29 settembre 2007
Il Golem - Come venne al mondo (Paul Wegener, 1920)
26 settembre 2007
Espiazione (Joe Wright , 2007)
[1] Spinoza, Etica. Mi scuso per la parziale e imprecisa citazione su Spinoza, ma non ho avuto il tempo di rileggere un autore che ormai è riposto nei miei lontani ricordi liceali.
[2] «Mi piace pensare che non sia debolezza né desiderio di fuga, ma un ultimo gesto di cortesia, una presa di posizione contro la dimenticanza e l'angoscia, permettere ai miei amanti di sopravvivere e vederli riuniti».
[3] La Stimmung si riferisce a un’atmosfera malinconica in cui oggetti, spazio e luoghi prendono le caratteristiche di un volto (G. Simmel, Filosofia del paesaggio).Béla Balázs definisce il concetto di fotogenia nel cinema come un volto umano che, ingrandito nelle grandi proporzioni del primo piano diventa complesso e vario come un paesaggio (B. Balázs, Il film. Evoluzione ed essenza di un’arte nuova).
[4] I pittori impressionisti percepiscono la realtà attraverso le impressioni della luce, dei colori, del vento che smuove le foglie e i vestiti, ecc., impressioni che cambiano da osservatore a osservatore, da pittore a pittore, da uomo a uomo.
Clair du Lune from Suite Bergamasque composed by Debussy
23 settembre 2007
Idioti (Lars von Trier, 1998)
[1] Nel senso di segnalatore di immagini classiche
[2] Per Joyce “Epifania” è «momento in cui la realtà delle cose ci soggioga come una rivelazione».
[3] L’idea di sequenza cinematografica come equazione è stata da me ripresa dalla teoria della funzione poetica di Jakobson. “La funzione poetica proietta il principio d’equivalenza dall’asse della selezione all’asse della combinazione. L’equivalenza è promossa al grado di elemento costitutivo della sequenza. […] La poesia e il metalinguaggio sono tuttavia diametralmente opposti: nel metalinguaggio la successione è usata per costruire un’equazione, mentre in poesia l’equazione serve a costruire la successione”. In Romam Jakobson, Saggi di linguistica generale, p. 192 (il grassetto è mio).
[4] La discriminante dell’equazione matematica.
[5] Verneinung, ossia Denegazione, negazione che afferma. Sandro Bernardi, Introduzione alla retorica del cinema p. 169. “Quell’atteggiamento contraddittorio definito da Freud come denegazione […]: lo spettatore sa infatti di trovarsi davanti alla proiezione di ombre […] eppure si commuove”.
20 settembre 2007
Eyes Wide Shut (Stanley Kubrick, 1999)
(1) “[L’]esperienza del vedere […] è un’esperienza in cui ciò che vediamo è determinato anche e soprattutto da ciò che non vediamo.” S.Bernardi, Introduzione alla retorica del cinema, Le Lettere, Firenze, 1994, p. 36.
(2) Galvano della Volpe, Il verosimile filmico, (1952), in Edoardo Bruno, Antologia del pensiero critico, Bulzoni, Roma 1997, p. 180.
(3) R.Barthes, L’effet de réel, « Communications », n. 11, Paris 1968, pp.84 e sgg. Il saggio, tradotto in italiano, si trova in: R.Barthes, Il brusio della lingua, Torino, Einaudi 1988, pp.151-159. Da segnalare un’attenta ed esauriente spiegazione del termine inventato da Barthes in S. Bernardi, Kubrick e il cinema come arte del visibile, Parma, Pratiche Editrice 1990, pp 174-176.
(4) Débauche, ossia dissolutezza. Ho ripreso questo concetto da Honoré de Balzac, La pelle di Zigrino.
