Il veggente vede anche il labirinto, che non è solo un’espressione spaziale, ma anche temporale. Il punto di vista di Torrance, che osserva il modellino del labirinto nel salone dell’Hotel, apparentemente onnisciente, è superato dalla veduta aerea dell’originale situato davanti all’albergo, dove Wendy e Danny si sono inoltrati quasi per gioco: la macchina da presa li segue e li precede anch’essa all’interno del labirinto. Torrance non può “stravedere”, il suo sguardo si ferma sul modello, ma non va oltre e forse non osserva neppure il modello. Il suo congelamento avverrà nel labirinto innevato che la sua “cecità” gli ha impedito di conoscere. Conosce perfettamente invece l’altro labirinto, l’Overlook Hotel, nonostante non riesca a scovare Danny nascosto nelle cucine, così come lo conosce Halloran, nonostante rimanga ucciso proprio nel luogo che più gli è familiare. Cecità e "luccicanza" si allineano, quasi si scontrano pur incontrandosi: il familiare non è poi così familiare. Jack che è sempre stato nell’albergo (ma è stato anche fuori nel labirinto?) e Halloran, che sicuramente ha lavorato quegli ultimi anni come cuoco all’Overlook Hotel, commettono errori grossolani, perché ciò che è familiare a volte può sorprendere, può inviare messaggi sconosciuti, schiudere altri sensi, sprofondare in un pozzo senza fondo da esplorare. Persino i fantasmi, che soccorrono Torrance prigioniero nel magazzino, non recano nessun aiuto a Jack proprio quando più gli servirebbe, essendo rimasto intrappolato nella cella frigorifera. Non ostacolano neppure Danny che se ne va indisturbato incontro a Wendy la quale nel frattempo lo ha raggiunto fuori col gatto delle nevi (ma nel labirinto Danny, per sfuggire al padre, non ha usato lo shining, bensì un banale espediente). Penetrare nella “stanza” può essere un percorso non privo di ostacoli; la cecità, essendo l’altra faccia della luccicanza, può interrompere il circuito, ovvero la luccicanza può stravedere ma potrebbe anche non vedere, perché stravedere non è sufficiente, non è la soluzione definitiva, ma un’ipotesi di lavoro, un tentativo di leggere il senso sapendo che il «[…] senso non è ciò che appare, ma ciò che si nasconde»(1). Labirinto inteso come espressione spaziale e temporale, perché nel cinema lo spazio diventa simbolo del tempo, tempo e spazio sono indissolubilmente legati. Proprio perché sempre al presente, (o al presente-passato per Deleuze) il film ha bisogno dello spazio per coniugarsi nei vari modi del tempo. Come dice Bernardi citando Bettetini, presente e passato nel cinema si articolano in primo piano e sfondo, «[…] nel film [vi sono] forme narrative e forme commentative: […] frame-stop e altre “stasi narrative” corrispondono alla descrizione o al commento in letteratura: quando il tempo del discorso prosegue, mentre si ha una sospensione nella storia raccontata»(2). Nel cinema vi è una prospettiva temporale, sovrapposizione di spazio e tempo. Nel labirinto lo spazio e il tempo si confondono, perché il tempo e lo spazio sono i labirinti della mente: l’hotel, il labirinto esterno, l’a-temporalità in cui è immerso l’albergo, e il puzzle delle date, il non-tempo dell’eternità, sono passaggi che interagiscono con il tempo dello spettatore, un tempo incalcolabile, intimo. Ma l’importante non è uscirne fuori, bensì percorrere le strade che si diramano ovunque, senza timore di sbagliare, anzi proprio con la consapevolezza che l’errore è l’altra faccia della conoscenza, la cecità-luccicanza che imbocca strade senza sfondo, senza rassegnarsi all’apparenza, con la consapevolezza che solo «[…] chi può sempre sbagliare può dirsi veramente libero»(3). Il labirinto si fa quindi specchio del mondo, ovvero è il virtuale-attuale del mondo e come lo specchio della camera di Wendy “raddrizza” la scritta “REDRUM” in “MURDER”, salvando la donna dalla furia omicida di Torrance, così il labirinto può forse raddrizzare il rovescio, trasportando l’esterno all’interno, dove la consapevolezza di sbagliare può salvare il mondo dalla certezza di un’apparenza. Allora i fantasmi che sopravvivono all’Overlook, che fluttuano nelle viscosità del nostro immaginario, proiezioni dei nostri bisogni, dei nostri timori, delle nostre paure, dei nostri desideri, devono essere affrontati, scoperti, anche con sofferenza, soglia da attraversare per non rimanere ipnotizzati. In tal modo lo sguardo di Danny, che terrorizzato “vede” i pericoli che stanno per aggredirlo, non è altro che il terrore per noi spettatori ipnotizzati da una mancanza di lotta che ci rende sì sicuri, ma appunto per questo incapaci di trasgredire, di mettere in discussione ciò che può sembrare granitica certezza. Allora, come dice Morin, questi personaggi che esteriormente sono fantasmi, interiormente vivono della vita che attingono in noi. «Hanno preso le nostre anime e i nostri corpi, li hanno adattati alla loro misura e alle loro passioni […] Siamo noi piuttosto a essere nella sala buia i loro fantasmi, i loro ectoplasmi spettatori»(4).
