24 ottobre 2007

Angel (François Ozon, 2007)

L’amore impossibile di Angel per Esmé, nonché la perdita dell’amato che si arruola per recarsi al fronte, ci portano dentro il cuore stesso del Melodramma. Ma a guardare bene Angel non ha mai posseduto l’amato, perché non ricambiata. Esmé l’ha sempre tradita: prima della guerra, ma anche dopo, nonostante la grave ferita subita al fronte che l’ha reso un invalido. Com’è possibile allora perdere una cosa che non si è mai posseduta? La storia sembra un “normale” racconto di tradimento, con una lei che soffre (ma poi mica tanto) e un lui che la tradisce (ma che invece al contrario sembra soffrire per la sua incapacità di amare e di essere pertanto non un marito ma un mantenuto). La perdita dell’oggetto (altra caratteristica del melodramma) non è inoltre molto evidente. Gli oggetti che riportano alla mente Esmé sono i suoi anacronistici quadri, oppure Esmé stesso o le sue lettere. Angel soffre per amore, desidera riavere comunque e sempre il marito, e dedicargli la sua anima anche dopo la morte. Racconta a un giornalista che Esmé non si è impiccato ma è morto per un infarto. Pur “sapendo” che il marito è un gigolò ogni volta lo accoglie nella sua casa. Un melodramma? Certamente sì, ma c’è qualcosa che non sono riuscito a percepire a fondo (dovrei rivedere (!) il film tra un po’ e almeno altre due o tre o quattro volte). La captatio benevolentiae di questo melodramma insomma con me ha funzionato diversamente, perché non ho trovato lo scarto tra soggetto desiderante e oggetto del desiderio. Dov’è la ricerca dell’amore perduto? Forse un tentativo c’è, tentativo che si riduce a una breve conversazione a tavola, quando Angel, colta da improvviso attacco di pacifismo, da una repulsione innata per la guerra (ma forse anche dal timore della perdita), cerca di trattenere il marito nello stesso momento in cui il mondo (che ha sempre respinto Esmé e la sua arte) riconosce il coraggio del pittore che lascia la comoda tenuta di Paradise per la dura vita di trincea. La perdita del marito inoltre non porta direttamente all’epilogo finale. Perché forse non è una mancanza? Cosa manca ad Angel? Dopo il suicidio l’oggetto dell’amore e del desiderio viene sostituito dalla “memoria” che deve essere esemplare. Angel si sente in obbligo di far conoscere al mondo i quadri di Esmé (che non ha mai apprezzato) per trasformarlo nell’artista famoso che non è mai stato. La vera perdita, la mancanza che Angel ha sempre cercato, metafora dell’oggetto impossibile da avere, è almeno un’apparenza di amore non ricambiato. Pertanto la scoperta dell’anti-oggetto (una lettera di una rivale per la quale Esmé si è ucciso?) distrugge quell’apparenza. Adesso il “melodramma” può sfogare il suo epilogo tragico. Secondo me il film è soprattutto la storia di un amore, di una passione per l’arte. L’oggetto del desiderio è la letteratura, scrivere storie d’amore tragiche, raccontare il melodramma; il melodramma sta tutto nell’amore per il melodramma stesso. La passione di Angel è tutta nella sua ascesa al successo, nella sua caparbietà e nei suoi coiti e orgasmi ottenuti nell’atto stesso di scrivere. Il melodramma è la scrittura stessa e l’oggetto di questo melodramma sono i fogli (luoghi dell’arte) dove scorre l’inchiostro. L’amore per la scrittura è simboleggiato dall’immagine di Angel nuda inquadrata dal dietro mentre, seduta a una scrivania, “butta giù” il nuovo romanzo allo scopo di pagare i debiti del marito: dopo una notte di sesso (forse unico caso di coiti andato a buon fine) “tradisce” l’amato con un orgasmo ancor più intenso: il suo vero amore è la scrittura. Esmé è piuttosto l’ostacolo che le impedirà di “sposarsi” definitivamente con la sua arte, sì da mantenerla viva nell’immaginario collettivo del suo pubblico. Il film è un melodramma di immagini e colori, è melodramma proprio nel momento in cui mostra i gesti esagerati, i movimenti da diva di Angel, le sue reazioni spinte fino al limite, e la sua eccitazione sessuale verso ogni cosa, la morbosità con cui interagisce con il mondo. Angel ama circondarsi di belle cose (mobili, tappeti, gioielli, vestiti, mariti, gatti stupendi e colorati che sottolineano le vari fasi della sua vita e il suo umore), ma non ama l’arte in sé, la profondità stessa della bellezza, che è tutta nel suo ritratto, dipinto da Esmé, ritenuto orribile dal pubblico coevo. Il film è anche una riflessione sull’arte, sul concetto di bello che cambia con i tempi e del rapporto tra l’arte e il suo pubblico, rapporto anch’esso che cambia con i tempi. Così la sua opera, tanto amata agli albori del XX secolo, non lo sarà più vent’anni dopo, mentre i quadri di Esmé, tanto vilipesi vent’anni prima, cominceranno ad essere apprezzati in seguito. Il film è forse una speranza, un augurio che nasca un nuovo tipo di melodramma, non più legato alla perdita di un amore contrastato e perduto, ma alla perdita di un mondo che sembrava catalogabile e concreto, e che sappiamo al contrario essere inconciliabile ed impalpabile; un mondo che sappiamo essere un melodramma di immagini e colori ormai perduto e impossibile da scorgere nella profondità dei fotogrammi; cecità visiva che ci porta direttamente al tragico epilogo: l’impalpabile leggerezza dell’essere(1).

