31 marzo 2014

12 anni schiavo (Steve McQeen, 2013)

Pittura. Quando Solomon danza in punta di piedi con il cappio al collo per evitare di rimanere strangolato, mentre tutt’intorno gli altri schiavi proseguono le loro attività, il tempo si allarga aprendosi in una sorta di digressione che sospende la storia. Intendo asserire che la Storia non si discute, nel senso che gli accadimenti  possono avere mille giustificazioni, possono essere analizzati  nell’affermazione di  motivi economici, culturali, politici, ma comunque sia non si può negare  il giudizio morale su un effetto rinviando tutto a una causa (ammesso che esista) . Il profitto ad esempio non può e non deve essere un alibi per giustificare la barbarie e l’ingiustizia, altrimenti dovremmo asserire (equivocando) che l’invenzione della sgranatrice di cotone di Whitney fu la causa della schiavitù scagionando  esecutori e  conniventi  della barbarie stessa.  La Storia in effetti è ricerca, tentativo di ricostruire un mondo. Proprio questa ricerca induce a comprendere la vita che si sgrana in un tempo infinito, scandito da tramonti e albe, dalla raccolta di un tot di libbre quotidiane di cotone, e dal ritmo incessante delle frustate sulle schiene di schiavi e schiave. La conferma del giudizio morale non è la rinuncia alla conoscenza delle sovrastrutture  ma la comprensione per il valore immenso della Storia. Durante la danza di Solomon con la morte, McQueen sospende la storia (narrazione) per affermare la Storia (ricerca). L’impossibilità di conoscere quel mondo distante permette di cercare le fonti di un’epoca. Le immagini dell’incipit, con gli schiavi  immobili nel campo di cotone, come in posa prima di una foto, e l’immagine di schiavi e schiave in attesa di essere venduti  a ricchi acquirenti, scaturiscono direttamente dai pochi dagherrotipi d’epoca e soprattutto dalla pittura coeva come le opere di Eyre Crowe; mi riferisco soprattutto a Slaves Waiting for Sale, Richmond Virginia by, 1861. Le immagini pertanto acquisiscono un valore aggiunto. Il rallentamento dell’azione e soprattutto il tempo che si ferma nella posa (vedi le sequenze dei tramonti o le panoramiche su una natura distante e indifferente, oppure la quasi immobilità degli schiavi in attesa di essere impiccati o con gli sguardi allucinati che anelano alla libertà) nasce dai documenti ritrovati, ma soprattutto dall’arte che ha saputo rappresentare la sofferenza. Il cinema adesso può riferirsi a queste opere mostrandone lo sviluppo da immagini a documenti colmi di dolore e oppressione. La pittura emerge in ogni sequenza come dato di fatto, come fonte irrinunciabile, testimonianza di un’epoca e di un disastro annunciato (guerra di secessione) per prendere vita, assumere un movimento, la nascita di una forte emozione.
Corpo. I corpi di 12 anni schiavo sono il naturale sviluppo o prosecuzione di un percorso che deve comprendere la trilogia del corpo di Steve McQueen. La perdita del controllo del proprio corpo è motivata da differenti situazioni: o si tratta di una dipendenza (Shame) o di una protesta (Hunger). Qui il corpo è diventato un oggetto, una proprietà, una merce da scambiare “liberamente” per il progresso e lo sviluppo economico di una società. Verrebbe da fare riflessioni ossimoriche del tipo “il liberismo del corpo sottomesso” che non renderebbero giustizia alla bellezza del film. Il corpo adesso non è fuori controllo come in Shame dove le pulsioni sessuali trascinano in scelte distruttive, e non è un mezzo per protestare contro un potere visto come oppressore (Hunger). La capacità dello schiavo di controllare il proprio corpo, persino negli ultimi momenti della vita è notevole. Solomon riesce a danzare in punta di piedi per non essere strangolato dalla corda, Patsey mantiene la propria dignità di donna nonostante lo stupro e le frustate. Dalla sua schiena emergono i dagherrotipi che mostrano vere cicatrici di reali schiavi frustati dai loro padroni. Eppure Patsey non è annichilita, il personaggio cresce sequenza dopo sequenza diventando sineddoche di un’intera razza. Tutto il contrario di ciò che accade a Edwin. Costui, il padrone, il