La poesia non è la prosa o per lo meno non è ciò che intendiamo per prosa relativamente ad un certo standard di un certo periodo storico-culturale. Intendo dire che il concetto di poesia intesa come non-prosa o mezzo artistico contrapposto al racconto (o al romanzo) è relativo all’umore del pubblico di un certo periodo storico, perché in fondo la funzione poetica è rintracciabile in qualsiasi tipo di comunicazione(1). Ormai le canoniche sei funzioni della lingua (2) rendono bene l’idea (anche se in modo schematico) di come funzioni il linguaggio. Pertanto potremmo affermare che nella poesia la funzione poetica è predominante (3) e in pratica mette in mostra il suo stesso formarsi, evidenzia il principio di costruzione. Se è semplice intuire questo relativamente alla poesia “classica” (sonetto, canzone, madrigale, terzina dantesca, ecc.) in cui il ritmo è dettato soprattutto dalla rima di fine verso (baciata, alternata, incrociata, replicata, incatenata, ecc.) o da una certa posizione dell’ictus all’interno del verso (soprattutto nell’endecasillabo e nel settenario) o dallo stesso tipo di verso (ottonario, decasillabo, settenario, novenario, endecasillabo, ecc.) che deve rispettare certe regole ad esempio per scandire la sua lunghezza tramite metaplasmi (aferesi, apocope, sincope, sineresi, protesi, dieresi, rima, allitterazione, assonanza, ecc.), ciò non è comprensibile del tutto per la poesia “moderna” (verso libero). Sembra infatti che certa poesia “moderna” non rispetti affatto le “regole” di composizione somigliando sempre più ad una prosa “scritta a mo’ di poesia” (vedi ad esempio la raccolta di Pavese, Lavorare stanca). Eppure se leggo una poesia di Pavese (o di Ungaretti o di Caproni o della Merini) nessuno si permetterebbe di farmi notare che sto leggendo “prosa scritta a mo’ di poesia”. Perché allora mi ostino a leggere una poesia senza mettere in discussione il suo status di poesia? Se facessi leggere un componimento odierno a un lettore del Cinquecento costui affermerebbe indignato che questo componimento non merita dignità di poesia anche se pessima. Se invece scrivessi un sonetto (anche se molti poeti si cimentano in questa ardua prova) affermando di avere composto una poesia canonica e pretendessi di affermare la sua superiorità rispetto a un componimento di Ungaretti, sarei preso per presuntuoso se non per pazzo. Un’opera d’arte attraversa i secoli trasformandosi nel gusto del suo pubblico nonostante il pubblico contemporaneo debba tener conto della sua storicizzazione (ovviamente nessuno oserebbe affermare che Dante scriveva robaccia perché oggi non è attuale). Mi sento di affermare che in una poesia “prosastica” odierna la funzione poetica può essere predominante e ciò che prima era sentito come “racconto” vicino alla lingua parlata oggi può essere sentito come luogo ineludibile della poesia (4). La narrazione “incassata” (5) o ad “arborescenza” (6) di INLAND potrebbe essere la storia di un racconto futuro non nel senso di racconto che evoca episodi di vita ambientata nel futuro (e chi ha visto il film sa benissimo che non è così) ma di una “poesia” odierna che sarà poi un racconto. Lo sarà se il pubblico sarà un altro pubblico e vivrà la narrazione non come un fiume che trascina le acque dal monte al mare, ma come una faglia fratturata da altri eventi, profonda e/o superficiale, intelligibile e/o difficilmente rilevabile, faglia invasa da acque, occupata da pozzi artesiani, attraversata da altri strati, interrotta, ricomposta. Limitandomi al livello semantico del significante e dopo un’attenta osservazione della sinossi (dal punto di vista del contenuto) ritengo di affermare che in INLAND si hanno continui spostamenti di significato delle sequenze nonché una originale combinazione del loro significato. Questa traslazione continua e questa combinazione di significati amplificano le potenzialità connotative del testo/film. Mi limiterò ad alcuni esempi, ma sarebbe interessante approfondire la ricerca per vedere come funziona questo surplus di significanza e come questa significanza si innesta nelle fratture di mondi proposte dal film ed elaborate dal pubblico.