(1) Bruno E., Dentro la stanza p. 38.
(2) Bernardi S., Introduzione alla retorica del Cinema, p. 147.
(3) Santarcangeli, Il libro dei labirinti, p. 247.
(4) Morin E., Il cinema o l’uomo immaginario, p. 152.
31 commenti:
ma, cazzo, per starti dietro bisognerebbe aver rivisto il film di recente come minimo...
meglio se ieri!
bellissimo il vostro blog!
(cercherò di starvi dietro...)
baciazzi!
Grazie Philippewinter. Mi fa piacere sapere che ci segui. A presto.
Bellissima analisi (come tt le quattro): "la cecità e la luccicanza si allineano, quasi si scontrano pur incontrandosi: il familiare non è poi così familiare". Concetto molto profondo che apre a nuove riflessioni sul film.
Davvero sinceri complimenti x tt i 4 bellissimi post su questo enorme capolavoro.
Ciao, a presto
analisi perfetta, che dire di più!? a questo punto è il caso di rivedere il film (almeno per me) nella speranza di chiarirmi le idee su kubrick una volta per tutte.
ciao ciao
@Chimy. Un grazie a te per avermi seguito con pazienza in questo lungo post (anche temporale). Ciao.
@Monia. Grazie per avere letto i post e se rivedi il film magari farai una tua recensione. Ciao
e così è finita questa avventura critica nell'overlook hotel..4grandi post per dare un senso a ogni corridoio dell' albergo d kubrick.ancora tutti i miei complimenti per tutti i post precedenti e per questa bella analisi sul labirinto e la luccicanza come potere che in realtà si rivela nullo.ti dirò che nel libro di king (alla fine sempre li vado a finire) il labirinto non mi sembra neppure che ci sia..o se c'è non ha tutta questa rilevanza..ricordo invece delle siepi a forma di animali possedute (ehm..queste sono le solite ideacce di king) e un finale altamene esplosivo..in tutti i sensi.a dir la verità a me il finale di kubrick non è mai andato tanto a genio ma i tuoi post mi hanno chiarito un po' le idee!ancora complimenti.
@Grazie Deneil, troppo gentile. In realtà avevo preparato un post su Shining integrato da alcune parti di una relazione fatta ai tempi dell'Università. Soltanto che il post era troppo lungo e mi dispiaceva ridurlo. Allora la decisione di dividerlo in quattro parti, non adatta a un blog, lo so, una follia, ma, penso che tu sia d'accordo, scriviamo sui blog un po' anche per divertirci. Ma lo sai che grazie ai tuoi commenti sul film, mi hai incuriosito riguardo al romanzo? Appena conclusi impegni improcrastibabili, comprerò il romanzo di King (pensa quant'è forte il tuo potere di convincimento). Ciao e di nuovo grazie.
non so proprio cosa dire!
ci tengo però a farti sapere che ho letto anche questo, ti ringrazio per la splendida analisi!
applausi
tornerò dopo aver visto il film, presumibilmente nel week-end, per farti avere le mie impressioni!
buona serata!
eccellente conclusione di una Lezione di cinema con la L maiuscola. Standing ovation per te...e per quel geniaccio di kubrick! :)
@Honeyboy. Benissimo. Non vedo l'ora di leggere una tua recensione sul film. Grazie. Ciao.
@Mario. Soprattutto per Kubrick. Grazie.
Mi unisco agli altri...a questo punto tocca rivedere il film...
E anche quest'avventura è finita...e dopo il quarto quarto ci vuole una Standing Ovation!
@Filippo. Anche te dico che aspetto una tua recensione, nel caso tu dovessi rivedere il film. Grazie.
la standing ovation è di rigore (anzi si spera in un nuovo ciclo di puntate che magari analizzerà altri film succosi...).
