… il tempo breve è la
più capricciosa, la più ingannevole delle durate (1)
Le asimmetrie. La prostata. I capelli tagliati solo da un lato. La speculare asimmetria alla prostata di Eric e Benno. Contribuiscono a delineare un percorso che non conduce da nessuna parte. La ricerca non consiste nell’eseguire un’operazione, strutturare un racconto, ma nell’indebolire le funzioni dominanti del racconto, in altri termini, usando una terminologia cara a Greimas (2), la sanzione (giudizio del Destinante sui compiti svolti dal Soggetto) si è dilatata occupando l’intero film, ingloba la manipolazione, la competenza e la performanza, in quanto la valutazione, l’analisi e il verdetto sono già presenti nell’incipit, sono il film, rappresentano coppie di opposti-identici (marito e moglie, stalker e vittima, amanti, artista e mecenate) per cui l’attante si configura come gruppo di soggetti. Cosmopolis ci racconta la formazione di una istanza narrativa, la storia ripiegata su se stessa, e come il cinema sia un inganno continuo, una impossibilità a raccontare se privato della sua fittizia realtà. Il cinema non fa che raccontare se stesso. È doveroso pertanto allontanare il cliché o meglio disabilitare la parola chiave, l’idea di verosimiglianza. Non è semplice cercare una asimmetria perché la geometria dei percorsi, la fantasia della mente, cuce sempre nuove simmetrie, lega storie a immagini. La mente si orienta. Questo non vuol dire negare un contenuto. Quando sogno so di vivere una istanza indefinibile. Non sono in un racconto. Nonostante percepisca come reale una situazione onirica, non percepisco né il tempo né lo spazio né le regole degli eventi. Invece è da sveglio, nel ricordare il sogno, che le coordinate spazio temporali si aggiungono all’evento e il sogno diventa non un sogno ricordato ma una storia onirica. Come allentare questi legami che allontanano dall’essenza delle situazioni, degli oggetti, dei rapporti? Asimmetrie, materia (sughero), arte (Rotko), sesso (odore di sesso, moglie), morte (revolver). Rompendo i legami tra gli eventi è possibile annichilire il surplus, l’apparenza, per arrivare a comprendere (o almeno a tentare di comprendere) il fatto in sé, ossia l’assenza di senso del mondo. In Cosmopolis Cronenberg chiede allo sguardo di farsi critico, “ […] richiede uno sguardo riflessivo, che invita a prendere coscienza di sé e del reale: esso rivela che il vedere è un’attività complessa in cui si compenetrano oggettività e soggettività, realtà e percezione, esperienza e linguaggio […] (3). Mi limito per brevità a indicare alcune situazioni esemplari.
Le asimmetrie. La prostata. I capelli tagliati solo da un lato. La speculare asimmetria alla prostata di Eric e Benno. Contribuiscono a delineare un percorso che non conduce da nessuna parte. La ricerca non consiste nell’eseguire un’operazione, strutturare un racconto, ma nell’indebolire le funzioni dominanti del racconto, in altri termini, usando una terminologia cara a Greimas (2), la sanzione (giudizio del Destinante sui compiti svolti dal Soggetto) si è dilatata occupando l’intero film, ingloba la manipolazione, la competenza e la performanza, in quanto la valutazione, l’analisi e il verdetto sono già presenti nell’incipit, sono il film, rappresentano coppie di opposti-identici (marito e moglie, stalker e vittima, amanti, artista e mecenate) per cui l’attante si configura come gruppo di soggetti. Cosmopolis ci racconta la formazione di una istanza narrativa, la storia ripiegata su se stessa, e come il cinema sia un inganno continuo, una impossibilità a raccontare se privato della sua fittizia realtà. Il cinema non fa che raccontare se stesso. È doveroso pertanto allontanare il cliché o meglio disabilitare la parola chiave, l’idea di verosimiglianza. Non è semplice cercare una asimmetria perché la geometria dei percorsi, la fantasia della mente, cuce sempre nuove simmetrie, lega storie a immagini. La mente si orienta. Questo non vuol dire negare un contenuto. Quando sogno so di vivere una istanza indefinibile. Non sono in un racconto. Nonostante percepisca come reale una situazione onirica, non percepisco né il tempo né lo spazio né le regole degli eventi. Invece è da sveglio, nel ricordare il sogno, che le coordinate spazio temporali si aggiungono all’evento e il sogno diventa non un sogno ricordato ma una storia onirica. Come allentare questi legami che allontanano dall’essenza delle situazioni, degli oggetti, dei rapporti? Asimmetrie, materia (sughero), arte (Rotko), sesso (odore di sesso, moglie), morte (revolver). Rompendo i legami tra gli eventi è possibile annichilire il surplus, l’apparenza, per arrivare a comprendere (o almeno a tentare di comprendere) il fatto in sé, ossia l’assenza di senso del mondo. In Cosmopolis Cronenberg chiede allo sguardo di farsi critico, “ […] richiede uno sguardo riflessivo, che invita a prendere coscienza di sé e del reale: esso rivela che il vedere è un’attività complessa in cui si compenetrano oggettività e soggettività, realtà e percezione, esperienza e linguaggio […] (3). Mi limito per brevità a indicare alcune situazioni esemplari.