Ad esempio la Donna Reclusa che guarda la tv dove scorrono le immagini del film, potrebbe essere un simulacro di pubblico ideale che si appassiona alla storia, che si immedesima negli eventi. La vediamo nella sequenza quattro (1) mentre sta assistendo ad un programma con conigli antropomorfi. Secondo le regole canoniche del cinema classico il desiderio motivato di un certo tipo di pubblico (che definirei pubblico canonico) pretende un approfondimento delle immagini. E infatti nella sequenza successiva, la cinque, Lynch mostra uno spezzone della sit-com Rabbits (7). Il rapporto tra Donna Reclusa e Rabbits è molto stretto in quanto all’interno della sequenza vi sono quattro stacchi che mostrano la Donna Reclusa piangente. Sta sempre vedendo Rabbits in tv? E se sta assistendo ad una commedia divertente (il pubblico canonico lo capisce dalle risate registrate), perché piange? Rivediamo la donna nella sequenza 31. Nella precedente Nikki-Sue è appena entrata nella Smithee House dopo essere fuggita (seq. 29) dal set non ancora completato in cui lei stessa stava provando con Devon una scena del film On High in Blue Tomorrows seduta ad un tavolo appunto con Devon, con il regista Kingsley e Freddie. Fuggendo alla vista di un altro spazio-tempo Nikki si ritrova nella Smithee House. La sequenza 30 è un surplus di effetti che sembrano causati dall’assenza di punti di riferimento (trasformazioni repentine nel spazio-tempo pur mostrando lo stesso luogo ossia la stanza col divano, le poltrone e i tavolini). Qui è il luogo che rappresenta altri eventi, è come un rifugio nel pensiero. Ma non mi interessa entrare nella Smithee House, bensì cercare di scorgere il “momento” in cui riappare la Donna Reclusa. Vagando nella casa Sue ha molte visioni (il marito Billy, un gruppo di prostitute) poi si trova in una strada innevata. Dopo la visione di un apparecchio a disco (lo stesso della seq. 2) vediamo ancora la Donna Reclusa, quindi le prostitute chiedono a Sue di indossare un orologio e bucare un tessuto di seta. Dopo averlo fatto sembra che Sue si ritrovi nella stanza con le prostitute, ma guardando oltre la finestra della stanza notiamo un palazzo che non ha niente a che fare con la Smithee House. La Donna Reclusa riappare nella sequenza 35. Nella precedente il pubblico canonico ha assistito alla discussione in polacco tra un uomo e una donna (ci troviamo in Polonia?). Durante il litigio l’uomo ha cominciato a picchiare la donna. Sembra che il pianto della Donna Reclusa sia rivolto alle scene di violenza appena viste in tv. Il suo sguardo non è più orientato verso la sit-com Rabbits e adesso il pubblico canonico recepisce meglio e ricostruisce perfettamente il senso delle sue lacrime (piange perché l’uomo ha picchiato la donna?). Eppure nella sequenza che segue il coniglio maschio appare come uno spettro. Nella sequenza 49, in un’ambientazione polacca, rivediamo l’uomo che incrocia una donna per strada. I due parlano di un omicidio e in effetti c’è uno stacco su un uomo assassinato. La Donna Reclusa che vediamo in seguito sembra piangere per l’avvenuto omicidio: seguendo l’orientamento di un pubblico canonico è logico che lo spettatore si commuova per un evento tanto drammatico. Nella 50 ci troviamo nel giardino della Smithee House. Sequenza 70: terminato il film On High in Blue Tomorrows con la morte di Sue, Nikki esce dallo stage 4 e vede la Donna Reclusa che a sua volta la vede in tv. Nella 71 sempre Rabbits. 72: Nikki è sul set di Rabbits. 