(1). Quest’ultima frase ricorda casualmente il libro di Milan Kundera L’insostenibile leggerezza dell’essere

21 commenti:

domenico ha detto...

sempre stupende le tue analisi
applausi scroscianti per le ultime 5 righe
finalmente qualcuno che si soffermi anche sul personaggio "Esmé"!

Luciano ha detto...

Grazie Honeyboy. Sempre troppo gentile. ^_-
A presto.

Christian ha detto...

Fra l'altro non a caso il cambiamento del rapporto fra l'arte (il bello) e il suo pubblico avviene con la Prima Guerra Mondiale, che ha costituito uno spartiacque fra due epoche forse anche più della Seconda. Un gran bel film, comunque, anche se la mia lettura piega più sulla dicotomia sogno/realtà rispetto alla tua.

Luciano ha detto...

Acuta osservazione, la seconda guerra mondiale come spartiacque fra due epoche come sostenuto anche dallo storico inglese Eric Hobsmawn che considera il XX secolo il "Secolo breve" 1914-1991 (I guerra mondiale- crollo Unione sovietica). Non ci avevo pewnsato. Grazie Christian. Ho letto la tua recensione è mi è piaciuta. A presto.

chimy ha detto...

Bellissima analisi (come sempre del resto) x un film che si presta molto a profonde (e non immediate) riflessioni... anch'io ho trovato molto significativa la scena con Angel nuda, girata di spalle, che scrive. Come giustamente dici, l'orgasmo più intenso...
Un saluto, a presto

Anonimo ha detto...

Ottima riflessine che riesco a cogliere maggiormente questa volta avendo visto il film.

Anonimo ha detto...

Io continuo a dissociarmi invece:-)))Per me visivamente è un film di serie C.
MrDAVIS

Luciano ha detto...

@Chimy. Sì, in effetti è un'immagine che va oltre i canoni classici dell'erotismo. Decontestualizzata, forse non avrebbe una così forte valenza, ma nel contesto acquista connotati altamente erotici. Grazie. A presto.

@Delirio. Grazie, molto gentile. Hai ragione. Se non si è visto un film, è difficile poi interagire o meno con le riflessioni altrui. A presto.

@ MrDavis. Teniamo conto che in un senso o nell'altro l'abbiamo visto una sola volta. Di solito, personalmente, la prima visione mi influenza notevolmente in positivo o negativo, ma è anche accaduto, approfondendo certi aspetti con successive visioni, di rivedere in positivo o negativo il mio punto di vista. L'arcobaleno ad esempio ha infastidito anche me, ma poi l'ho interpretato come una didascalia tesa a sottolineare un isolato, unico, momento pacifico del melodramma. Ti ringrazio per il tuo graditissimo commento. A presto.

Edo ha detto...

La tua recensione mi fa capire come ognuno interpreta a suo modo l'arte. Io, come christian, mi sono soffermato sul rapporto tra realtà e sogno più che sull'oggetto del desiderio (non ch ele cose siano così distaccate comunque) e sono contento perchè non avevo ancora riflettuto sul film da quest'ottica.

PS: La scena dell'arcobaleno a me è piaciuta!

Anonimo ha detto...

mi unisco ai complimenti (applausi scroscianti), però non so se sia davvero così riuscito l'intento del film, o forse io non l'ho capito: perché se da un lato Ozon raggela e riesuma il melodramma confessando al tempo stesso che è impossibile farlo, però poi nel finale sembra sottendere un ripiegamento nel più tipico trend-melò.

Luciano ha detto...

@Edo. Le tue interpretazioni e quelle di Christian sono da me condivise e apprezzatissime. Dopo aver visto il film sono infatti rimasto affascinato appunto dall'interpretazione "realtà/sogno". Ma ha prevalso in me un altro punto di vista (e, come giustamente dici, neppure tanto distante dal tuo). D'altronde una caratteristica delle opere d'arte è l'efficiente polisemia del testo. Grazie e a presto.

@Noodles. Grazie per la visita. Può darsi. In effetti dovrei rivedere il film. Comunque penso che in questo film in particolare Ozon ha corso il pericolo di cadere nel grottesco e probabilmente non deve essere stato semplice "mediare" tra il rischio di riproporre un melodramma usurato e la forza di rinnovare il genere. A presto.

domenico ha detto...

la cosa più bella di scrivere su un blog è poter leggere e confrontarsi con le opinioni altrui, che arricchiscono sempre
io sono contrario al tentativo di interpretare l'arte con le "equazioni"
comunque sei tu ad essere troppo bravo, i complimenti li meriti, e al di là di questo leggendo quello che scrivi riesci sempre ad aggiungere nuovi aspetti riflessivi all'opera, portando a soffermarsi e appronfondire dei punti sui quali prima magari si era sorvolato

Luciano ha detto...