1. Shiner. Il rapporto
tra Shiner ed Eric non è il tipico rapporto marito-moglie. Si dirà
dell’incomunicabilità. I loro dialoghi sono incoerenti, non rispondenti a
delineare la crisi” di coppia, ecc. ecc., seppure la coppia si sia formata da
poco e così via. Non mi interessa mettere in evidenza questi aspetti in quanto
il vero rapporto di coppia riguarda Eric e Benno. Eppure qualcosa di
fondamentale si deforma (nel senso che coltiva un’altra forma). Supponiamo per
un attimo di abbandonare la linea rassicurante dell’intreccio e assumere altri
modelli di indagine. Ad esempio la funzione poetica. Nel plot Shiner si rifiuta
di fare l’amore con Eric perché questo per lei sarebbe uno spreco di energie
utili invece a scrivere poesie. Shiner è una fantomatica poetessa miliardaria o
meglio una vaneggiante miliardaria che si addossa il titolo di poetessa. Nel
plot Shiner uccide la poesia in quanto, rifiutando di fare l’amore con Eric in
nome della poesia stessa, non fa che negare i presupposti fondanti dell’arte
che richiedono al contrario di provare almeno declamare esperienze, sensazioni,
emozioni. Tutto questo accade nella narrazione. Dimentichiamo per un attimo
queste tendenze. Se nel plot Shiner (supponiamo) uccide la poesia, questo non
accade nella struttura, nel discorso, nel modello. Nel film in sé, nel cinema,
nel lavoro intitolato “Cosmopolis”, la risposta di Shiner tende a
destabilizzare il rapporto marito-moglie. Lei si rifiuta di fare l’amore per
mantenere energie utili alla poesia. Il fatto poi di rifiutarsi mantenendo un certo
aplomb, senza drammatizzare il rifiuto (e neppure Eric drammatizza o si
scandalizza per una moglie che vorrebbe vivere in una “purezza” arcadica),
contribuisce a formare una struttura antinormativa o, meglio, come direbbe Mukařovský(4), una struttura poetica in quanto capace di violentare una
norma (la norma è il rapporto drammatico della coppia qui assente e lacerato da
digressioni inconcludenti: il cibo, l’odore, il pasto al bar, l’incontro in
biblioteca). Al contrario la poesia sta lavorando fuori dall’intreccio per
destabilizzare la norma e la risposta di Shiner alle avances di Eric è una vera
e propria funzione poetica. In Cosmopolis la poesia sorge da un’azione
metalinguista: la poesia non è lo status di una moglie miliardaria, ma la
funzione stessa della moglie atta a destrutturare un rapporto (qui neppure
avviato) per creare un andamento armonico (rime, allitterazioni, ecc.). L’andamento
prosastico del film assume nei dialoghi dei consorti un andamento ossimorico,
nel senso che, ad esempio nella sequenza del pranzo al bar, traspare dalle parole
di Shiner una volontà che contrasta con il suo atteggiamento. Mentre la sua
grammatica è pudica e frigida e cerca di contrastare le avances di Eric
evidenziando anche una connotazione che lascia trasparire una certa gelosia, la
sua pragmatica, o meglio, i suoi atti illocutori(5) evidenziano una donna che
sta letteralmente facendo sesso nel bar col marito. I movimenti, lo sguardo, il
tono della voce danno la sensazione di una donna che ha traslato la scopata dal
fatto in sé (scopare) al desiderio (l’orgasmo è già il desiderio stesso). Se
sul piano del racconto siamo in un contesto classico (l’uomo che ci prova e la
donna che “deve” mostrare per convenzione una certa resistenza), sul piano del
discorso la funzione poetica comincia a essere predominante evidenziando il
desiderio di Shiner che sta già provando
un illocutorio orgasmo.
Shiner.
Non sono sicura di avere fame.
Eric.
Lo scoprirai mangiando. Parliamo di sesso.
Shiner.
Siamo spossati da qualche settimana. Poche settimane.
Eric.
Tutto è poche settimane. È fatta di minuti la vita.
Shiner.
Non vorrai contare le volte, vero? O discutere seriamente dell’argomento.
Eric.
No, bisogna farlo.
Shiner. E si farà… si farà
Eric.
Bisogna farlo.
Shiner.
(con sensualità) Il sesso.
Pertanto la poesia non
è una forma trascritta in un libro trovato in una biblioteca sottoterra (Shiner
rappresenta il concetto stereotipato di come la società si pone davanti alla
poesia), ma un progetto di ricerca in grado di mettere in tensione persone e
fatti per creare esperienze altrimenti insondabili. Shiner è poetessa non
perché scrive poesie. La sua azione induce ad assimilarla a una funzione
poetica del film, un momento di poesia: i dialoghi stessi e il rapporto tra i coniugi
trasmettono un andamento “poetico” (messaggio incentrato su se stesso) . Cronenberg
ci sta dicendo che il cinema è atto antinormativo
bisognoso di energie e impossibilitato a flirtare con il pubblico (ma in grado
di penetrare nella coscienza). Pertanto l’assetto normativo non è individuabile
nel rapporto marito-moglie lungo la linea che unisce Eric a Shiner, ma nell’automatizzazione
degli eventi, negli atti usurati, nelle strutture stereotipate che raccontano
ogni volta la stessa storia. Il momento in cui Shiner dice ad Eric che non può
fare sesso perché ciò gli toglierebbe energie preziose per scrivere poesie
rompe con la convenzione della “coppia” che deve essere litigiosa o innamorata
e deve fare sesso, aprendo la porta su un mondo indefinito e non comprensibile.
