e probabilmente Hergé un po' si era ispirato a Lang, oltre che naturalmente a Verne).
Non solo mi ha colto un'irresistibile voglia di vederlo ma mi è tornato in mente che tra le cose da vedere c'è da troppo tempo i suoi Nibelunghi, capolavoro del cinema fantastico, da quel che si legge in giro.
@Christian. Che nostalgia nel ricordarmi Tintin (avessi qualche suo fumetto originale!). E non ero a conoscenza delle avventure di Tintin sulla Luna (credevo avesse girato "soltanto" il mondo).
@Martin. C'è chi ritiene i Nibelunghi capolavoro superiore a Metropolis. In effetti sul cinema muto siamo condizionati dalle copie viste (non si conosce mai la vera lunghezza di un film). E I Nibelunghi è un altro film che ha subito tagli.
Sono ignorantissimo in campo fantascientifico, devo cercare di colmare qualche lacuna (pensa che non ho ancora visto 2001, vergona su di me! ^^). Come sempre un post molto interessante, ti faccio nuovamente i miei complimenti.
Ciao,
Lorenzo
I due albi di Tintin che citavo:
Obiettivo Luna
Uomini sulla Luna
Ciao!
molto interessante questo tuo post che ha tra l'altro ricordato un grande regista. Un saluto.
@Lorenzo. Ti ringrazio. Se non hai visto ancora 2001, e hai deciso di conoscere il genere, allora ti consiglio di iniziare dall'alto (ovviamente da 2001).
@Christian. Grazie per i due link sul viaggio di Tintin sulla Luna^^ Non si finisce mai di imparare. A presto!
@Souffle. Sapere che hai gradito il post mi fa un gran piacere. Un caro saluto.
Mea culpa, non ti ho ancora linkato! rimedio subito al mio peccato!
zarathustra01
P.s. bellissima l'iniziativa della scifi in 7 film (e che film!)
@Zarathustra. Il mea culpa è tutto mio, perché non avevo ancora visitato (per fretta e pigrizia) il tuo blog, anche se ti ho incontrato in molti commenti. Ti ringrazio per il link e ricambio immediatamente. Mi fa piacere sapere che gradisci la mia iniziativa sulla Sci-fi anni '20. Grazie e a presto^^
La donna sulla Luna non è solo un lungometraggio, ma è una limpida sfera di cristallo dov’è segnato il futuro del cinema e il futuro dell’umanità.
E ho detto tutto.
Grande Luciano.
@Roberto. Ti ringrazio. Be' in effetti il film, nonostante l'incipit claudicante, è da vedere. ;)
Altro film che dobbiamo assolutamente recuperare.
Grazie per l'attenzione con la quale ci segui ^^
Un saluto da Udine
Para e Chimy
@Chimy e Para. Grazie a voi che ci tenete informati su uno dei più interessanti festival cinematografici^^
A presto.
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