73: la Donna Reclusa vede delle donne che escono da camere di albergo poi sullo schermo vede se stessa e sempre sullo schermo, “vediamo” in effetto Droste il suo incontro con Nikki. Mentre le due donne si stanno safficamente baciando, Nikki svanisce come in una dissolvenza. La Donna Reclusa vede in tv marito e figlio entrare nella Smithee House, quindi esce dalla stanza e si ricongiunge alla famiglia. Ovviamente il film va “digerito” nella sua totalità come accade per una poesia e inoltre gli aspetti sono talmente tanti che il “personaggio” della Donna Reclusa non è la chiave per decifrare o comprendere il film come una rima o una analogia non sono la chiave per comprendere una poesia. Qui mi interessa solo evidenziare alcune caratteristiche relative al rapporto tra la Donna Reclusa e altri attanti. Riporto di seguito una rozza sinossi della situazione relativa agli aspetti sintagmatici riguardo la Donna Reclusa (8):
Seq. | Attante | Azione | Emozioni |
4 | Donna Reclusa | Vede spezzoni di immagini relative all’arrivo della Vicina di cui alla seq. 7. Vede Rabbits in tv | Piange |
5 | Rabbits | Sit com in corso. Entra coniglio maschio. Applausi registrati di un pubblico fittizio. | |
5 | Stacchi Donna Reclusa in Rabbits | sit-com in corso | La Donna reclusa piange |
30 | Sue nella Smithee House | Impatto extra spazio-temporale nella Smithee House | È preoccupata, spaventata |
31 | Sue ha delle visioni | Vede il marito, parla con delle prostitute nella Smithee House, poi si trova in una strada innevata | Nervosa, angosciata |
31 | Donna Reclusa | Ha visto su nella Smithee House e sulla strada innevata e vede il volto di Sue riflesso sull’apparecchio discoidale? | Piange |
31 | Volti di Sue e Prostitute riflessi sull’apparecchio discoidale. | Le prostitute dicono a Sue di bucare la seta e guardare attraverso il buco. Sue esegue bucando il tessuto. | Sue è sconvolta |
34 | Polonia. Uomo e donna | Discutono. L’uomo picchia la donna | La donna polacca urla |
35 | Donna Reclusa | Sembra aver visto in tv le violenze dell’uomo sulla donna. | Piange |
36 | Rabbits | Durante una cerimonia il coniglio maschio appare spettrale | |
49 | Uomo e donna si incontrano in ambiente polacco. | Parlano di un omicidio | L'orrore della donna |
49 | Un uomo coi baffi assassinato | ||
49 | Donna Reclusa | Sembra vedere l'uomo ucciso | Piange |
50 | Giardino della Smithee House. Marito di Sue con artisti polacchi. | Il marito conferma a Sue che vuole lavorare con loro. Si occuperà degli animali. | Lo stupore di Sue |
70 | Sue muore. Il film è finito. | Nikki esce dallo stage quindi ha una visione della Donna Reclusa la quale nello stesso momento sta vedendo Nikki in tv. | Nikki pare più stupita che sconvolta |
70 | Donna Reclusa | Vede Nikki in tv | Piange |
71 | Rabbits | ||
72 | Nikki | Si trova sul set vuoto di Rabbits | |
73 | Donna Reclusa | Vede alcune donne che escono dalla camera verde. Vede se stessa (“vediamo” alla tv la Donna Reclusa che vede se stessa in tv), vediamo sempre il suo incontro con Nikki. Le due donne si baciano. Nikki svanisce come in una dissolvenza mentre sta baciando la donna. | Senso di serenità |
74 | Donna Reclusa | Vede il marito e il figlio entrare nella Smithee House, esce dalla stanza e si ricongiunge alla famiglia | Pare serena. Sorride. È felice nell’abbracciare marito e figlio |
74 | Nikki | Sul set di Rabbits |
