5 settembre 2009

Molly Bloom ti amo

Il punto di vista onnisciente tende a emergere come centralità inalienabile, come tentativo di apprendere la superficie dell’evento rimanendo al centro della visione e conoscendo ogni aspetto (anche il più intimo) dei personaggi. Quando conosciamo in anticipo un evento drammatico (un ponte che sta per crollare) in cui rimarrà coinvolto un ignaro personaggio (sta per attraversare il ponte con l’auto) assistiamo con trepidazione e ansia allo Spannung, magari sperando che l’eroe (noi stessi?) riesca a salvarsi. L’attenzione viene catturata tramite il dono del punto di vista di Dio, ossia attraverso la possibilità di vedere l’invedibile, di viaggiare come un ectoplasma in ogni meandro dell’immagine. Se l’eroe soccombesse d’improvviso, in un attimo, senza motivo (non esiste un "motivo" per la vittima), l’ansia non avrebbe il tempo di emergere lasciando spazio ad un senso di ingiustizia. L’opera tradizionale (sia essa romanzo, film o altro) in genere rappresenta il punto di vista di un autore onnisciente che spiega, descrive, giudica, prevede i personaggi e i loro comportamenti, gli eventi, gli oggetti, la storia. Ma la tecnica di Joyce “[…] elimina questa presenza continua dell’autore e sostituisce al suo punto di vista il punto di vista dei personaggi e degli eventi stessi […]; le passioni di Molly definite come Molly, nel patirle, le potrebbe definire”(1). Questa tecnica di “far parlare” i personaggi , di rendere espressivo “[…] il modo con cui i personaggi parlano e le cose si presentano […] è la stessa che il cinema assume, sin dalle origini, quando nell’Incrociatore Potemkin Eisenstein non “giudica” il rapporto equipaggio macchina, ma cala il suo giudizio in un montaggio convulso di immagini della machina e dei macchinisti legati alla macchina [...] e, ai giorni nostri quando Godard, in A bout de souffle […] monta il film […] così come il protagonista avrebbe potuto fare” (2). Un'epifania-struttura (3) come rivelazione improvvisa, un attimo infinitesimale in cui la parcellizzazione del Dentro (nel senso del mondo vissuto dall’anima del personaggio) emerge in un Tutto ma solo per un momento. Questa tecnica ejzenstejniana (il cinema non può limitarsi a riprodurre il reale ma deve interpretarlo) la dice lunga sulla passione di Joyce per il cinema che riuscì a trovare dei finanziatori per aprire, il 20 dicembre 1909 a Dublino, una sala di proiezione: il Cinema Volta; e anche se l’esperienza si concluse con un fallimento (il locale chiuse nell’aprile dell’anno seguente) Joyce rimase affascinato dalla magia della settima arte che influenzò lo scrittore irlandese soprattutto nella stesura dell’Ulisse. Il monologo di Molly Bloom è un fiume in piena che trascina il lettore all’interno dei sentimenti di Molly. I pensieri si accavallano in un periodo senza punteggiatura e si compenetrano restituendo il sapore e il profumo della vita, l’essenza della donna che misura e confonde il tempo. Ricordando il primo abbraccio col marito sulla collina di Howth, il suo incontro con Boylan e l'amore fatto con lui nel pomeriggio, desiderando di attirare gli uomini perché esasperata dall'indifferenza di Bloom, e pensando a mille altre cose, Molly apre il suo animo, “racconta” la sua femminilità e il suo esser donna oggi.

