I nuclei melodrammatici del romanzo non sono pochi. Ne ho
scelti un paio dove entrano in campo le
due donne della storia: Fœdora e Pauline. La scena con Fœdora è quella della
rivelazione. Raphaël confessa il suo amore a la sua miseria e Fœdora piange
dopo essere venuta a conoscenza di tutti i sacrifici di Raphaël. Per vederla
non ha badato a dissipare tutti i suoi averi; ha digiunato, cercando di condurre con
difficoltà due vite parallele e il racconto di questi suoi sacrifici non è
stato «[…] la narrazione senza calore d’un amore esecrato» (1) ma
un’ispirazione dovuta all’amore che ha ripetuto «[…] il grido di un’anima
straziata [e le] preghiere d’un morente sul campo di battaglia» (2). Fœdora
reagisce al racconto di Raphaël con il pianto. È sincera? La donna ha un cuore?
Niente di tutto questo, perché il narratore chiarisce subito e senza equivoci
che
Ses larmes étaient le fruit de
cette émotion factice achetée cent sous à la porte d’un théâtre, j’avais eu le
succès d’un bon acteur (3)
Il dramma diviene più intenso: ci sono le lacrime finte
che non incantano Raphaël. Fœdora tenta una risposta che sembrerebbe un
tentativo di simulare una certa pietà ma Raphaël la interrompe minacciandola di
morte per l’amore che prova ancora per la donna. Le rivela di averla spiata
nella sua stessa camera. Fœdora sembra
turbata, arrossisce, ma è un attimo; gli lancia subito dopo uno sguardo
sprezzante e dice:
Vous avez dû avoir bien froid! (4)
E Raphaël risponde:
Croyez-vous, madame, que votre
beauté me soit si précieuse? […] Mais j’étais ambitieux, je voulais vivre cœur
a cœur avec vous, avec vous qui n’avez pas de cœur […] Combien je souffre (5)
Fœdora ribatte allegramente affermando che non apparterrà mai
a nessuno. Raphaël afferma indignato che con un tale comportamento ella si
ritroverà un giorno sola e vecchia e soffrirà mali inauditi. Il dialogo
continua su questi toni. Ormai è uno scontro aperto e le parole sono colpi di
sciabola che feriscono Raphaël (ma non Fœdora). La crudeltà della donna è
sottolineata dalle sue risate, dalla sua indifferenza. «No, non vi amo […] Mi
sento felice di essere sola […] D’altronde i bambini non mi piacciono […]
Perché non vi sentite accontentato dalla mia amicizia?» (6). Il contrasto tra le
due donne, oltre che verbale diventa anche emotivo: Fœdora continua a ridere,
mentre Raphaël piange. A un certo punto Raphaël dice:
Je ne vous verrais plus (7)
E lei :
Je l’espère (8)
Altra scena piena di pathos. Raphaël vive ormai la sua
agonia, è ricco ma schiavo dei suoi desideri. Si reca al teatro Favart dove
viene rappresentata la Semiramide. Al teatro rivede quasi tutti i personaggi:
il vecchio antiquario, Fœdora, Taillefer, Emile, Rastignac, quando
all’Ouverture del secondo atto una signora gli si siede accanto. Raphaël non si
volta a guardare la donna, eppure dalle reazioni del pubblico ammirato, dai
cenni che gli fa Emile, si rende conto di avere accanto una donna di fuoco. Ma Raphaël
non si può voltare, deciso a non rompere il patto concluso con se stesso per
cui non può guardare più una donna. Però non resiste a certi impercettibili
segnali che provengono inconsciamente dalla donna: il fruscio “femmineo” delle
pieghe del vestito di lei, il suo respiro che si trasmette agli abiti, in modo
da comunicare a Raphaël la vita soave «[…] comme une étincelle électrique»(9),
il tulle e le trine che trasmettono alle sue spalle vellicate il calore di
«quel dorso bianco e nudo». Raphaël si volta e quella donna da lui immaginata
di fuoco non è altri che Pauline, la ragazza della soffitta, alla quale Raphaël