Pur con le notevoli carenze dovute ad una empirica analisi relativa ad un unico aspetto del film (Donna Reclusa) mi permetto di constatare che le sequenze “lette” come versi di una poesia riportano un parallelismo tra Donna reclusa e Rabbits. Quattro apparizioni della Donna Reclusa su sette sono seguite dalla sit-com Rabbits. Nella sequenza 5 la Donna interagisce con la sit-com attraverso il pianto o meglio forse piange perché è reclusa e non interagisce con l’intreccio, ma piange solamente perché Rabbits è un evento esterno al film (una serie di cortometraggi girati da Lynch). Il pubblico canonico vede e rivede il sequel e segue non solo l’episodio in onda ma ricorda e rielabora quelli già visti e Rabbits “potrebbe” contenere l’orrore del già visto che cresce nel mondo della Donna Reclusa. Donna Reclusa e Rabbits formano un’alternanza di rime, un rapporto sintagmatico per un pubblico canonico (per questo i rapporti tra la Donna Reclusa e Rabbits risultano poco comprensibili e si tende a collegare il pianto della Donna Reclusa con eventi più intelligibili quali violenze e omicidi), ma anche un rapporto paradigmatico per un pubblico futuro (un pubblico che potrà forse vedere il film quando la narrazione avrà spiccato il suo volo terminale), nel senso che le immagini non intervengono solo sul piano del racconto (inteso come evento riconoscibile da un pubblico canonico), ma su quello dell’iconico. Gli scarti della narrazione crescono e formano “pezzi” di ritmo, che somigliano molto al desiderio di vedere realizzata una forma. È come quando il nostro sguardo distratto si sofferma sul casuale comporsi e contrapporsi di certi cromatismi: ad esempio quando su una panchina vediamo seduti due sconosciuti vestiti con abiti di identici colori (magari camicia bianca e pantaloni blu lui e camicia blu e pantaloni bianchi lei). Il caso forma un equilibrio cromatico elaborato dalla nostra mente come principio costruttore di senso e lo stupore ne è il risultato immediato. Sull’asse sintagmatico la Donna reclusa non ha punti in comune con Rabbits (almeno nelle seq. 35/36, 70/71, 73-74 pare non seguire neanche la sit-com) se non un banale rapporto pubblico/tv, ma sull’asse paradigmatico si forma un connubio, un ritmo che, legato ad altre “unioni” (e sono tante nel film), forma e sviluppa poesia. Però lo sguardo tende a collegare sequenze che precedono a sequenze che susseguono e in questo caso nelle seq. 34/35 69/70 48/49 30/31 la Donna Reclusa sembra piangere per episodi o formazioni di violenza; cresce e si alimenta anche un rapporto con Sue, perché nelle sequenze 30/31 e 34/35 la Donna reclusa pare commuoversi nell’apprendere le esperienze negative di Sue. Scoprire poi che Sue è morta nella finzione ma viva nel mondo (Nikki) ci conduce alle sequenze 69/70 in cui Nikki e la Donna Reclusa si baciano. Allora la Donna reclusa è allo stesso tempo pubblico canonico che segue storie nel diegetico, pubblico che si libera della storia rientrando dalla prigionia (della stanza) e ritornando nel mondo (incontri) e allo stesso tempo “istanza plastica” che contribuisce a formare (collegato ad altre istanze) un ritmo che definirei “embrayato” (9). Ciò che è impossibile nel racconto (la scrittura smarrisce il mondo nel momento in cui lo descrive: debrayage) diventa possibile quando la situazione dell’enunciazione (irrimediabilmente perduta) viene resuscitata come “simulacro” (la Donna Reclusa?), come situazione che c’è stata e che posso immaginare. Tramite le rime e le figure dell’enunciazione la poesia restituisce l’opacità dell’immagine in quanto un’immagine ci dice di essere sempre un’immagine.
(1) «[...] lo studio linguistico della funzione poetica deve oltrepassare i limiti della poesia, e, d'altra parte, l'analisi linguistica della poesia non può limitarsi alla funzione poetica». Roman Jakobson, Saggi di linguistica generale, Feltrinelli, Milano, 2002, p. 191.