[...] il sole splende per te disse lui quel giorno che eravamo stesi tra i rododendri sul promontorio di Howth con quel suo vestito di tweed grigio e la paglietta il giorno che gli feci fare la dichiarazione sì prima gli passai in bocca quel pezzetto di biscotto all'anice e era un anno bisestile come ora sì 16 anni fa Dio mio dopo quel bacio così lungo non avevo più fiato sì disse che ero un fior di montagna sì siamo tutti fiori allora un corpo di donna sì è stata una delle poche cose giuste che ha detto in vita sua e il sole splende per te oggi sì perciò mi piacque sì perché vidi che capiva o almeno sentiva cos'è una donna e io sapevo che me lo sarei rigirato come volevo e gli detti quanto più piacere potevo per portarlo a quel punto finché non mi chiese di dir di sì e io dapprincipio non volevo rispondere guardavo solo in giro il cielo e il mare pensavo a tante cose che lui non sapeva di Mulvey e Mr Stanhope e Hester e papà e il vecchio capitano Groves e i marinai che giocavano al piattello e alla cavallina come dicevan loro sul molo e la sentinella davanti alla casa del governatore con quella cosa attorno all'elmetto bianco povero diavolo mezzo arrostito e le ragazze spagnole che ridevano nei loro scialli e quei pettini alti e le aste la mattina i greci e gli ebrei e gli arabi e il diavolo chi sa altro da tutte le parti d'Europa e Duke street e il mercato del pollame un gran pigolio davanti a Larby Sharon [...] e i cactus e Gibilterra da ragazza dov'ero un Fior di montagna sì quando mi misi la rosa nei capelli come facevano le ragazze andaluse o ne porterò una rossa sì e come mi baciò sotto il muro moresco e io pensavo be' lui ne vale un altro e poi gli chiesi con gli occhi di chiedere ancora sì e allora mi chiese se io volevo sì dire di sì mio fior di montagna e per prima cosa gli misi le braccia intorno sì e me lo tirai addosso in modo che mi potesse sentire il petto tutto profumato sì e il suo cuore batteva come impazzito e sì dissi sì voglio. Sì. (4)
Non siamo davanti a un giudizio dell’autore che guarda asetticamente le sue creature ma nel mezzo di una testimonianza, un monologo in cui la “creatura” prende la parola e racconta le sue esperienze e nel caso di Molly le racconta attraversando il tempo, confondendo i diversi momenti della propria vita con le semplici attività quotidiane. Il flusso esce dal tempo (infatti nello schema Linati (5) l’ora è indicata col simbolo “∞” - infinito), la materia molle dell’evento (un monologo nel letto di casa non può stare in piedi senza una robusta struttura) si inquadra nella storia di Ulisse e del suo viaggio errante per il Mediterraneo mentre Penelope, insidiata dai Proci, tesse e scuce la sua tela. Molly-Penelope è in attesa del suo Leopold-Ulisse ma l’epifania adesso non è nella rivelazione di un destino superiore, non diverrà epopea da tramandare agli eredi. La struttura arcaica (Odissea) non sorregge più un mondo costruito dai vati ma una fluidità magmatica delle cose, la perdita di ogni riferimento, la forza impossibile del Dentro come filtro e costruzione di mondi. Il puzzle di pensieri e immagini, considerazioni e ricordi, sogni e bisogni si realizza in un’improvvisa epifania strutturale nel senso che questo accatastarsi di frammenti restituisce una rivelazione attraverso la struttura dell’Odissea: Molly è una Penelope non adagiata nell'attesa di un arrivo (Ulisse), bensì di una cessazione (morte? fine del romanzo?). Il monologo (il romanzo) nello stile è paragonabile appunto al film di Ejzenstejn (La corazzata Potëmkin) ma oggi potrebbe essere realizzato intersecando i vari flussi narrativi (il flusso che attraversa piani e mondi differenti), “incassando” (come in INLAND EMPIRE) storie dentro storie per evocare il senso dei pensieri di una moglie tradita capace di tradire, che rimane sempre e comunque una fedelissima e innamorata Penelope, una donna che non è possibile non amare. Molly non è un’anti-Penelope o una Penelope moderna ma è Penelope.
(1) Umberto Eco, Le poetiche di Joyce, Bompiani, Milano, 1987, p. 69.
(2) ibid.
(3) Ivi, p. 68.
(4) James Joyce, Ulisse, Mondadori, Milano 1989, pp.740-741. Versione originale: "the sun shines for you he said the day we were lying among the rhododendrons on Howth head in the grey tweed suit and his straw hat the day I got him to propose to me yes first I gave him the bit of seedcake out of my mouth and it was leapyear like now yes 16 years ago my God after that long kiss I near lost my breath yes he said I was a flower of the mountain yes so we are flowers all a womans body yes that was one true thing he said in his life and the sun shines for you today yes that was why I liked him because I saw he understood or felt what a woman is and I knew I could always get round him and I gave him all the pleasure I could leading him on till he asked me to say yes and I wouldnt answer first only looked out over the sea and the sky I was thinking of so many things he didnt know of Mulvey and Mr Stanhope and Hester and father and old captain Groves and the sailors playing all birds fly and I say stoop and washing up dishes they called it on the pier and the sentry in front of the governors house with the thing round his white helmet poor devil half roasted and the Spanish girls laughing in their shawls and their tall combs and the auctions in the morning the Greeks and the jews and the Arabs and the devil knows who else from all the ends of Europe and Duke street and the fowl market all clucking outside Larby Sharons [...] and cactuses and Gibraltar as a girl where I was a Flower of the mountain yes when I put the rose in my hair like the Andalusian girls used or shall I wear a red yes and how he kissed me under the Moorish wall and I thought well as well him as another and then I asked him with my eyes to ask again yes and then he asked me would I yes to say yes my mountain flower and first I put my arms around him yes and drew him down to me so he could feel my breasts all perfume yes and his heart was going like mad and yes I said yes I will Yes."
(5) Lo schema venne redatto da Joyce per l'amico Carlo Linati al fine di meglio comprendere la struttura del romanzo (http://it.wikipedia.org/wiki/Schema_Linati). Ad esempio per quanto riguarda il monologo di Molly lo schema riporta i seguenti dati: N°: 18; Titolo: Penelope; Ora: ∞; Colore: stellare lattea poi nuova alba; Persone: Laerte Ulisse Penelope; Tecnica, Arte: Monologo Stile rassegnato; Scienza (significato): ; Senso: Il Passato Dorme; Organo: Grasso; Simbolo: .