Intanto aspettiamo sempre che Honeyboy riguardi il film e ci faccI sapere! ^^
p.s. apprezzo molto il passaggio in cui scrivi dell'opposizione tra familiare (presunto) e non-familiare, che mi sembrano alcuni dei poli tra cui è inscritto Shining (per stessa ammissione di Kubrick... e delle fonti usate). A distruggere il padre come per Halloran è l'eccessiva sicurezza. Mi sembra anche una sorta di imperativo e comando che Kubrick rivolge a se stesso: mai essere troppo sicuri, ma cercare, cercare, porre dubbi, domande sul proprio Fare e indagare fino all'ultimo per rendere quanto più possibile perfetta l'esecuzione.
E sottolineo questo visto anche il tema (in sottofondo) che Shining un po' sottende: non dico che è il suo film più autobiografico, ma certo quello in cui forse K ha descritto - inconsciamente anche - se stesso a lavoro, o meglio un'esorcizzazione degli empasse che possono cogliere un Autore.
@Noodles. Grazie per la standing ovation ma anche grazie per i tuoi densi commenti per me illuminanti, pieni di ideee e spunti da approfondire. Concordo sul fatto che forse Kubrick possa aver descritto se stesso al lavoro, in particolare il confrontarsi con le improvvise crisi di idee, con i dubbi, i ripensamenti, con l'insoddisfazione del lavoro svolto e il terrore di non essere più in grado di creare un'opera d'arte. Ecco, io credo che Kubrick abbia passato momenti difficili, faticosi, angoscianti, proprio perché è stato un artista che ha voluto guardare dentro di sé senza condizionamenti esterni. E forse gli occhi sbarrati di Jack sono lo sguardo dentro l'abisso della crisi autoriale di un artista congelato e immobile, incapace di rinnovarsi. Ma l'assenza di idee, viene subito superata nel nuovo che viene (Danny), quindi con la capacità di rinnovarsi, ma solamente DOPO aver guardato nel gelo dell'orgoglio di artisti congelati nei propri cliché. Kubrick superava il cliché dopo la sua discesa all'inferno (scusami se cito Dante e Rimbaud) per uscirne rinnovato e libero. Naturalmente ciò che dico è opinabile tutto da verificare.
Ciao e grazie di nuovo.
fantastica serie di recensioni, ora me le gusto per bene. la mostra su kubrick in corso a roma rivela diverse cose gustose su shining...
simone
@Ti ringrazio Simone. Mi dispiace immensamente non aver potuto trovare il tempo di vedere la mostra su Kubrick. Forse sarò a Roma in gennaio, ma immagino ormai troppo tardi. Riguardo alle cose gustose su Kubrick sarei proprio curioso di sapere di cosa si tratta. Ciao.
Luciano, con questi post Kubrickiani ho fatto quello che faccio spesso con le serie tv: aspetto che terminino per godermele tutte d'un fiato! ^^ Perdona il paragone blasfemo, ma adesso non vedo l'ora di rivederlo alla luce di queste interessanti considerazioni, grazie!!
@Grazie Iggy. Se rivedi Shining allora attendo un tuo commento. Grazie di nuovo. Ciao.
addirittura comprerai il libro??ma sono così convincente??comunque non ti aspettare chissà quali approfondimenti psicologici nel libro di king..si tratta di una buona storia e nulla più.
Kubrick l' ha senz' altro resa molto più profonda.la scrittura di king poi è qualcosa che non riesco bene a decifrare..non c'è ancora nessuno di quelli che conosco che gli sono rimasti indifferenti:o lo si ama o lo si odia.
Solitamente è pieno di riferimenti a canzoni, testi, film, personaggi della cultura americana per provare ad immergere il lettore ancora di più in un mondo parallelo molto realistico (questo soprattutto negli ultimi testi.sinceramente non ricordo se in shining faceva già uso di questi espedienti!).il problema di una scrittura del genere è che un europeo farà sempre molta fatica ad accostarsi a certi paragoni.quando scrisse it..nell'80 e qualcosa..diceva che it assomigliava un po' a un pagliaccio televisivo credo (Bozo mi pare si chiamasse) e un po' a quello di Mac Donald.Se ci pensi nell' 80 e qualcosa in Italia per quel che ne so io si aveva una vaghissima idea di cosa fosse Mac Donald (da me è arrivato nel 95 o giu di li) quindi puoi immaginare quanto fosse difficile per il lettore italiano immaginarsi sto benedetto it!insomma se compri il libro non aspettarti un capolavoro..anzi non aspettarti proprio nulla:ti assicuro che è il metodo migliore per leggere king in santa pace.senza pregiudizi di nessun genere.