proprietario, lo stupratore innamorato di una donna di colore, non controlla il proprio corpo, dopo lo stupro rimane sfinito ed esausto, avvilito dalle proprie debolezze, incapace di manifestare in pieno il proprio amore, schiavo del suo stesso mondo, dei  costumi della sua società. Edwin è molto simile al Brandon di Shame (ad esempio due tabù: in Shame è terrorizzato dall’idea di poter amare la sorella; in 12 anni schiavo è sconvolto dalla consapevolezza di amare una schiava). La libertà è una condizione interiore e infatti, citando un aforisma di Tagore,  è molto facile, in nome della libertà esteriore, soffocare la libertà interiore dell’uomo.
Musica. Mentre la storia si attarda a far emergere l’immagine (campi lunghi di paesaggi ma soprattutto primi piani di volti), la musica assume valenze narrative. Rischiando di semplificare direi : passaggio dalla musica classica o classicheggiante dei bianchi ad una musica nuova, moderna, dei neri. Da Devil's Dream a Roll Jordan Roll c’è un lungo percorso che conduce il protagonista dall’essere un  uomo libero integrato nella società nordista dei bianchi, eccelso suonatore di violino, accettato a pieno diritto ma alle condizioni dettate da una società controllata dai bianchi, ad uomo che prende coscienza della complessità del mondo, luogo in cui, comunque sia, la sua razza deve soccombere (uomini liberi ma accondiscendenti al nord, schiavi al sud o frustati o amanti o affrancati). Per un uomo appassionato di violino e della musica che esce dalle sue corde, distruggerlo e poi intonare con la voce nella piantagione di cotone il canto da cui nascerà la grande musica americana del novecento (spiritual , jazz, ) il passo è enorme: presa di coscienza della condizione strutturale di una società ingessata a cui non basterà un secolo per affermare i diritti sacrosanti di ogni uomo e donna, sviluppo narrativo di una melodia che assume valenze narrative scavando nel senso profondo di una storia. Da Storia come événement, limitata “al suo racconto frettoloso, drammatico, di breve respiro” (1), a storia di lunghissima durata, una struttura che per “[…] gli storici è senza dubbio connessione, architettura, ma più ancora una realtà che il tempo stenta a logorare e che porta con sé molto a lungo. […]”. Queste strutture sono “[…] al tempo stesso dei sostegni e degli ostacoli. Come ostacoli, esse si caratterizzano come dei limiti, in senso matematico, dei quali l’uomo e le sue esperienze non possono in alcun modo liberarsi. Si pensi alle difficoltà di spezzare certi quadri geografici,certe realtà biologiche, certi limiti della produttività, ovvero questa o quella costrizione spirituale: anche i quadri mentali sono delle prigioni di lunga durata”.(2).  La musica di 12 anni schiavo non è solo racconto e sviluppo psicologico del personaggio. Quando nella piantagione di cotone Solomon intona il canto degli schiavi unendosi ai fratelli, quasi balbettando e stupendosi lui stesso di questo atteggiamento, la musica, il canto, è molto di più di un racconto; ha assunto il nerbo di una struttura, un  “ostacolo”, una disperazione, il lamento di una impossibilità. Questo percorso musicale spiega bene le fratture delle faglie che determinano certe condizioni (pensare ad esempio alla linea Mason-Dixon, confine artificiale ma anche confine culturale tra il Sud e il Nord degli Stati Uniti), che si espandono all’indietro cercando origini sconosciute, onde che propagano i propri effetti sino ad oggi. 

1 Fernand Braudel, Scritti sulla storia, Mondadori, Milano 1973, Oscar saggi 1989 p. 60.
cit., p. 65

2 commenti:

Ismaele ha detto...

hai individuato tre elementi importanti, la pittura, il corpo e la musica, di un film che resterà oltre la notte degli Oscar.
i grandi film sono ricchi, e si possono vedere con tanti occhi diversi, e questo film è uno di quelli.
incredibile come non ci sia spazio per ironia e leggerezze, nei film di Steve McQueen, ma non sono mai pesanti, sono profondi, che è un'altra cosa.

Luciano ha detto...

Dici bene. Sono film profondi. McQueen ha girato per adesso solo tre film e sono tutti di grande qualità. Un regista molto attento ai particolari.