medicina medicina / un po’ di cacca di gallina
un po’ di cane un po’ di gatto /domattina è tutto fatto
singhiozzo singhiozzo /albero mozzo
vite tagliata /vattene a casa
pioggia pioggia /corri corri
fammi andare via i porri
La filastrocca cantata dalla piccola Cecilia nel momento del massimo pericolo, quando la battaglia tra fascisti e partigiani-contadini è all’epilogo e i morti macchiano di rosso il grano dorato dell’estate del 1944, riassume bene la poesia che attraversa il film. La notte di San Lorenzo è una notte magica, infonde speranza per il futuro e i desideri si allineano, seguendole, alle tante stelle cadenti che colorano la notte blu di un bianco fosforescente, surreale. I desideri e i sogni della Cecilia adulta, che all’inizio degli anni '80 esprime le sue speranze al piccolo neonato, mirando la notte stellata distesa sopra una Firenze più sognata che osservata, ricordano un’altra notte magica di tanti anni prima, quando il fronte della guerra attraversò la campagna toscana nei dintorni di Firenze. Il film, pur narrando un periodo tragico e drammatico della nostra storia e mostrando le atrocità della guerra e le sofferenze inflitte alla popolazione civile soprattutto nel momento della ritirata dell’esercito nazista e dei fascisti italiani, mostra gli eventi non in modo naturalistico ma quasi magico. Il film è una fiaba, o meglio, potrebbe anche esserlo se non fosse per la realtà che preme con veemenza, o per la morte che si respira sequenza dopo sequenza, fino all’esplosione finale, tragica, di un epilogo che ci mostra tante vite troncate e famiglie spezzate e una sofferenza talmente grande da non potere essere contenuta all'interno di un solo cuore. I Taviani trovano quindi una mediazione tra il naturalismo di immagini tanto strazianti e la fiaba, la magia di un desiderio, un anelito di speranza, filtrando la storia attraverso i ricordi di una bambina. In altri termini “La notte di San Lorenzo” è tutto ciò che rimane dei ricordi di una donna adulta che dopo quaranta anni risuscita gli eventi che ha vissuto da bambina. Quei giorni difficili e duri sono esperiti dalla piccola Cecilia quasi come un divertimento: la folla che fugge per le campagne intorno a San Martino (San Miniato in provincia di Pisa) e che viene aggredita dai fascisti, nonché gli scontri a fuoco con morte e devastazione che ne consegue, sono visti attraverso lo sguardo infantile del passato (d'altronde i ricordi del lontano passato sono sempre infantili). Il ricordo ha trasformato la realtà ma non l’ha distorta. La fiaba quindi non prende il sopravvento ma si converte in premonizioni, stati d’animo, momenti di erotismo, visioni oniriche anche perché (e questa è una caratteristica del cinema) lo sguardo sul passato non è sempre quello della piccola Cecilia, ma ci confonde, immedesimandosi di volta in volta nei vari personaggi, prendendo il sopravvento e divenendo esso stesso istanza autonoma, dando luogo a sequenze mimetiche. Poi ritorna sulla bambina e nuovamente rientra nei ricordi lontani. Gli abitanti di San Martino fuggono verso il fronte per passare le linee nemiche e cercare gli americani. Ma gli americani sono solo un desiderio e non una realtà fisica, sono simbolo di un futuro che verrà. Per il momento sono immagini lontane di siculo-americani venuti a salutare la servetta siciliana che, credendo di correre incontro ai compaesani di Brooklyn, viene uccisa da una pattuglia tedesca. Oppure sono due soldati incontrati dalla piccola Cecilia nei pressi di una grande croce, anche se i fuggitivi credono che la bimba abbia avuto visioni cinematografiche. Ma è immaginazione? La bimba incontrò gli americani o se li immaginò? E il pacchetto di Camel trovato sotto la croce spiega tutto o non spiega proprio nulla? Il pacchetto forse c'era o forse c'è l'ha messo l'immaginazione della bimba diventata adulta? Gli americani sono per ora gli emigranti e quelli visti al cinema. Il cinema è troppo distante dalla loro realtà, ma qui ci mostra gli scontri con i fascisti tra le spighe del grano, in una fratricida resa dei conti tra persone dello stesso ambiente, della stessa estrazione sociale, che istintivamente si aiuterebbero (ad un certo punto partigiani e fascisti che soccorrono i feriti si passano una bottiglia d’acqua), ma che non possono farlo neppure nei ricordi di una bimba. Il cinema è troppo all'interno della loro realtà. Nello strazio caotico dello scontro finale la bimba si tappa le orecchie per non vedere la morte e cerca di esorcizzarla con una cantilena, sperando di nascondere il male; inoltre immagina che l’ultimo fascista ancora rimasto muoia trapassato da una selva di lance scagliate da soldati omerici. Poco prima di essere trafitto dalle lance "achee" il repubblichino aveva ucciso un vecchio che amava declamare l’Iliade. Ma è possibile che la Ceclia adulta ricordi un'immagine achea di una bambina? Oppure la fiaba a tratti prende il sopravvento sovrapponendosi alla Storia e alle storie popolane, agli amori che nascono anche in mezzo a tanta violenza e all'erotismo che si forma negli sguardi complici? Insomma il film alterna momenti naturalistici ad altri onirici, ad altri ancora semplicemente immaginati non si sa bene da chi. Eppure questo forzare la Storia attraverso il sogno e la speranza, o meglio questo incidere con forza sui significanti, contribuisce all'esplosione caleidoscopica dei suoi significati. La notte di San Lorenzo significa molto più di quello che spiega. Il fatto stesso di non spiegare naturalisticamente la Storia, anzi tenendola vagamente celata tra le pieghe delle immagini, amplifica il senso oltre lo schermo finché il film entra in sintonia con il nostro sguardo lontano, annullando la distanza e il gioco della rappresentazione.