(2) Emotiva, referenziale, conativa, fàtica, metalingustica, poetica. Cfr. Jakobson, ibid.
(3) Ivi, p. 193.
(4) Cfr. Jurij M. Lotman, Elementi e livelli della paradigmatica del testo artistico. Prosa e poesia in La struttura del testo poetico, Mursia, Milano, 1972, pp. 120-131.
(5) cfr. Pierluigi Basso Fossali, "Tana libera tutti". Note su INLAND EMPIRE (2006) in Interpretazione fra mondi. Il pensiero figurale di David Lynch, Edizioni ETS, Pisa, 2006, pp.473-528.
(6) cfr. Andra Bellavita, INLAND EMPIRE, in Paolo Bertetto, David Lynch, Marsilio, Venezia, 2008, pp. 127-144.
(7) Rabbits è una serie di otto cortometraggi (2002).
(8) Per la numerazione delle sequenze ho fatto riferimento al quadro sinottico che si trova in appendice del volume di Fossali (pp. 523-528).
(9) Il débrayage è l’espulsione dall’enunciato dell’istanza enunciativa. La situazione dell’enunciazione è irrimediabilmente perduta nel momento in cui fisso una situazione in un testo. Questa situazione inserita in un testo è ormai irrimediabilmente perduta e se ne può solo fornire un simulacro. L’embrayage può solo fare riferimento alla situazione ormai persa, producendo un’immagine, un simulacro.
(2) Emotiva, referenziale, conativa, fàtica, metalingustica, poetica. Cfr. Jakobson, ibid.
(3) Ivi, p. 193.
(4) Cfr. Jurij M. Lotman, Elementi e livelli della paradigmatica del testo artistico. Prosa e poesia in La struttura del testo poetico, Mursia, Milano, 1972, pp. 120-131.
(5) cfr. Pierluigi Basso Fossali, "Tana libera tutti". Note su INLAND EMPIRE (2006) in Interpretazione fra mondi. Il pensiero figurale di David Lynch, Edizioni ETS, Pisa, 2006, pp.473-528.
(6) cfr. Andra Bellavita, INLAND EMPIRE, in Paolo Bertetto, David Lynch, Marsilio, Venezia, 2008, pp. 127-144.
(7) Rabbits è una serie di otto cortometraggi (2002).
(8) Per la numerazione delle sequenze ho fatto riferimento al quadro sinottico che si trova in appendice del volume di Fossali (pp. 523-528).
(9) Il débrayage è l’espulsione dall’enunciato dell’istanza enunciativa. La situazione dell’enunciazione è irrimediabilmente perduta nel momento in cui fisso una situazione in un testo. Questa situazione inserita in un testo è ormai irrimediabilmente perduta e se ne può solo fornire un simulacro. L’embrayage può solo fare riferimento alla situazione ormai persa, producendo un’immagine, un simulacro.
13 commenti:
ho seguito tutto il viaggio e giunto in fondo ho dovuto prender fiato, ma ne è valsa la fatica. Ti scrissi mesi fa raccontando delle mie sensazioni a "pelle" che il film mi procurò. Mi hai dato motivo di ricredermi. Ciò che continuo a chiedermi è se questa splendida dissezione dell'operato di Lynch fosse, concedimi il termine, voluto dall'autore, oppure l'interpretazione e l'approfondimento come mi dissi tu rispondendo al mio intervento,a proposito della metafora del pane, se dissezionata assume connotati molto più affascinanti ed emozionanti del fatto stesso. Uso un analogia molto semplice. A volte preferisco ascoltare i resoconti di un mio caro amico, su fatti a lui accaduti essendo lui abile oratore, che viverli di persona. Quale che il fatto stesso, privo del colore dell'entusiasmo lo renda meno appagante. Comunque, qualsiasi sia lo stratagemma utilizzato, seguendo questo tuo impervio percorso di comprensione, come mi dissi tempo fa, lo sforzo stesso del percorso porta ad una vero piacere. Grazie di tutti gli stimoli alla riflessione che hai regalato. A presto rileggerti spero
@Michael. Sapere che hai seguito questi miei lunghissimi (e noiosi) post su INLAND non può farmi che piacere. Ma non era mia intenzione farti cambiare idea. Le tue osservazioni sono per me molto interessanti e pregne di spunti per ulteriori riflessioni. Capisco quali siano le tue riserve e certamente ognuno interpreta l'opera d'arte in base alle proprie inclinazioni, esperienze e cultura. In effetti non so quali siano le intenzioni di Lynch e se intenda o meno intraprendere un percorso impervio e pieno di difficoltà nel tentativo di creare un nuovo mondo di vedere le cose, ma ritengo che comunque qualcosa di particolare e originale sia balenato nella sua mente. A presto e grazie per la fiducia^^
Il ragionamento non mi torna.
