5 ottobre 2007

Vinyl (Andy Warhol, 1965)

Vinyl fu girato alla Factory da Andy Warhol (primo periodo sonoro 1964-1965) e forse si può considerare uno dei suoi film più “vedibili”, nel senso che ci troviamo davanti a una storia e ad una sorta di canovaccio con dialogo. Ad ogni modo non siamo in presenza di un montaggio che si possa definire tale, infatti Warhol lascia scorrere la pellicola nel caricatore fino al suo naturale “svolgimento”. Tutt’al più in alcuni film ci sono le giunte tra una bobina e l’altra. Tutto deve accadere sulla superficie del quadro: le azioni, i movimenti stanno all’interno (quasi sempre) di un’unica immagine. In Vinyl l’inquadratura è fissa. Si inizia con un primo piano dell’attore Gerard Malanga che muove la testa a destra e a sinistra per seguire il movimento di due pesi sollevati alternativamente. In seguito uno zoom all’indietro, allargando l’inquadratura, ci mostra tutti gli altri interpreti presenti contemporaneamente nell’immagine. Sul lato destro dello schermo appare Edie Sedgwich seduta su un baule, mentre sul lato sinistro c’è John Mcdermott seduto su una poltroncina da regista, dietro a John su una sedia c’è un uomo che fuma una sigaretta. Insomma i personaggi (non li ho citati tutti) sono più o meno già inseriti nell’immagine. L'azione del film si svolge prevalentemente all'interno dell’inquadratura, mentre i movimenti di macchina sono pochi e impercettibili. Sicuramente uno dei film meno “noiosi e osceni” di Warhol, pertanto non come Empire che mostra solo la punta dell’Empire State Building per ben otto ore di un'unica inquadratura, né come Blow Job dove si vede un ragazzo che gode per una fellatio fatta da un altro attore fuori campo. Vinyl (ma un po’ tutti i film di Warhol) ricorda un po’ il modo di girare odierno (macchina a mano e digitale), con la differenza che all’epoca non esisteva il digitale e Wharol usava una 16mm affidandosi per lo più ad illuminazione ambientale magari sfruttando la lampada artificiale della sua Bolex. Spesso il sonoro non era di ottima qualità, ma a Wahorl interessava l’evento in sé ove la necessità del fare cinema superava ampiamente lo sviluppo della narrazione. Era interessato soprattutto all’atto stesso dell’evento, quasi come una recitazione-verità molto simile agli odierni reality (anzi in un certo senso ne è stato l’anticipatore); cercava il momento cólto, con i probabili errori degli attori, senza preoccuparsi di guardare “oltre” l’immaginaria parete invisibile dove si trova comodamente seduto lo spettatore e dove sono collocati i “gobbi” con le battute. Warhol guardava al momento dello svolgersi ineluttabile del senso (come logos dell’azione ma anche come liberazione dei sensi), voleva immortalare l’azione in fieri colta nel suo divenire “quadro”, abbandonando gli effetti semantici delle riprese nello “scivolare” lento e inesorabile della pellicola fino alla sua ultima consunzione. Il fatto che in Vinyl vengano nominati gli interpreti del film oppure che sia chiaramente visibile lo sguardo fuori campo degli attori allo scopo di leggere i cartelli con le battute, testimonia l’attenzione focalizzata sul “cast” dei conviventi della Factory e in modo particolare sulla vitalità del loro Es. Un cinema “povero” finanziato spesso con la vendita dei suoi quadri, ma anche un cinema che testimonia la vita della Factory e, attraverso questa, la vanità del vivere moderno, il mondo pop, on the road. Nei suoi film vediamo Lou Reed (The Velvet Undergound and Nico – Symphony of Sound 1966) , Allen Ginsbourg (Screen Tests 1964-65), persino Bob Dylan (The Bob Dylan Story, 1966) il quale non autorizzò la pubblicazione del film. Osservare lo spazio teatrale di Vinyl, induce a ingrandire i movimenti, le relazioni psico-fisiche dei personaggi (che definirei a-personaggi nel senso di "attori-personaggi" oppure "non personaggi"), nonché il vivere tra recitazione e realtà (gli attori distribuiscono e ingurgitano anfetamine e LSD); obbliga lo sguardo a soffermarsi sull’evento in sé, sul mondo e sulla cultura di un’epoca che fu di continuo, imprescindibile cambiamento; obbliga a immaginare i rapporti tra Wharol e gli altri componenti della Factory, a ricostruire la vita e le sue angosce, i suoi dilemmi. Ma incuriosisce anche la sceneggiatura (più che altro un canovaccio) in quanto Vinyl è tratto dal romanzo di Anthony Burgess "Un’arancia a orologeria" da cui sei anni dopo Kubrick trarrà il suo capolavoro: Arancia meccanica.


