30 maggio 2015

La peau de chagrin (Honoré de Balzac, 1831): 4/5 Il melodramma: due esempi

I nuclei melodrammatici del romanzo non sono pochi. Ne ho scelti un paio  dove entrano in campo le due donne della storia: Fœdora e Pauline. La scena con Fœdora è quella della rivelazione. Raphaël confessa il suo amore a la sua miseria e Fœdora piange dopo essere venuta a conoscenza di tutti i sacrifici di Raphaël. Per vederla non ha badato a dissipare tutti i suoi averi;  ha digiunato, cercando di condurre con difficoltà due vite parallele e il racconto di questi suoi sacrifici non è stato «[…] la narrazione senza calore d’un amore esecrato» (1) ma un’ispirazione dovuta all’amore che ha ripetuto «[…] il grido di un’anima straziata [e le] preghiere d’un morente sul campo di battaglia» (2). Fœdora reagisce al racconto di Raphaël con il pianto. È sincera? La donna ha un cuore? Niente di tutto questo, perché il narratore chiarisce subito e senza equivoci che
Ses larmes étaient le fruit de cette émotion factice achetée cent sous à la porte d’un théâtre, j’avais eu le succès d’un bon acteur (3)
Il dramma diviene più intenso: ci sono le lacrime finte che non incantano Raphaël. Fœdora tenta una risposta che sembrerebbe un tentativo di simulare una certa pietà ma Raphaël la interrompe minacciandola di morte per l’amore che prova ancora per la donna. Le rivela di averla spiata nella sua stessa camera.  Fœdora sembra turbata, arrossisce, ma è un attimo; gli lancia subito dopo uno sguardo sprezzante e dice:
Vous avez dû avoir bien froid! (4)
E Raphaël risponde:
Croyez-vous, madame, que votre beauté me soit si précieuse? […] Mais j’étais ambitieux, je voulais vivre cœur a cœur avec vous, avec vous qui n’avez pas de cœur […] Combien je souffre (5)
Fœdora ribatte allegramente affermando che non apparterrà mai a nessuno. Raphaël afferma indignato che con un tale comportamento ella si ritroverà un giorno sola e vecchia e soffrirà mali inauditi. Il dialogo continua su questi toni. Ormai è uno scontro aperto e le parole sono colpi di sciabola che feriscono Raphaël (ma non Fœdora). La crudeltà della donna è sottolineata dalle sue risate, dalla sua indifferenza. «No, non vi amo […] Mi sento felice di essere sola […] D’altronde i bambini non mi piacciono […] Perché non vi sentite accontentato dalla mia amicizia?» (6). Il contrasto tra le due donne, oltre che verbale diventa anche emotivo: Fœdora continua a ridere, mentre Raphaël piange. A un certo punto Raphaël dice:
Je ne vous verrais plus (7)
E lei :
Je l’espère (8)
Altra scena piena di pathos. Raphaël vive ormai la sua agonia, è ricco ma schiavo dei suoi desideri. Si reca al teatro Favart dove viene rappresentata la Semiramide. Al teatro rivede quasi tutti i personaggi: il vecchio antiquario, Fœdora, Taillefer, Emile, Rastignac, quando all’Ouverture del secondo atto una signora gli si siede accanto. Raphaël non si volta a guardare la donna, eppure dalle reazioni del pubblico ammirato, dai cenni che gli fa Emile, si rende conto di avere accanto una donna di fuoco. Ma Raphaël non si può voltare, deciso a non rompere il patto concluso con se stesso per cui non può guardare più una donna. Però non resiste a certi impercettibili segnali che provengono inconsciamente dalla donna: il fruscio “femmineo” delle pieghe del vestito di lei, il suo respiro che si trasmette agli abiti, in modo da comunicare a Raphaël la vita soave «[…] comme une étincelle électrique»(9), il tulle e le trine che trasmettono alle sue spalle vellicate il calore di «quel dorso bianco e nudo». Raphaël si volta e quella donna da lui immaginata di fuoco non è altri che Pauline, la