2. Benno. Il rapporto di coppia
si trasferisce nel dialogo dell’epilogo tra Benno ed Eric. Si puntano a vicenda
le pistole addosso. Vogliono uccidersi. Discutono psicoanalizzandosi a turno.
Ognuno crea nell’atto dei movimenti, in un loculo immerso nei rifiuti della
modernità, una danza d’amore nel loro continuo spostarsi, alzarsi sedersi
avvicinarsi. Si odiano proprio come una coppia che esprime il rancore di una
vita vissuta insieme. Eppure si amano perché condividono la stessa disillusione
e se è vero come dice Eric a Shiner “il sesso è l’antidoto alla disillusione, è
il contravveleno”, allora i movimenti stessi diventano movenze di due disillusi
che sperano di “raccontare” il loro destino e la loro provenienza,
inquadrandosi e fermandosi in un nome: “il nome dice tutto”. I due non sono
nemici e neppure amici; sono l’imperscrutabile alternarsi del giorno e della
notte, una camminata nel flusso del tempo che si chiude implacabile alle
proprie spalle. Se si vogliono apprendere i segreti di un matrimonio che sta
per tramontare bisogna soffermarsi un po’ nel pied-a-terre di Levin e osservare
la passionalità dei due uomini. Pertanto qui si consuma la frattura tra
significato (l’immagine mentale di un matrimonio, di una coppia, del sesso) e
significante (la scrittura, ossia i corpi, i soggetti, l’attante in sé) per cui
il segno “matrimonio” (significante/matrimonio vs significato/coppia che si
sposa, vive insieme, fa sesso, crea figli, ecc.) in Cosmopolis si disarticola,
scivola via, si disunisce, tendendo a una esangue infinita evaporazione. Sul
piano del significante il matrimonio di Eric e Shiner non è un matrimonio,
mentre lo è quello tra Benno ed Eric. Pertanto il segno vacilla mostrando la
debolezza e la disarticolazione continua del mondo postmoderno.
3. Il sughero. Ciò che conta pertanto
non è il pericolo (action movie), l’amore (quanti film d’amore sembrano lo
stesso identico film?), la limousine blindata e superaccessoriata. Conta il
sughero. Nascosto nell’intercapedine della limousine, posato per non fare
entrare i rumori del mondo, il sughero, solo citato e mai visibile, è causa ed
effetto allo stesso tempo del desiderio di emarginazione, perché isola ma anche
informa. Il sughero in realtà non lascia
i rumori all’esterno e si mostra (pur non mostrandosi) attraverso il “racconto”
di Eric come status sociale. Vale come sughero in sé, come oggetto che ingigantisce
e conquista il primo piano. La forza creativa dell’oggetto quando viene
disallineato dal particolare, dalla banalità del quotidiano e diventa funzione
straniante, oggetto in sé non utile, non seriale, non informante, pertanto opera d’arte invisibile, rappresenta
in quanto oggetto straniante, speciale (come un quadro una scultura), ma anche
in quanto non visto e relegato nel dialogo, concetto, idea, rappresenta un breve
saggio di arte concettuale. Il racconto
non è mostrato come concentrato di grandi eventi, nuclei e indizi che
definiscono il plot. Si manifesta al contrario come una congerie di micro
avvenimenti isolati, frammenti di catalisi inspiegabilmente disuniti, inseriti
nel breve termine, che nessun montaggio potrà mai trasformare in film.
1 Fernand Braudel, Scritti sulla storia, Arnolfo
Mondadori Editore, Milano, 1973, p. 61.
2. cfr. Greimas, Del senso 2:
narrativa, modalità, passioni , 1983
3. Vincenzo Buccheri, Lo stile cinematografico, Carocci editore, Roma, 2010, p. 143.
4. cfr. Jan Mukařovský La funzione, la norma e il valore estetico
come fatti sociali. Semiologia e sociologia dell’arte, Torino, Einaudi,
1971.
5.
cfr. John R. Searle, Atti linguistici. Saggio di filosofia del linguaggio, Bollati
Boringhieri, Torino 1993.
5 commenti:
complimenti per il post.
degno di una tesi di laurea
@Marco Goi. Grazie per i complimenti. La tua visita mi ha fatto molto piacere. Ricambio presto e volentieri. Un caro saluto.
@Amos Gitai. Grazie. Arrivo il prima possibile per il mio voto. Ricambio gli auguri di un Buon Natale e Felice Anno nuovo^^
mi hai fatto venire voglia di vedere il film:)
@Francesco. Questo mi fa molto piacere^^
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