15 commenti:

chimy ha detto...

Tratto da Burgess?? Prima del capolavoro di Kubrick?? sono sconvolto... devo recuperarlo a breve.
Grazie per il post
Ciao

Deneil ha detto...

Finalmente son tornato!decisamente interessante questo post!warhol mi fa un po' paura..come dici tu i suoi film son qualcosa di...be posso dire inguardabile senza che nessuno mi linci?ne ho visto solo alcuni tratti in certe occasioni ma..davvero..si sperimentazioni e tutto quello che si vuole però...comunque non so come ma sei riuscito ad incuriosirmi con questo post..bello il paragone con il digitale di oggi..bello il post..tutto molto bello!in quanto a droga mi son appena visto e recensito trainspotting..ma li a regnare..tanto per richiamarmi ancora al tuo post e a un certo Lou Reed..è heroin!

Luciano ha detto...

@ Chimy. Sì, ma naturalmente niente a che fare col capolavoro di Kubrick. Comunque i film di Warhol rimangono sempre un'esperienza interessante. Grazie a te Chimy.

@Deneil. Bene, vengo subito a leggere il tuo post. Molti film di Warhol sono "inguardabili" ma quando si tratta di Warhol si esce fuori da qualsiasi regola. Erano gli anni sessanta quando tutto era possibile (almeno nei sogni). Grazie e a presto.

FiliÞþØ ha detto...

Non ho mai visto niente delle produzioni cinematografiche di Warhol, un pò di curiosità c'è, anche perche è un artista che adoro (ricordo ancora le sensazioni che ho provato di fronte ai suoi quadri, alla mostra romana del guggenheim).

Luciano ha detto...

Qualcosa sul mulo si trova. Ma i suoi film sono più che altro interessanti sperimentazioni che stranamente,secondo me, sono diventate attuali se si tiene conto delle "ricerche" di un altro modo di fare cinema di svariati registi (ad esempio Lars von Trier). Grazie Filippo. A presto.

domenico ha detto...

uh, non lo conoscevo affato
mi interessa molto, devo dire
sia perchè è tratto da un Burgess, sia perchè da quello che scrivi mi incuriosisce assai

Luciano ha detto...

La filmografia di Warhol è imponente (circa un centinaio di film significativi), ma la maggioranza dei suoi film sono andati perduti o sono obiettivamente di difficile fruizione (8 ore a vedere la punta di un grattacielo!). Ma ce ne sono diversi abbastanza interessanti e Vinyl forse è uno dei migliori.
Grazie e a presto.

Anonimo ha detto...

'vedibile' è una parola grossa... warhol come regista è, come dici giustamente, di difficile fruizione. una difficoltà che, la maggior parte delle volte e soprattutto se non si sta studiando l'argomento, diventa impossibilità...
vinyl è stata l'ultima possibilità che gli ho dato per un film intero, ora vedo solo spezzoni, per vedere qualche inquadratura e, se ci sono, un paio di dialoghi. un film intero no, dopo averne visti 4-5 non mi sento di consigliarlo a nessuno...

Luciano ha detto...

Sono d'accordo. Infatti ho scritto "vedibile" fra virgolette. I film di Warhol sono sperimentali, rappresentano più che altro la vita della Factory, si interessano più agli attori che ai personaggi, riflettono più la cultura dell'epoca che le "storie" che dovrebbero raccontare. Ma che vuoi farci, noi cinefili incalliti soffriamo pur di allargare le nostre conoscenze(comprendo anche te perché dopo aver visto 5 film continui ancora a vederne degli spezzoni). Grazie e a presto.

Anonimo ha detto...

