20 ottobre 2010

Inception (Christopher Nolan, 2010) 2/3: Effetti di reale "onirici".

Premessa

L'automatizzazione del vedere quotidiano ha reso gli oggetti, gli avvenimenti, i paesaggi, forme imprecise della vista, apparati non analizzati ma a mala pena "sentiti", riconosciuti. "Dal processo di algebrizzazione, automatizzazione dell'oggetto, risulta una più ampia economia delle sue forze percettive: gli oggetti o si danno per un solo loro tratto, per es.: per il numero; oppure si realizzano come in base ad una formula, anche senza apparire nella coscienza" (1). La percezione prosaica della vita quotidiana, la routine, riduce gli oggetti (e spesso anche le persone) a mero rumore di fondo della nostra esperienza, i quali svaniscono nel nostro fuori campo senza che nemmeno ce ne accorgiamo. "Così la vita scompare trasformandosi in nulla. L'automatizzazione si mangia gli oggetti, il vestito, il mobile, la moglie e la paura della guerra" (2). Per Šklovskij lo scopo dell'arte è di trasmettere una impressione dell'oggetto come «visione» e non come «riconoscimento» e pertanto "[...] procedimento dell'arte è il procedimento dello «straniamento» degli oggetti e il procedimento della forma oscura che aumenta la difficoltà e la durata della percezione dal momento che il processo percettivo, nell'arte, è fine a se stesso e deve essere prolungato [...]" (3). Il suo discorso è riferito all'arte in generale, ma ritengo che sia interessante per introdurre una premessa che ritengo importante: bisogna tracciare una netta linea di distinzione tra la realtà del sogno con le sue immagini più o meno evanescenti (ma questo potrebbe valere anche con la nostra percezione della realtà per cui la nostra mente estrae dal reale ciò che può, durante l'attimo, servire più o meno all'economia della propria vita quotidiana) e il procedimento di costruzione di un film che necessita di dati certi e concreti. E quando il cinema si interessa del mondo onirico non fa altro che focalizzare l'attenzione sulla peculiarità della visione, utilizzando una precipua grammatica filmica (messa in scena, ripresa, montaggio, suono) riconducibile al mondo onirico: sbalzi improvvisi dell’illuminazione, effetti speciali, movimenti rallentati o velocizzati, assenza di gravità, effetto flou, ecc., nonché movimenti di macchina e stili recitativi che evidenzino l'eccezionalità dell'evento. Il sogno, come spesso i flash-back, può essere in bianco e nero oppure reso con la correzione del colore in fase di post-produzione e con filtri (es.: un filtro flou) o ricostruendo con la computer grafica mondi onirici sui generis. Ma in ogni caso una sequenza onirica nel cinema, a prescindere dall'obiettivo che si prefigge (stimolare la percezione o stupire o spaventare) è sempre una sequenza da trattare e analizzare come qualsiasi altra sequenza. Credo che non esista niente di più postmoderno del mondo onirico, nel senso che quando sogniamo non siamo in grado di ricostruire eventi, organizzare percezioni, gestire mappe della realtà spesso utilizzate persino nella PNL aziendale (4): le storie si affastellano l'una sull'altra, si neutralizzano, si moltiplicano; il paesaggio varia in continuazione davanti ai nostri occhi; ci troviamo alla guida di un'auto eppure siamo a piedi; in un attimo una ragazza si trasforma in donna; i dialoghi sono stranamente frantumati, partono dal nulla e finiscono nel nulla... del risveglio. Può capitare che un oggetto o più oggetti prendano forma, si fissino sulla retina in tutta la loro perfezione; può capitare che questi oggetti risultino manufatti talmente perfetti da mettere in evidenza la loro efficacia pittorica. Tempo fa mi capitò di sognare di entrare in un bellissimo bagno pubblico: sulla destra una finestra luminosa sovrastava un mobile pieno di oggetti che non riuscii a identificare, perché nel sogno sentivo il bisogno di "utilizzare" il bagno e pertanto stavo cercando il w.c., situato sulla parte opposta: si trattava un normale vaso sanitario di ceramica bianca, molto pulito, lucido, con il sedile alzato. Per un attimo percepii il piacere di potermi liberare fin quando sul fondo del vaso apparve uno straccio di cotone per pavimenti. E a questo punto mi resi conto dell’abbagliante bellezza di questo umile oggetto: riuscii a vedere la trama delle cuciture, con i preponderanti fili bianchi intrecciati a quelli verdi e rossi, ma la nitidezza dei particolari era incredibilmente separata e allo stesso tempo unificata alla maestosità dell'insieme. Non mi trovavo davanti a un oggetto umile e dozzinale, ma davanti ad un'opera d'arte. In pratica mi domando: possibile che un sogno evanescente e vago, senza storia e senza "riconoscimenti" sia stato in grado di restituirmi una visione artistica? Giuro che durante la veglia non mi sono mai soffermato a osservare uno straccio. Ma cosa c'entra tutto questo con il film di Nolan?

