31 luglio 2007

Il settimo sigillo (Ingmar Bergman, 1956)

Un film sulla morte, o meglio su cosa la morte significhi e sul mistero che si porta die-tro. Un film sul terrore di avere buttato via la propria vita nella vanagloria e nell’indifferenza verso il prossimo. Naturalmente la Morte non può dare nessuna risposta al Cavaliere Block che la interroga: nessuna certezza, nessuna manifestazione di Dio. Ma tra la fede ingenua e visionaria del saltimbanco Jof e l’ateismo beffardo dello scudiero Jöns si pone l’angoscia del dubbio, la domanda statica che cerca una certezza, qualunque essa sia. Innanzi al momento culminante, al momento in cui la Morte sta per vincere la partita a scacchi, nel momento in cui l'Agnello scioglie il settimo sigillo del libro di Dio (vedi l'Apocalisse di Giovanni), domina la pausa, l’immobilità della scena, l’angoscia quotidiana del guardarsi allo specchio (il tema dello specchio ritornerà in molti film di Bergman), domina lo spiegarsi del film tutto raccolto in questa pausa (la partita a scacchi) fino all'ultimo, ineluttabile atto (la Morte che danza sulla collina con Block e gli altri personaggi). Il film non si chiude con una risposta, con un risultato, qualunque esso sia, ma rimane aperto, come sospeso in una nebbia malsana tra i colori della vita e l’amara constatazione del nulla che bussa alla porta. L’artista non è capace di dare risposte, non è un venditore di certezze e di meraviglie o veggente inneggiante a lugubri vendette; l’artista può solo, col cavaliere deluso, sperare almeno di fare qualcosa di buono, costruire nel suo piccolo, un mondo tutto suo, creare il suo idioletto particolare, il proprio stile di artista e di uomo, formare la propria opera. Davanti all’angoscia dell’Aperto, al mondo sfuggente, all’immediato, al dubbio e alla sensazione di immobilità, solo l’arte può dare almeno una sconfitta, almeno un sapore, col suo “patto stretto con la morte” e con la sconfitta la fine. Il Settimo Sigillo è insieme patto con la Morte ma anche morte che conduce al mondo ritratto dall’opera (dal film). La morte è comunque il montaggio e la sequenza chiusa da una dissolvenza (almeno nel cinema classico). Bergman, oggi, ha montato la sua ultima scena, quella che tante volte si era immaginato nella creazione dei suoi straordinari film. Addio grande, incommensurabile uomo.

4 commenti:

Diego Altobelli ha detto...

Grazie Luciano per le parole di commento. E, ricambiando il gesto di stima, dopo aver letto il preciso e sentito post che hai scritto su Bergman, linkero' volentieri il tuo blog.
Due grandi se ne sono andati, non è retorica, noi possiamo solo tentare di raccogliere la loro eredità.
A presto.

Luciano ha detto...

Sono d'accordo con te: possiamo solo tentare. Grazie per avermi linkato.

Anonimo ha detto...

Innanzitutto, complimenti per il blog, mi piace molto come scrivi e poi mi accodo al commento su questo grandissimo regista e su questo sublime capolavoro ^_-
Ale55andra

Luciano ha detto...

Grazie a te Ale55andra. Come ti ho detto non vedo l'ora di poter visualizzare il tuo blog per poter ricambiare la visita.
A presto