6 commenti:

Roberto Junior Fusco ha detto...

Joyce è molto cinematografico. Sempre interessanti i tuoi post.

Luciano ha detto...

@Roberto. In effetti Joyce amava il cinema e i suoi scritti sono interessanti soprattutto per chi ama il cinema. Grazie ;)

Gino ha detto...

Ti rispondo qui sul confronto IE/Ulisse.
Ho trovato molto interessante questo confronto perché anche secondo me esistono(inconsapevolmente da parte di Lynch, azzarderei, comunque, si procede per analogia più che per influenza, dunque)dei punti in comune tra i due.
Innanzitutto il discorso di Laura Dern al confessore probabilmente somiglia alla confessione di Molly Bloom, che ancora devo leggere, essendo più o meno agli inizi dell'Ulisse, anche se per sommi capi la struttura narrativa e le vicende del libro le conosco.
Anche il tradimento una tematica dunque a mio avviso accomunante.
Ma la vera somiglianza tra i due film è probabilmente nella struttura narrativa, lo "stream of consciousness", che comunque resta molto più forte in INLAND, essendo l'Ulisse - a quanto ho capito - dotato di una ben precisa struttura, al contrario della sceneggiatura molto più "random" stesa da Lynch per INLAND EMPIRE.
Il debordare dei significanti a mio avviso accomuna ancora di più questo film ad un altro libro di Joyce, il suo finale "Finnegan's Wake". Qualcuno disse che Mulholland Dr. era un po' l'Ulisse di Lynch e INLAND EMPIRE il suo Finnegan's Wake. Forse è vero.
Non avendo letto per interno alcuno dei due romanzi non posso dire con certezza, ma una linea di confronto sicuramente c'è.
Per certo posso dirti che esiste un film che è stato definito come l'unica opera "cinematografica" paragonabile all'Ulisse di Joyce e che ancora devo vedere(mi sto preparando psicologicamente alla visione): si tratta di "Nostra Signora dei Turchi" di Carmelo Bene, tra l'altro grande amante dell'Ulisse di Joyce.
Sto aspettando il momento opportuno per vedere questo film, più alcuni di Ruiz e per colmare le mie lacune su Godard.

Luciano ha detto...

@Gino. Accostare l'Ulisse a IE naturalmente è una forzatura, ma la visione del film di Lynch mi ha stimolato a rileggere alcune parti del romanzo e sono rimasto colpito da alcune analogie con l'opera di Joyce. Sinceramente non saprei: MD forse può ricordare alcuni brani di Ulisse, dovrei rivedere il film per capire meglio, e forse IE ha qualcosa di Finnegans, ma ritengo che probabilmente Finnegans Wake sia un "qualcosa" molto al di là di ogni immaginabile ragionamento. Penso di poter affermare che Lynch non ha ancora girato il suo Finnegans (un romanzo che fece dire a Joyce "Sono al limite dell'inglese"), un lavoro che rappresenta probabilmente il nucleo duro dell'essenza stessa dell'arte al di là di ogni rappresentazione e/o narrazione intesa come tale. Finnegans (ma suppongo lo saprai già) è materia oscura, sogno, mito, storia, espressione semiotica e semantica allo stato puro, e tutte queste cose messe insieme. Mi fermo qui perché il discorso sarebbe troppo lungo e complesso (e anche, almeno per me, di difficile esplicazione). Credo che Lynch non abbia ancora girato il suo Finnegans, ma, ti confesso, spero proprio che abbia il coraggio di farlo, contro tutto e contro tutti. Magari, come giustamente affermi anche tu, cercando di "creare" una robusta struttura che possa sorreggere un lavoro così estremo.
Eh... Nostra Signora dei Turchi è "molte cose" e in effetti nel film si sente l'influenza dell'Ulisse. Un'altra grandissima opera che non riesco a recensire, ahimé.

Gino ha detto...

Appena vedrò "Nostra signora dei Turchi" ti farò sapere(penso che entro la fine dell'anno ci riuscirò, quantomeno)!
Sono d'accordo sul Finnegans, non l'ho letto ma conosco per grandi linee la struttura ai limiti della narrazione... se non erro Joyce adoperò tipo 40 lingue(non vorrei dire una cavolata), creando neologismi percettibili soltanto foneticamente, come con il termine "riverrun", neologismo indicante il corso di un fiume... o, foneticamente, il "riverran"(Joyce conosceva benissimo l'italiano), che è anche - a quanto mi hanno detto - una delle tematiche principali dell'opera, l'eterno ritorno.
Anche io spero che INLAND EMPIRE non sia un film ultimo di Lynch o a se stante, ma abbia spianato la strada a Lynch e ad altri registi per esplorare vie che il cinema non ha ancora esplorato.
Speriamo!

Luciano ha detto...

@Gino. Bene, non vedo l'ora di conoscere il tuo parere sul film di Carmelo Bene.