Oltre una visione ludica.

Il mondo di Nolan , il suo sogno multiversale che ci trascina nei livelli via via più profondi di un videogame con vite perse ma "sempre" recuperabili, mantiene desta la percezione narrativa e un certo grado di trasparenza; e in quanto movie-action intende anche trascinare nel limbo post-moderno un pubblico che scelga di lasciarsi trasportare dall'avventura mimetica in atto, sapendo di essere in un sogno alla terza potenza (ad ogni livello il tempo si dilata), ma sapendo anche di "vivere" un'emozione "sensibile". In questo, e per questo, Inception è uno dei tanti film post-moderni (anche se ormai sull'evoluzione attuale di questo termine ci sarebbe molto da discutere, ma questa è un'altra storia), perché lo sguardo sul film è soprattutto ludico (5) in quanto il senso estetico domina sul senso critico, e perché "[...] governato dal piacere della ri-creazione, che significa unione di gioco e citazione, di divertimento e deja-vu [...]" (6). Eppure in un film che pone il "sogno" in primo piano trascinandoci in un modo "irreale", chiedendoci allo stesso tempo di immaginarlo reale col sospendere il senso critico e/o etico, vi sono aspetti e stilemi che recuperano un modo di sentire più critico o, a seconda del punto di vista, superano l'impasse di un atteggiamento conoscitivo sospeso nel gioco e nel puro divertissement. Ed è curioso che Nolan abbia scelto (ma questi aspetti di superamento sono presenti anche in Memento, in The Prestige e nel Cavaliere Oscuro) (7) una sceneggiatura (ma teniamo conto che pensava a questo da molti anni) che predilige il mondo onirico e con esso il mondo della visione sensibile e, se il sogno diventa lucido, ludica.
Vediamo ad esempio la sequenza in cui Cobb insegna ad Ariadne a costruire l'intelaiatura dei sogni mentre si trovano in quella che sembra una via parigina seduti al tavolino di un bar. Consideriamo che Ariadne sta sognando senza rendersene conto e lo crede finché Cobb non le rivela la verità, trascinandola pertanto in un sogno lucido. Per renderla consapevole di vivere in un mondo onirico, le mostra l’esplosione “al rallentatore” di strade, oggetti e palazzi nello stesso istante in cui rimangono tranquillamente seduti senza subire danni, perché non si trovano nel mondo reale. In seguito Ariadne, camminando per le vie parigine, piega parte della città sovrapponendola alla parte che sta in basso; adesso sopra i tetti dei palazzi pullula la vita di un'altra città, una sorta di riflesso della Parigi onirica vista allo specchio. Ma nella rappresentazione onirica si tratta semplicemente del fatto che Ariadne ha piegato in due la città come si piega un lenzuolo su sé stesso. In questo spazio piegato la luce (ricordiamo che siamo in un sogno) non si attenua nonostante la "scomparsa" del cielo azzurro e inoltre è possibile varcare il confine ritrovandosi nella parte "superiore" della città stessa. In seguito Ariadne (adesso il cielo è "libero") tira a sé due porte a specchio che, dopo essere state aperte l'una di fronte all'altra, creano in tal modo un classico effetto Droste; infine solo dopo