17 settembre 2007
L'occhio che uccide (Michael Powell, 1960)
Fattore saliente del film, più del voyerismo, è la determinazione del padre-assente di filmare o rappresentare l'inaudito e la paura mettendo ad esempio nel letto del piccolo una lucertola. Il perturbante si raggiunge attraverso la paura del piccolo Mark che sfocerà nell’inconscio delirante del Mark adulto, quando diventato fotografo, osserverà distrattamente le modelle seminude affascinandosi però per una ragazza dal labbro leporino. Ma la sua eccitazione non è formale, nel senso che il corpo non rientra nel suo logos visuale. Non forma ma pensiero. L'ethos di Mark diventa espressione di sdoppiamento, di rinvio, di indugio mentre l'inaudito diviene uno dei nuovi "paradossali paradigmi di riferimento" ("Waldenfels, La responsività del proprio corpo). L'inaudito quindi rappresenta la ricerca del terrore nello sguardo della vittima che è spesso una donna dai capelli rossi (o tinti di rosso). Sesso e colore diventano il supporto, la custodia carnale dell'immagine del terrore riflesso nella lente deformante mostrata alla vittima (uno Squid ante litteram?). L'ossessione filmica diventa ossessione per l'immaginario, una incapacità di vivere la vita reale, o meglio incapacità di decodificarla. In altri termini l'incapacità di vedere il reale, mostrando il reale, è l'atto stesso della menzogna. Il film mente, falsifica tutto. A questo proposito risulta interessante la scena in cui il padre-assente entra in campo, affidando alla moglie la macchina da presa per sistemare il bambino: poiché a questo punto l'immagine si sfuoca, torna indietro rimettendo a fuoco l'immagine. Questo è diegeticamente impossibile, perché siamo noi spettatori a guardare la scena che va fuori fuoco, mentre lui non avrebbe dovuto vederla. Ma il regista (ogni regista) possiede la sensibilità magica, possiede l'onnipotenza del mago per fare quello che riesce a fare. Nel reale non è possibile ma a livello metaforico sì. Powell non era capace di riprodurre uno spazio realisticamente, infatti nel film siamo di fronte a una falsificazione perpetua. Mai un'immagine naturalistica, ma tutto quanto è artefatto: colori incredibili, troppo saturi, personaggi inverosimilmente truccati, filmico ridondante di contrasti eccessivi. Questo ha creato una grande tradizione portata avanti da altri registi iperrealistici (Fassbinder). Nel film c'è un lavoro di finzione (d'altronde il Cinema è fiction o no?): la macchina da presa che viene incontro sembra nascosta nel montgomery mentre le immagini che vediamo nel mirino sono all'altezza degli occhi. Anche le vittime di questo personaggio sono delle finzioni, sono delle rappresentazioni, momenti in cui si forma l’immagine della recitazione. Questa ossessione immaginaria del Cinema, questo bisogno di finzione, è orientato al reperimento della verità che si considera interdetta a quella che è l'esistenza (fotografica). Per Powell la visione è tutto e questa visione che si crea il proprio oggetto non esiste per affermare la finzione dell'immaginario, ma per evidenziare il luogo della finzione che diventa l'unico dentro cui reperire un momento di verità. Nella scena in cui Mark spia l’arrivo della polizia sul luogo del delitto, l’ossessione del vedere riguarda tutto (proprio il contrario del cinema-verità) e il momento della verità viene contraddetto proprio dal fatto che il personaggio cerchi la falsificazione e attraverso questa cerchi la verità. Nella realtà in sé non esiste questa definizione; la realtà deve essere sempre filtrata: incomprensibile, frammentaria, ha bisogno della sua finzione per essere interpretata. La verità in sé esiste solo come non-luogo, non è mai visibile, ma può emergere solo come una serie di artifizi. Proprio per questa impotenza davanti al mondo, Mark non può che cercare l’unico momento di verità assoluta nella morte. Infatti il volto deformato dell’attrice che porta sui di sé i segni della morte è l’unica certezza del momento che non lascia repliche: il volto dell’attrice porta su di sé i segni dell’impossibilità di una finzione. L’atto del rivedere imprigionato il fantasma della paura, impresso in un attimo di verità, rappresenta il bisogno inconfessabile di credere, credere, credere comunque in qualcosa.
14 settembre 2007
Io non sono qui (Todd Haynes, 2007)
11 settembre 2007
Titanic (James Cameron, 1997)
8 settembre 2007
Passion (Jean-Luc Godard, 1982)
5 settembre 2007
Blade Runner (Ridley Scott, 1982)
2 settembre 2007
Estetica della Nouvelle Vague
Bibliografia
Michel Marie, La Nouvelle Vague – Lindau
Giorgio De Vincenti, Il cinema e i film. “I Cahiers du cinéma” 1951-1969 – Marsilio
Jean-Luc Godard, Introduzione alla vera storia del cinema – Editori riuniti
François Truffaut, I film della mia vita - Marsilio