Il fatto che il "racconto" si sia trasformato in poesia non implica affatto che la "poesia" di oggi possa trasformarsi in racconto.
Anzi semmai è vero proprio il contrario, la mancanza di struttura non è una questione di punti di vista, così come non lo è il legame tra causa ed effetto.
Questa attenzione più che approfondita ad un unico elemento della pellicola, la Donna Reclusa, mi dà la sensazione che ciascun elemento della pellicola, in realtà, come dimostrano del resto i tuoi post precedenti, è dotato di importanza capitale. Il che rende la pellicola stessa, nella sua totalità, oltremodo interessante e suggesstiva. Prima o poi troverò tre ore di tempo per perdermi completamente in INLAND EMPIRE. Nel frattempo ti ringrazio per la straordinaria attenzione con la quale l'hai guardato e ce l'hai proposto.
Ale55andra
@Martin. Ovviamente ho sottolineato la grossolanità del mio discorso, dovuta al fatto che un blog non è "luogo" ideale per sviluppare un ragionamento speculativo ricco anche di esempi e di un'analisi semiotica di alta qualità (ammesso che il sottoscritto sia in grado di attuarla). Mi limito a semplificare al massimo il mio ragionamento. Una lettura "sintagmatica" del film che sviluppa "narrazione" è in fondo una convenzione (si dice e si suppone che sia stato Griffith a dare il contributo più grande al linguaggio cinematografico). Questo è stato ottenuto con difficoltà (i primi spettatori faticavano a collegare le inquadrature) ma è stato un lavoro notevole, Griffith ha creato le regole, ecc.ecc. Però ritengo che l'arte (non entro nel merito dell'intrattenimento) non debba e non possa farsi limitare dalle regole. La poesia secondo me è la massima espressione artistica perché possiede un alto grado di funzione poetica. Ciò che ieri era percepito come "poetico" (rima, verso, ecc.) oggi dà quasi un senso di fastidio e quando leggiamo ad esempio poesie antiche dobbiamo storicizzare e contestualizzare. Se oggi qualcuno scrivesse la Divina Commedia non credo sarebbe da annoverare tra i più grandi poeti di tutti i tempi. La poesia contemporanea (ma non tutta, per fortuna) sembrerebbe un "racconto" messo in versi, ma è chiaro che il "ritmo" segua altre strade (allitterazioni, onomatopee, rime interne, ecc.). Non può essere che ciò che oggi è percepito come "struttura poetica" (secondo me INLAND è strutturato, almeno dal punto di vista della significanza, anche come una poesia) domani (non grazie a INLAND ma sopratutto grazie ad una evoluzione del lettore o forse involuzione per molti amanti del rispecchiamento di stampo lukácsiano che come sai personalmente non condivido in quanto mio limite precipuo), dicevo, domani non possa essere sentito o, meglio, letto come narrazione? Se la lingua cambia e si trasforma nei secoli (probabilmente legata alla conformazione mentale dei parlanti) perché questo non potrebbe accadere per un modello "narrativo" alla INLAND? Modello narrativo che oggi è percepito come astruso da molti, come racconto ipernarrativo da altri e come struttura poetica da me (e spero di non essere l'unico). Se per "mancanza di struttura" ti riferisci a INLAND secondo me è vero il contrario: il film possiede una robusta struttura un po' come accade per l'Ulisse di Joyce (scusami se cito un romanzo). Per quanto riguarda il legame causa-effetto sai meglio di me che ci troviamo di fronte a un concetto molto complesso sul quale c'è stato (almeno da Hume in poi) ed è tuttora in corso un dibattito che sinceramente non ho approfondito.