che Ariadne ha rotto gli specchi, ci accorgiamo di essere "entrati" in un paesaggio "reale", ossia nella passeggiata sotto la sopraelevata della metropolitana sul ponte Bir-Hakeim. In effetti in un primo momento durante la visione domina un senso di stupore e meraviglia nel rispetto di un reflusso manierista ormai tipico del cinema contemporaneo: città che si capovolge, paesaggi che si trasformano sotto i nostri occhi; ma è anche vero che il cinema post-moderno ci ha abituati a vedere simili trasformazioni, e non credo che "certe" sequenze costruite con la computer grafica (o anche con modellini in studio) possano da sole influenzare il gradimento di un pubblico abituato a un certo tipo di cinema. Piuttosto alcuni aspetti della sequenza tendono a dominare sull’idea di essere in un mondo onirico: in particolare la vita parigina dei bistrot e dei caffè, i suoi tetti caratteristici, la passeggiata (il meraviglioso che si trasforma nel reale) di Bir-Hakeim. I movimenti di macchina inoltre sono sufficientemente moderati nel senso che dominano campi e controcampi (Ariadne e Cobb seduti al bar) e brevi carrellate a seguire e a precedere (quando camminano per le strade di Parigi). Quindi, nonostante l'ambientazione onirica, i modi e i risultati delle riprese sono prettamente (diciamo per adesso) post-classicistiche. Non vi sono riprese da angolature particolari o riprese di macchina che portano lo sguardo in volo per le strade o cambi improvvisi e violenti di primi piani alternati a campi lunghissimi. Lo sguardo non accelera velocemente, dopo aver individuato i nostri eroi, da un campo lunghissimo "volando" velocissimo fin a mostrarci magari una lacrima in primissimo piano che esce da un occhio. Le riprese sono logiche nel senso che rispettano le leggi della “fisica” di un cinema più classico. Ovviamente questo non è sufficiente per definire Inception un film non post-moderno, perché gli stilemi di detto cinema ci sono tutti (e come sarebbe possibile oggi fare un passo indietro?), ma è anche curioso notare come il cinema di Nolan e in particolare Inception esprima una visione così legata all'effetto di reale, nel senso che lo straniamento slovskiano viene ottenuto non attraverso un modo di riprendere virtuosistico, ma tramite un'attenta ricostruzione del mondo "reale", con le sue strade e i suoi oggetti ben definiti e addirittura riconoscibili come luoghi del profilmico. Si potrebbe obiettare che la cura dei particolari si trova anche in tanto altro cinema postmoderno, anche in quello più dozzinale e di maniera, ma è anche vero che Nolan sembra porre l'attenzione su un modo di vivere la città che somiglia molto a quello del cinema moderno degli anni settanta. Questo non sempre viene evidenziato nel film, ma vedere un mondo determinato logicamente immerso in una narrazione debole con uno stile che a volte sembra superare lo stile mimetico-realista per approdare su lidi più autoriali-modernisti, la dice lunga sulle capacità di un autore che sembra intenzionato a superare l'impasse di un post-moderno ormai cooptato in un cinema sempre più surmoderno (8)