La stessa cosa vale per me. Leggendo le recensioni sul tuo blog, come quelle di altri blog che frequento (allargherò sicuramente il "giro" appena avrò un po' di tempo libero), trovo sempre nuovi stimoli e rimango estasiato dallo "scoprire" la ricchezza di altri punti di vista (magari anche opposti al mio). Non ci sono dubbi: l'arte fa di questi effetti. Grazie Honeyboy e a presto.

Anonimo ha detto...

Wow, non le tue analisi sono sempre talmente ricche e pregne di concetti e visioni che rimango quasi estasiata. Peccato che non abbia visto il film e non possa dire la mia...
Ale55andra

Luciano ha detto...

Ti ringrazio Ale55andra per i tuoi apprezzamenti. Comunque capita più spesso a me di non aver visto i film che recensisci che a te di non aver visto quelli che recensisco io. Questo vuol dire che sei più cinefila di me. Devo rimediare per commentare più spesso i tuoi post. A presto.

Anonimo ha detto...

Non mi ha mica convinto questo film.
Personaggi interessanti ma fargli prendere questa strada melodrammatica l'ho trovato troppo facile e scontato.
Un saluto e a presto.
Roberto

Luciano ha detto...

@Roberto. Trascorso un mese dalla visione del film ho avuto modo di riflettere sul lavoro svolto da Ozon e credo che Angel potrebbe essere un'ipotesi di lavoro, un progetto in cantiere. Non so cosa farà Ozon in futuro, ma credo che il film (pur presentando parti deboli) potrebbe rappresentare un punto di partenza per nuove esperienze della visione. E spesso i capostipiti non raggiungono mai la qualità e/o la maturità dei secondi arrivati. Prendo atto del tuo punto di vista e quando mi capiterà di rivedere il film proverò a tener conto dei tuoi appunti. Ti ringrazio per la visita. Ciao.

Anonimo ha detto...

Grazie a te per la visita.
Angel, come giustamente dici, ha delle potenzialita che però, dico io, sfrutta male.
Con un personaggio simile, Angel, si poteva finire solo nel melodramma o anche da altre parti?
Perché non una commedia? Forse sarebbe stato altrettanto banale?
Dico così per dire. È che a me il melodramma non ha mai fatto impazzire a meno che non sia un film di Fassbinder.
Un saluto!
Roberto

Luciano ha detto...

@Roberto. Sicuramente quando mi citano Fassbinder non posso che approvare. Fassbinder, per me, è stato uno dei più grandi registi di tutti i tempi, forse non sta nelle dita di una mano ma di entrambe di sicuro. Con una Angel simile si poteva finire nella commedia? Chissà. Probabilmente sì, la tua osservazione mi sembra pertinente, magari con la classe che spesso contraddistingue Ozon, un passaggio impercettibile (o all'opposto, repentino) nella commedia potrebbe aprire prospettive originali. Ma suppongo che non dev'essere semplice perché dietro l'angolo c'è sempre il rischio del grottesco. Naturalmente sto fantasticando. Non è andata così. Ciao e grazie per il tuo graditissimo intervento.

souffle ha detto...

molto interessante questa analisi.
Io ritengo che ci sia anche una messa a nudo "melodrammatica" di Ozon stesso che rifletta sul suo cinema, sul suo modo di accostarsi al cinema, sul fatto che, forse, un autore deve essere distaccato dalla vita, sapendola raccontare anche se mai vissuta (se uno champagne non si apre con l'apribottiglia, a chi importa? Così l'ho scritto, così resta).
L'artista non empatizza con la sua opera, così come noi non empatizziamo con Angel (nè mai le crediamo quando dice di amare), regalando il regista l'unico momento di empatia al finale e alla amica (innamorata) di Angel, poetessa (senza talento), quasi che la passione sia nemica disturbante della perfetta messa in scena.
Un saluto.

Luciano ha detto...

@Souffle. Grazie per la visita. Ti ho visto tante volte nei commenti degli altri blog che frequento, ma non ho mai avuto il tempo di venire a visitare il tuo blog (come non ho avuto tempo anche per altri). Appena possibile vengo a trovarti. La tua osservazione mi sembra geniale, azzeccatissima. Angel è evidentemente una bugiarda. In fondo non sappiamo quanto veramente soffra e se soffra d'amore per il marito o reciti un ruolo che è nella sua stessa essenza di scrittrice melodrammatica. In pratica Angel ha bisogno di mentire perché chi scrive è un bugiardo (nel senso di creatore di fiction), proprio come Ozon che non può empatizzare né con Angel né con il melodramma. Grazie di nuovo. Ciao.