L'alba. Tosca è convinta che la fucilazione del suo amato Mario Cavaradossi sarà solo una simulazione, l'attesa è lunga e Tosca dice (canta): "Com'è lunga l'attesa! / Perché indugiano ancor?... Già sorge il sole... /Perché indugiano ancora?... è una commedia, / lo so... ma questa angoscia eterna pare!...". Ma quando si rende conto che il suo amato è stato veramente fucilato, sconvolta perché la vita senza Mario non ha più importanza, e per non farsi catturare da Spoletta ("Ah! Tosca, pagherai / ben cara la sua vita!..."), respinge con veemenza Spoletta stesso aggiungendo: "Colla mia". Poi corre fino al parapetto di Castel Sant'Angelo gettandosi nel vuoto con l'ultima disperata frase: "O Scarpia, avanti a Dio!". Un epilogo altamente drammatico, stupendo finale di un'opera meravigliosa, un compendio di pathos, movimento, canto. Non mi vergogno di affermare che la Tosca riesce sempre a sconvolgermi, ad emozionarmi oltre ogni limite. La Tosca di Puccini mi rapisce, mi trascina nell'evento, mentre rimango estasiato dalla musica e dal gorgheggio del tenore e della soprano. L'amore qui mostra tutta la sua forza. Tosca mente per amore, finge di concedersi a Scarpia e in cambio chiede la salvezza dell'amato Mario che è stato condannato a morte da Scarpia stesso per aver dato asilo al bonapartista Angelotti. Ma Tosca uccide Scarpia con un coltello prima di pagare il suo "debito". Anche Scarpia ha ingannato Tosca col farle credere che la fucilazione di Mario sarà simulata. Pertanto Tosca pensa a una commedia, immagina che il cavaliere Cavaradossi finga la sua morte ("Ecco un artista!"), ma non si rende che la recita di Mario è una atroce realtà. Il suicidio per raggiungere il suo Mario ma anche per non farsi catturare è il conseguente epilogo di una storia di tradimenti e inganni, di gelosia e amore. La morte aleggia in ogni atto, sin dall'incipit; morte come risultato delle passioni umane, evento a cui tendono le movenze sofferte dei personaggi. In Milk come nella Tosca siamo a conoscenza dell'epilogo perché Milk è un biopic e conosciamo la Storia del primo consigliere gay americano e Tosca è un'opera lirica la cui storia è risaputa. Pertanto nessuna meraviglia quando Dan White scarica il suo revolver su Milk e nessuna meraviglia che Tosca si getti dal parapetto per l'ennesima volta durante l'ennesima rappresentazione pucciniana. Quindi quando il consigliere comunale di San Francisco cade in ginocchio guardando oltre il vetro della finestra e vede sul palazzo di fronte il cartellone pubblicitario dell’opera lirica Tosca, pensiamo (ho pensato) a una metafora. Il dramma si conclude, l'opera ha termine e la scelta di Van Sant pare grossolana. Una metafora usurata, che non è più una metafora ma un luogo comune. Eppure dopo la visione del film, mi sono reso conto che non poteva essere così semplice. Perché Van Sant avrebbe dovuto inserire una logora metafora in un film tutto sommato di buona qualità, rovinando l'epilogo e rischiando di danneggiare l'intero film? Non poteva semplicemente mostrarci Milk che cade in terra? Forse. Ma riflettendoci definirei l'immagine di Tosca una metafora che si compie nel Fuori o forse meglio nella conoscenza storica dello spettatore, insomma una metafora "ellittica" (1). Non so quanto questa mia affermazione possa essere attendibile (dovrei approfondire l'argomento e chiedere il parere al alcuni linguisti) ma mi interessa innanzitutto proporre una mia idea sull'epilogo di Milk: la metafora della Tosca non è banale né tanto meno logora. Si tratta di congedarsi dal proprio pubblico mostrando due aspetti per me notevoli: 1) la metafora fuoriesce dallo schermo, o meglio, senza la nostra conoscenza della storia non saremmo davanti a una vera e propria metafora; 2) Milk, prima di morire,vede il "futuro", per un attimo rivive la sua vita e proietta nel mondo il suo lavoro, vede noi spettatori e quello che noi sappiamo sulla sua morte. È un rapporto molto sofisticato tra il personaggio e il suo pubblico, una sorta di feedback a due corsie, andata e ritorno dal film alla nostra mente e dalla nostra risposta al film. Infatti Milk viene ucciso, Tosca si uccide: c'è una leggera differenza. Milk aveva assistito alla Tosca e Van Sant ci ha mostrato la fine del terzo atto con la scena di Tosca che si getta da Castel Sant'Angelo. In effetti non è Milk a suicidarsi perché Dan White si toglierà la vita, circa sette anni dopo l’omicidio, nel suo garage col monossido di carbonio: questo non sarà mostrato nel film, sarà solo citato nelle didascalie finali. La metatassi si coniuga tra Tosca e Dan White. Ambedue hanno ucciso, ambedue si suicidano, ambedue sono personaggi importanti nel plot, ma secondari nella finzione, ambedue chiudono l'evento. Tosca in scena (anche se il volo nel vuoto non viene mostrato) e Dan White nel mondo (anche se ci viene fatto sapere tramite una didascalia). Il film non continua, ma la storia e il futuro attraversano quel cartellone che pubblicizza l'opera di Puccini proiettato dallo sguardo di Milk. Milk non è solo un personaggio, ma un eroe dei nostri tempi, che cessa di essere un semplice personaggio, che abbandona il suo ruolo nel film per essere consegnato alla storia o semplicemente al nostro bisogno di "sa-voir" (che in italiano tradurrei non con sapere ma con saper-vedere).
(1) Da non confondere con l'idea del Gruppo di Liegi di una metafora composta da due sineddochi complementari (vale a dire una generalizzante ed una particolarizzante), generate secondo i modelli Pi o Sigma. Ad esempio, sineddoche generalizzante + Sineddoche particolarizzande (Sg+Sp) gruppo Sigma : « betulla-flessibile-giovinetta » da cui, « La betulla è la fanciulla dei boschi »; Sineddoche particolarizzante + Sineddoche generalizzante (Sp+Sg) gruppo Pi : « vedova-veli-danza » da cui : « La ballerina che si accompagna alla morte », per dire : una vedova che ha perso da poco il marito. Cfr tr. it., Gruppo m, Retorica Generale, Bompiani, Milano 1976.