Il limbo

Il sogno dovrebbe acquisire la sua massima intensità nel limbo ossia il luogo in cui si può invecchiare pur rimanendo giovani (luogo dov'è possibile trascorrere una vita mentre il corpo dormiente rimane giovane nella sua alcova). Il limbo pare un luogo meraviglioso. Una spiaggia, le onde che carezzano la sabbia (o l’alta marea che s’infrange sulla scogliera dei palazzi che crollano), un uomo e una donna che si amano, il loro idillio, sono i più consumati luoghi comuni della storia non solo del cinema ma dell'immaginario collettivo, le più usuali e tipiche proiezioni che ciascuno di noi prima o poi ha sviluppato pensando a un mondo esotico e allo stesso tempo esoterico. Eppure questi semplici topoi dell'immaginario, oggi più che mai realizzabili nel mondo reale: un volo low cost, un bungalow a poche migliaia di euro per sette giorni ai Caraibi o a Papete e un'anima gemella da amare, sono oggi più o meno alla portata di tutti. In fondo il limbo più che un sogno potrebbe essere la rappresentazione di una realtà idealizzata, ossia un luogo esotico come punto d'arrivo di un viaggio organizzato in agenzia turistica senza la sua organizzazione preliminare (agenzia, biglietto aereo, carte d’imbarco, passaporti, ecc.). Detto questo non intendo banalizzare il livello estremo del mondo onirico creato da Nolan, piuttosto mettere in evidenza che in fondo la ricerca più profonda, più intensa, più onirica immaginabile, collimi con la semplicità di una vita slegata dal "logorio della vita moderna" (9). Il limbo è l'esotico idealizzato ma anche e sopratutto la ricerca di una soluzione indelebile, di una città personalizzata, ideale, ma anche usufruibile. Poiché non riusciamo più a connetterci con il mondo urbanizzato e disumanizzato, troppo distante e lontano dalla nostra natura più profonda, ci rifugiamo in un limbo dove poter liberamente realizzare la nostra idea di città. Ma la nostra personale città ideale risente degli influssi di una realtà meno appagante. La città del limbo, disabitata e senza auto, somiglia in maniera impressionante ad una metropoli (una sorta di Venezia surmoderna), la casa dei due amanti (Cobb e sua moglie Mal) è più “naturale”, più distante dal grattacielo tecnologico proiettato verso l’alto, ma ad ogni modo il mondo onirico del limbo ripete una certa fluidità come costante della vita contemporanea (perdita di ogni punto di riferimento, amore liquido, vaporoso, rapporti interpersonali ridotti ai minimi termini, precarietà come nuova religione economico-morale: lavoro, amore, famiglia, viaggio, locus, ambiente, idee, ecc.). Il limbo non è lo stadio più profondo del sogno, né il luogo più distante in cui sia giunto l’onironauta, ma è rappresentazione del bisogno di mondo dell’uomo perso e smarrito a caccia di un’eternità di tempo per recuperare il suo posto nella precarietà del reale. L’immagine del limbo di Nolan non è una vaporosa, artistica, evanescente immagine proiettata verso la conoscenza dell’inconscio o almeno verso anche una sua parziale percezione (vedi ad esempio il mondo onirico di Io ti salverò di Hitchcock in cui si trovano echi del cinema surrealista degli anni venti), ma la consapevole ricostruzione di un immaginario del quotidiano da cui non è possibile affrancarsi se non generando nuovi postulati, anche propedeutici, al fine di riformare un certo modo di “vivere” il cinema (e l’arte in generale) anche a costo di perdersi nell’eternità, senza possibilità di ritorno, in un luogo che è ormai simulacro della massificazione della società globalizzata. Se vedere significa anche un po’ conoscere e ricostruire con consapevolezza un percorso di conoscenza e interazione con l’arte, il cinema a cui Nolan sembra ambire è quello di una modernità a-surmoderna, una sorta di neorealismo al quadrato in cui per “quadrato” intendo l’andamento esponenziale di un “differente” modo di percepire il logorio continuo e inenarrabile del nostro inconscio.


(1) cfr. Vistor Šklovskij, L'arte come procedimento, Mosca 1929. Ho ripreso queste citazioni da: Luigi Rosiello, Letteratura e strutturalismo, Zanichelli Bologna 1974, p. 51.
(2) Ibid.
(3) Ivi, pp. 51-52
(4) Programmazione neuro linguistica.
(5) Cfr. Vincenzo Buccheri, Lo stile cinematografico, Carocci editore, Roma 2010. Interessante a proposito è la lettura del paragrafo "Tra moderno e postmoderno" (pp. 131-145).
(6) Ivi p. 144. Ho decontestualizzato la citazione di Buccheri riferita in particolare ad un paragone tra il cinema moderno rappresentato da Blow-up di Michelangelo Antonioni e quello post-moderno rappresentato da Blow-out di Brian De Palma. Intendo sottolineare che per me il primo è un capolavoro e il secondo un film di grande levatura, quindi due grandi film e pertanto il termine "ludico” non ha per me (come mi pare di aver capito non l'aveva neppure per Buccheri) una connotazione negativa. Mi sono solo servito di questa distinzione perché mi pare di avere scorto in Inception qualche "germe" di una "svolta" o, a seconda dei punti di vista, un "ritorno", di un cinema post-moderno che mi sembra in questi ultimi anni (ad esclusione di alcuni film di grandi registi) tenda ad atrofizzarsi.
(7) Per Memento e The Prestige mi riservo di rivedere i due film perché li ho visti una volta sola anni fa.
(8) cfr. Augé M., Non-liux, 1992, trad. it. di Rolland D., Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernità, Eléuthera, Milano.
(9) “Contro il logorio della vita moderna” era una celebre frase di una pubblicità dell’amaro Cynar reclamizzato in diversi spot televisivi (Carosello) negli anni sessanta interpretati da Ernesto Calindri..