@Ale55andra. In effetti ritengo che il film sia una fucina di suggestioni e di discussioni. Ogni sequenza, ogni immagine, ogni minimo aspetto (dai volti, agli oggetti, dai colori ai movimenti di macchina) è un "mondo" che si apre davanti al nostro sguardo e al nostro modo di percepire e ragionare, è un universo fertile di conoscenza, è la preghiera di non aver paura del mistero stesso che accompagna la conoscenza, è un tuffo nel vuoto. Grazie a te per la pazienza di avere letto 6 lunghi e noiosi post^^
Il blog più talentuoso che abbia mai visitato.
Ogni tanto la Noia piega la volontà di leggerti, come se alcuni slanci fossero preclusi a certi tuoi passaggi, questo bisogna riconoscerlo. In genere hai dei buoni "attacchi", come un soprano che prenda sempre la prima nota in maniera impeccabile. Mi sembra che neanche tu abbia le chiavi del laboratorio cerebrale di Lynch, ma ci vai molto vicino.
Almeno credo.
Ci sono, oltre ad alcnuni pedissequi richiami intellettualoidi, alcuni passaggi divertentissimi, la fredda ironia del tuo amico di fronte al "frigorifero americano", per esempio, è una trovata quasi comica.
Senza contare che devi aver dedicato moltissimo tempo a Inland.
Nunc plaudite omnes.
@Cotone. Ti ringrazio, sei molto gentile. Ti capisco per la noia, non è facile esprimere certi concetti coniugandoli con una scittura effervescente e divertente. Ci provo ma a volte "inciampo" in trappole linguistiche che effettivamente affaticano la lettura. Di sicuro non ho "le chiavi del laboratorio cerebrale di Lynch" e forse neppure lui le ha, ma probabilmente ha in testa una strategia; poi, si sa, l'arte ti prende la mano e spesso il prodotto finito produce effetti non previsti. Per i "richiami intellettualoidi" mi dispiace. Giuro che non è mia intenzione giocare a fare l'intellettuale e se invece la lettura ti ha portato a fare simili congetture significa che devo stare più attento. In effetti ho dedicato molto tempo alla visione del film (molte volte) e alla ricerca delle fonti. Al contrario le sei recensioni non mi hanno occupato più di tanto. Grazie di nuovo e spero di passare molto presto a visitare il tuo blog.
@Sacco. Ho provveduto a linkarti ;)
Scusa per il ritardo. Grazie.
Rispondo solo ora e ti ringrazio per il chiarimento (almeno un poco) chiarificatore.
Come giustamente sottolinei sarebbe necessaria una lunga discussione per riuscire a scalfire la complessità degli argomenti tirati in ballo.
Un verso del Petrarca
"Fior, frondi, erbe, ombre,antri, onde,aure soavi" soleva mandare in visibilio i cinquecentisti.
Chi di noi moderni è capace di vedere in quel verso ciò che ci vedevano nel '500? (Mario Praz 1948)
@Martin. Come vedi anch'io incontro grandi difficoltà persino nel rispondere a un commento (mi collego sempre più raramente). Sì in effetti sono argomenti interessanti che meriterebbero un'altra sede. Ma i tuoi interventi sono sempre stimolanti e fecondi.
@Ivan Fedorovic. Sono perfettamente d'accordo e la tua citazione chiarisce benissimo ciò che ho inteso dire nella prima parte del post. A presto!
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