ha insegnato a suonare il pianoforte. Pur essendo diventata ricca possiede lo
stesso candore, lo stesso atteggiamento, la stessa modestia verginale. È la
donna che Raphaël ha sempre sognato, la donna che capisce i poeti e vive nel
lusso. Queste due scene sono melodrammatiche, anche se il dramma
viene raggiunto nell’una tramite il dialogo e i gesti, e nell’altra attraverso
le sensazioni tattili e olfattive in un crescendo erotico probabilmente ineguagliabile
con altri mezzi. Lo scontro verbale-gestuale tra Raphaël e Fœdora è messo in
risalto dall’atteggiamento manicheo dei due personaggi. Ambedue hanno scelto la
“débauche”, hanno scelto di vivere fuori dalla norma. Fœdora è la donna di
ghiaccio, bella e irraggiungibile, che vuole tutti gli uomini ai suoi piedi,
pronti a soddisfare ogni suo capriccio. A lei interessa soltanto il denaro e la
vita mondana, non ama Raphaël, ma lo vuole come schiavo. Conosce i codici della
vita lussuosa, ma non va oltre le apparenze. Non sembra che vi sia un senso
profondo dietro il suo comportamento. Per lo meno Raphaël non riesce a
decifrarlo. La scena con Pauline al teatro è ancora più melodrammatica. In
realtà gli spettatori non guardano lo spettacolo che si rappresenta, ma il
palco dove sono seduti Raphaël e Pauline. Raphaël si è promesso di non
desiderare più nessuna donna per impedire al talismano di restringersi
ulteriormente. Eppure le sensazioni tattili e olfattive che prova dal contatto con la
sconosciuta, il respiro di lei che si trasmette lungo il suo corpo, il profumo emanato
dalla pelle della femmina, si accumulano provocando un crescente erotismo, fino
a quando Raphaël, non potendo resistere alla curiosità di conoscere quella
donna di fuoco, si volta e scopre che si tratta di Pauline. Per ironia della
sorte sarà quindi la candida Pauline, che vive nell’ «abnegazione e nell’offerta di sé», la donna fatale a Raphaël. Anche se la causa
della sua morte è la «débauche», la dissolutezza, la vita nell’eccesso, Raphaël
si è difeso riuscendo ad evitare di desiderare tutte le donne (persino la
fredda Fœdora che avrebbe potuto essere sua solo l’avesse voluto). Ma Raphaël
non riesce a resistere alla tentazione di vivere con Pauline e il suo rapporto
con la donna porterà la pelle di Zigrino a ridursi alle dimensioni di una
fogliolina. Pauline è un personaggio a tutto tondo, una donna di tipo
“orientale” che vive nell’abnegazione per l’uomo amato. Eppure non sembra una
donna che ha scelto di vivere nella «débauche» (anche se l’abnegazione potrebbe
essere considerata una forma di dissolutezza). Raphaël, giunto sull’orlo del
baratro, decide di morire tra le braccia della sua Pauline (anche questa scena
finale è fortemente drammatica). Possibile che la débauche porti Raphaël
sull’orlo del baratro, ma sia la castità a dargli l’ultima spinta? Forse
Pauline è un sogno che si è realizzato (una donna che ama i poeti e ricca è
sempre stato il vero, unico desiderio di Raphaël). Morire per un sogno è un
gesto eroico che ingigantisce ancora più i personaggi di questo ultimo atto.
1. Honoré de Balzac, La pelle di zigrino, TEA 1992, p.1894
(traduzione italiana a cura di Giorgia Vivanti)
2. Ivi,
p.p. 189-190
3. Honoré
de Balzac, La Peau de chagrin,
Galllimard 1974, p. 216
4 Ibidem
5. Ivi, p
216-217
6. Honoré de Balzac, La pelle di zigrino, TEA 1992, p. 191
(traduzione italiana a cura di Giorgia Vivanti)
7. Honoré
de Balzac, La Peau de chagrin,
Galllimard 1974, p. 218
8. Ibidem
9. Ivi, p.
173
L'immagine è tratta dal film omonimo di Alain
Berliner del 2010