Molto interessante... e curioso sapere che si ispira al libro di Burgess; non lo sapevo proprio! Di Warhol ho visto solo "Nude Restaurant", forse troppo poco per potere capire la sua estetica e le sue intenzioni.

Luciano ha detto...

Allora hai già visto molto. I film di Warhol sono "difficili" (e non importa vederne tanti), ma alcuni anche impossibili (otto ore a guardare la punta di un grattacielo). Vinyl mi sembra un film (come pochi altri tra cui Nude Restaurant) comunque interessante. A presto.

monia ha detto...

il periodo della factory warholiana mi è sempre interessato parecchio, una sperimentazione unica che fino ad ora non ha avuto eguali a cominciare dalla musica (sono una fan sfegatata dei velvet underground) a finire col cinema. Warhol è riuscito a fare delle persone dei personaggi, fino a che il limite tra vita "privata" e vita artistica è diventato tanto sottile da non essere percettibile, e questo è semplicemente fantastico. I primi film di warhol, compreso vinyl purtroppo non sono ancora riuscita a procurarmeli; ho visto e apprezzato tantissimo alcuni dei film con la regia di morrissey, che in generale sono più facili da guardare (anche se in realtà facile o difficile dipende sempre da quello che t' interessa).
ciao (sto diventando dipendente da questo blog, parli di tutto quello che piace anche a me!!!)

Luciano ha detto...

@Monia. Quando si tratta di Warhol e della sua Factory vado in estasi. Pensa, ho intenzione di vedere (spero di riuscirci) persino un film appena uscito su Edie Sedgwick "The Factory Girl": su questo film ho letto solo recensioni negative, eppure voglio vederlo! I film di Warhol sono difficili e faticosi ma Vinyl forse è il più vedibile (ed anche facilmente reperibile). Se proprio ti piace questo tipo di cinema ti consiglio di guardare il film. Mi fa piacere che tu stia diventando dipendente del mio blog, ma (prima o poi capiterà che pubblicherò recensioni su film che non ti piacciono) ti consiglio anche di visitare altri blog. E' troppo bello leggere recensioni differenti e anche contrastanti. Grazie per la stima. Ciao

Anonimo ha detto...

Ho visto ieri sera per la prima volta Vinyl. Ero troppo curiosa di vedere in che modo Warhol aveva "creato" la sua interpretazione cinematografica del romanzo di Burgess.
Come dici, chi del cinema si droga, soffre un po' per allargare le sue conoscenze. Ed è proprio ciò che ho fatto. Strano, particolare, lento. Non posso ancora fare un paragone con altre pellicole di Warhol, ma ho intenzione di vedere anche gli altri suoi film.
E pensare che dura poco più di un'ora, eppure la noia è riuscita ad assalirmi. Ed io amo i film lenti. Ma questo, oltre che lento, è forse anche un po' "claustrofobico". Eppure non dirò mai "è un brutto film". Sono davvero rarissimi se non quasi nulli i casi in cui utilizzo l'aggettivo "brutto" in riferimento ad un film. E questo proprio perchè hai ragione tu. I cinefili soffrono per accrescere la loro cultura cinematografica. Ed Andy Warhol è certamente un'esperienza da vivere.
Non vedo l'ora di vedere il nuovo film uscito nelle sale "The Factory Girl", anche se sarà un'impresa ardua trovare qualcuno che voglia andarlo a vedere con me.
Un saluto,
Greta.

Luciano ha detto...

@Ciao Greta. Benvenuta. Mi fa piacere sapere che hai visto Vinyl. Adesso che l'hai visto ti sarai resa conto che il cinema di Warhol era un cinema che si soffermava più sugli attori che sui personaggi, un cinema della Factory, che restituisce il clima di quell'ambiente di quegli anni. Ma in particolare le inquadrature "statiche" (si potrebbe dire alla Lumière) sono dei quadri stupefacenti. Si vede insomma che Warhol conosceva l'arte indagatoria dello sguardo (eh già per un pittore!). Avrai notato gli impercettibili ma precisi movimenti di macchina e come gli attori vengono tutti più o meno inquadtati contemporaneamente. Grazie per la visita, Ciao.

P.S. Attenzione. Vinyl è uno dei film più "vedibili". Ce ne sono alcuni veramente impossibili (ad. esempio Empire).