ragazza della soffitta, alla quale Raphaël ha insegnato a suonare il pianoforte. Pur essendo diventata ricca possiede lo stesso candore, lo stesso atteggiamento, la stessa modestia verginale. È la donna che Raphaël ha sempre sognato, la donna che capisce i poeti e vive nel lusso. Queste due scene sono melodrammatiche, anche se il dramma viene raggiunto nell’una tramite il dialogo e i gesti, e nell’altra attraverso le sensazioni tattili e olfattive in un crescendo erotico probabilmente ineguagliabile con altri mezzi. Lo scontro verbale-gestuale tra Raphaël e Fœdora è messo in risalto dall’atteggiamento manicheo dei due personaggi. Ambedue hanno scelto la “débauche”, hanno scelto di vivere fuori dalla norma. Fœdora è la donna di ghiaccio, bella e irraggiungibile, che vuole tutti gli uomini ai suoi piedi, pronti a soddisfare ogni suo capriccio. A lei interessa soltanto il denaro e la vita mondana, non ama Raphaël, ma lo vuole come schiavo. Conosce i codici della vita lussuosa, ma non va oltre le apparenze. Non sembra che vi sia un senso profondo dietro il suo comportamento. Per lo meno Raphaël non riesce a decifrarlo. La scena con Pauline al teatro è ancora più melodrammatica. In realtà gli spettatori non guardano lo spettacolo che si rappresenta, ma il palco dove sono seduti Raphaël e Pauline. Raphaël si è promesso di non desiderare più nessuna donna per impedire al talismano di restringersi ulteriormente. Eppure le sensazioni tattili e olfattive che prova dal contatto con la sconosciuta, il respiro di lei che si trasmette lungo il suo corpo, il profumo emanato dalla pelle della femmina, si accumulano provocando un crescente erotismo, fino a quando Raphaël, non potendo resistere alla curiosità di conoscere quella donna di fuoco, si volta e scopre che si tratta di Pauline. Per ironia della sorte sarà quindi la candida Pauline, che vive nell’ «abnegazione e nell’offerta di sé», la donna fatale a Raphaël. Anche se la causa della sua morte è la «débauche», la dissolutezza, la vita nell’eccesso, Raphaël si è difeso riuscendo ad evitare di desiderare tutte le donne (persino la fredda Fœdora che avrebbe potuto essere sua solo l’avesse voluto). Ma Raphaël non riesce a resistere alla tentazione di vivere con Pauline e il suo rapporto con la donna porterà la pelle di Zigrino a ridursi alle dimensioni di una fogliolina. Pauline è un personaggio a tutto tondo, una donna di tipo “orientale” che vive nell’abnegazione per l’uomo amato. Eppure non sembra una donna che ha scelto di vivere nella «débauche» (anche se l’abnegazione potrebbe essere considerata una forma di dissolutezza). Raphaël, giunto sull’orlo del baratro, decide di morire tra le braccia della sua Pauline (anche questa scena finale è fortemente drammatica). Possibile che la débauche porti Raphaël sull’orlo del baratro, ma sia la castità a dargli l’ultima spinta? Forse Pauline è un sogno che si è realizzato (una donna che ama i poeti e ricca è sempre stato il vero, unico desiderio di Raphaël). Morire per un sogno è un gesto eroico che ingigantisce ancora più i personaggi di questo ultimo atto.
1. Honoré de Balzac, La pelle di zigrino, TEA 1992, p.1894 (traduzione italiana a cura di Giorgia Vivanti)
2. Ivi, p.p. 189-190
3. Honoré de Balzac, La Peau de chagrin, Galllimard 1974, p. 216
Ibidem
5. Ivi, p 216-217
6. Honoré de Balzac, La pelle di zigrino, TEA 1992, p. 191 (traduzione italiana a cura di Giorgia Vivanti)
7. Honoré de Balzac, La Peau de chagrin, Galllimard 1974, p. 218
8. Ibidem
9. Ivi, p. 173
  

L'immagine è tratta dal film omonimo di Alain Berliner del 2010

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