@Deneil. Ti ringrazio per la tue preziose informazioni su Shining di King. Ne terrò conto al momento della lettura. D'altronde quando si legge un romanzo si deve tener conto dell'epoca in cui sono stati scritti e del luogo di origine. Quindi storia e geografia, nonché struttura (del romanzo), fantasia e ricerca (dell'autore) e infine quel quid che fa di uno scrittore un grande scrittore. Naturalmente l'opera d'arte attraversa spazio e tempo per toccare le corde interiori del nostro animo. Il romanzo: che mondo affascinante! Sapere che King si ama o si odia mi sprona ancora di più ad intraprenderne la lettura, perché gli autori, gli artisti che fanno discutere, che obbligano a schierarti, mi stimolano molto.
Il caso mi ha portato a (ri)vedere Shining proprio il giorno prima di questa tua conclusione. Posso confermare il fatto che ogni scena, ogni fotogramma del film offrono possibili commenti, interpretazioni e discussioni.
E' sempre la stessa caratteristica di Kubrick: fare arte.
Come un pittore dipinge un quadro come limite tra quello che con l’occhio si vede, con l'intelletto si argomenta e con l’emotività si prova, anche il regista/artista si comporta con la mdp.
Starei qui a commentare per ore, ma sto ancora cercando il tempo ed il modo di parlarne io sul mio blog.
E dopo aver letto il tuo trattato su Shining, non posso che essere orgoglioso del tuo commento sul mio “Barry Lyndon”.
@Amosgitai. "Posso confermare il fatto che ogni scena, ogni fotogramma del film offrono possibili commenti, interpretazioni e discussioni".
Sono d'accordo. Guardando un film (come qualsiasi opera d'arte) non si smette mai (con l'arte non è possibile) di trovare nuovi spunti, nuove idee, nuove sensazioni. A me capita spesso dopo aver rivisto un film di provare sensazioni diverse dalla prima volta (o dalle volte precedenti): d'accordo, sono cambiato e certe immagini fanno breccia nel mio cuore, certe forme ipnotizzano il mio sguardo, certi "tropi" abbagliano la mia mente; magari lo stesso film visto pochi anni prima non faceva lo stesso effetto. Sono cambiato o è cambiato il mondo, ma anche il film (il testo) è cambiato, perché il testo si rapporta sempre al contesto e al suo intertesto. Non c'è mai termine. Su Shining puoi fare una tua analisi e sarà differente dalla mia e altrettanto (e anche di più) interessante, piena di spunti per discutere, colma di argute argomentazioni. L'arte è un cielo stellato senza fondo che non riusciremo mai a disegnare su una cartina. Sono lusingato dai tuoi complimenti. Non vedo l'ora di leggere una tua eventuale recensione su Shining.
Hai chiuso in bellezza come era prevedibile...Chapeau, si dice in questi casi...ad una analisi così c'è ben poco da aggiungere! carissimi saluti
@Grazie Pickpocket per la gentilezza. Cari saluti.
Conclusione degna delle tre parti precedenti, ma questo te lo hanno già detto tutti.
Certo è che Shining, in quanto capolavoro, apre la strada a mille ragionamenti, mille interpretazioni, fa venire voglia di parlarne ancora e ancora.
E anche questo già è stato detto.
Non mi resta che salutarti. A presto!
@Roberto. Ecco, dici bene. In effetti è il film che apre la strada a "mille ragionamenti, mille interpretazioni". Le mie sono solo alcune impressioni fra tante. Ciao e grazie per i tuoi interventi.
Non so se hai saputo della chiusura del programma di Daniele Luttazzi DECAMERON su LA7.
Non dirmi che non te ne frega niente, ti prego.
Beh, vai sulla homepage del suo sito (http://www.danieleluttazzi.it/)
e troverai un suo commento che sicuramente gradirai.
Un saluto!
@Roberto. Me ne importa molto invece. E' un atto gravissimo contro la libertà di espressione e contro la libera circolazione delle idee. Infatti è soprattutto per questo che credo che la suddivisione della Storia in epoche sia sbagliata, perché non siamo usciti ancora dal Medioevo (mi perdonino soprattutto i Medievalisti perché in fondo il Medioevo non era poi un periodo tanto oscuro come crediamo). Insomma l'epoca moderna non è iniziata con la scoperta dell'America ma deve ancora venire. Grazie per la segnalazione. Vado subito a vedere il commento di Luttazzi. Ciao.
Dopo le tue riflessioni mi sembra il minimo il doverlo rivedere!
Misa che gli dedico questo finesettimana eh..
nn vedo l'ora!
Ps: grazie per questo bel lavoro, hai esplicitato molte cose che avevo colto in modo poco nitido però :-(
ciao Luc!
@Ah, mi fa piacere. Magari mi saprai dire cosa ne pensi. Ti ringrazio, ma sicuramente avrai colto (o coglierai) altri aspetti del film che non compaiono nella mia analisi. Grazie Trinity. Ciao.
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