8 commenti:

VP ha detto...

mi perdo un po' nella parte centrale (ma anche perché non m'interessa tanto il discorso sul post-moderno) :-D

premessa e limbo, invece, mi affascinano molto (soprattutto il secondo), ma ho ben poco (se non nulla) da poter replicare, perché la tua è un'attentissima analisi semiotica per la quale posso solo mostrare apprezzamento per come è esposta e leggerla con interesse

un saluto, in attesa della terza parte ;-)

Luciano ha detto...

@VP. Ti ringrazio (sempre molto gentile^^). Questa "analisi" comprende più che altro riflessioni su come potrebbe svilupparsi il cinema di Nolan. Ovviamente non posso prevederlo e inoltre solo Nolan è in grado di capire quali sono e saranno le sue "strategie artistiche", ma mi pare comunque di avere intravisto nel suo "idioletto" un modo di riprendere molto "vicino" a certo cinema "moderno" pur nell'ambito di un cinema contemporaneo distante anni luce dal modo di girare di registi della NV o ad esempio del New American Cinema. Solo supposizioni, ovviamente. Non so se queste mie sensazioni possano essere condivise o meno.

Un saluto^^

VP ha detto...

eh, ma riflessioni derivanti da riflessioni fatte sulle immagini, che anche se possono risultare non condivisibili, per quanto mi riguarda, è sempre un piacere leggerle :-D

Luciano ha detto...

@VP. E' per me un piacere avere una passione in comune con tanti blogger preparati e in gamba come te ;-)

Anonimo ha detto...

Interessantissima anche l'analisi della sequenza della spiegazione del mondo dei sogni, oltre a tutto il discorso sul post-moderno, formale e ideale.

Ale55andra

Luciano ha detto...

@Ale55andra. Mi fa piacere constatare che il mio lavoro su Inception ti abbia interessato. In effetti stavolta forse ho esagerato un po' in... lunghezza. Grazie^^

Anonimo ha detto...

Più che un film che parla, riflette e tematizza il cinema mi sembra un film che si occupa del videogioco che è accennato anche da te: il sogno/videogioco è condiviso, si costruisce su livelli, c'è sempre da affrontare un dispiegamento di gente che ti vuol fare fuori per non andare avanti (in ogni buon videogioco non imbelle c'è da sparare addosso a qualcuno che ti vuole far fuori), gli scenari nei diversi livelli cambiano, ma c'è sempre la stanza d'albergo e l'albergo in genere, lo scantinato, l'esotismo sino/giapponese, l'agguato ad una fortezza possibilmente sulla neve (io ne ho giocati parecchi così), c'è sempre un segreto/pozione/chiave/foglio/oggetto magico chiuso dentro una cassaforte, e quando pensi che sia finito, ecco un livello suppletivo.. Insomma, tutto il possibile che è sempre contenuto dentro un videogioco. Spesso c'è anche la maliarda e, soprattutto, prima di cominciare a giocare, ci sono le istruzioni, ossia per giocare veramente si deve sempre partire alla pari con il gioco in sé, bisogna avere gli strumenti per giocare. E’ questo il senso del ludico che vedo in questo film e che condivido con la tua visione: il gioco è teatro, cinema in questo caso, infatti in inglese play è “multisematico”, quando si gioca, si pensi al mondo dei bambini, si mette in scena un mondo, costruendolo, “strutturandolo”, assumendo un ruolo, serissimo, nell’ambito del gioco stesso. Interessante l’idea dell’immaginario di massa che si riflette in questi sogni di Nolan, ma è proprio lì il senso della struttura onirica di Inception, è lo stesso senso che governa i videogiochi, per altro fortunatissimi nel mondo di oggi: un gusto massificato da immaginario condivisibile in cui il centro della frase è condividere, includere.
Però molto divertente

Luciano ha detto...

@Anonimo. Infatti l’aspetto ludico è tipico di certo cinema post-moderno e la struttura narrativa di Inception non trasgredisce la regola. Ciò che affermi è senz’altro condivisibile. Ciò che mi ha colpito è il tentativo di formalizzare un “modo” più critico (diciamo “meno per gioco”) di vedere e ri-costruire il film nella mente. E spero che Nolan continui su questa strada. Tra l’altro concordo con il fatto che sia tutto molto divertente.