1 giugno 2012

Linea d'ombra-Festival Culture Giovani 2012: 5/5 Passaggi d'Europa

Nel commentare i lungometraggi ho deciso di riportare la sinossi pubblicata dalla direzione della rassegna sulle schede informative dei cortometraggi, di riportare altresì il mio commento pubblicato “a caldo” sul sito del Festival dopo la visione del corto, il voto assegnato in qualità di giurato-web e infine il mio commento attuale.

Behold the lamb (John McIlduff, 2012)


Road movie centrato su una strana coppia, la ruvida, drogata, dura e incinta Liz, e Eddie, un perdente di mezza età che tenta di allontanare il figlio dalla sua influenza. Cominciano la loro corsa attraverso la campagna del Nord Irlanda alla ricerca di qualcosa che possa salvare le loro vite. Ma nulla sembra facile per lei, che ha abbandonato suo figlio handicappato a coloro che sanno e posso allevarlo, e per lui che vede la sua vita scorrere senza entusiasmi e senza alcuna vera speranza. Eppure il loro incontro produce adrenalina e la sensazione che esso segnerà per sempre le loro vite.

On the Road originale e di grande impatto emotivo. Una coppia improbabile con una prestazione notevole. Un film che vorrei rivedere sperando che capiti un’altra occasione.
Voto 4

Questo film potrebbe possedere tutti i crismi di un cinema di novità se non scadesse spesso in un humor fine a se stesso, prodotto per riempire alcune zone “vuote”. Si potrebbe obiettare che la comicità irlandese spesso non è capita nel Mediterraneo. Può darsi. Comunque la parte più angosciante del film rimane in questo modo sminuita. L’idea di una storia on the road, il viaggio di un coppia incredibile (Liz, fidanzata di Joe ed Eddie, padre di Joe) in effetti è molto intrigante. Joe è una sorta di catalizzatore, un fulcro che occupa solo la prima sequenza, un ragazzo che si è messo nei guai per la droga a cui deve rimediare il padre. Comunque il rapporto che si instaura tra i due (finalmente né sesso, né nascita di un amore) è di un profondità incommensurabile, a dimostrazione che la solidarietà e la comprensione possono diventare un collante persino tra mondi diversi. Una coppia sui generis quindi nonché originale. Per questo una delle sequenze più interessanti è quella del tentato stupro nel bagno di un fattorino della droga a scapito di Liz. Il tentativo fortunatamente fallito potrebbe far pensare al classico “arrivano i nostri” (Eddie), mentre la molla che sprigiona il desiderio violento del fattorino nasce dalla mancanza di un preservativo, altrimenti il rapporto sarebbe stato un baratto sesso/agnello. In effetti il lavoro di McIlduff riesce a colpire l’immaginario dello spettatore tramite simboli da decifrare che penetrano nella storia, simboli-gag (in quanto spesso utilizzati per provocare ilarità) che usati e inseriti in modo diverso avrebbero dato un contributo maggiore al film. Così la morte per congelamento del cane (il cui cadavere viene poi gettato in acqua) e per annegamento dell’agnello (ugualmente gettato in acqua), operazioni causate dall’intervento di Liz, collegano il piano simbolico (l’orrore-desiderio di disfarsi dell’innocenza), al piano dei contenuti (il figlio disabile che Liz ama ma che non ha tenuto con sé). Allo stesso modo l’epilessia di Eddie, che sopraggiunge come per impedirgli di uccidere con una pistola l’agnello (e per fargli colpire una gomma dell’auto), sembra più un’allegoria del consumato rapporto padre-figlio. E mentre questo viaggio trascina contraddizioni e scheletri di due mondi lontanissimi (Liz ed Eddie), dalle ceneri di questa disperazione urbana prende corpo una nuova coppia more uxorio, non ancora prevista e riconosciuta dalle abituali normative che connettono la famiglia a un legame giuridico-sessuale, ma capace di sprigionare una intensità profonda che concilia l’animo con la speranza.


Kuma (Umut Dag, 2012)

Quando Ayse celebra il suo matrimonio, quasi tutti nel suo villaggio in Turchia credono che lei abbia sposato Hasan. In effetti, lei va a Vienna come seconda moglie del padre di Hasan, Mustafa. A Vienna è accolta differentemente dei membri della sua nuova famiglia. I figli di Mustafa, alcuni dei quali più grandi di lei, voltano le spalle alla ragazza. Solo Fatma, la prima moglie dell’uomo, da molti anni malata di cancro, sembra sinceramente contenta della sua presenza: ora è sicura di lasciare qualcuno accanto al marito, del quale è stata per anni una leale e obbediente moglie musulmana. Tra le due donne si sviluppa una speciale amicizia.

Anche per me il migliore (devo ancora vedere Spain). Sceneggiatura perfetta. Recitazione di altissima qualità (la sequenza del litigio è ormai una parte indelebile del mio animo). Plot avvincente ed efficace.
Voto 5

Un lavoro di alta qualità paragonabile al cinema dei grandi maestri. Una ragazza turca, Ayse, giovanissima, accetta con rassegnazione di diventare la sposa di Mustafa, il padre di Hasan figlio-avatar dello sposo alla cerimonia nuziale svoltasi in un villaggio della Turchia. Ayse, una volta in Austria, si vede così costretta a sostituire la moglie di Mustafa che sta per morire. Dovrà diventare la nuova moglie nonché madre di quattro figli. Mentre i figli non gradiscono la presenza della giovane donna, la madre ha voluto proteggere la famiglia trovando una giovane sostituta, perché la famiglia è anche amministrazione ed economia. E non a caso la donna è l’unica a provare comprensione e forse pietà per una ragazza praticamente coetanea delle sue figlie. Il film si sofferma ad analizzare i rapporti all’interno della famiglia, l’ostilità dei giovani, l’imbarazzo nel dormire nello stesso letto di un uomo molto più vecchio e l’affettuosità con cui Fatma tratta Aysa. La forza dirompente di Kuma non è tanto nell’enucleazione dell’ennesima storia della giovane costretta a sposare il vecchio, quanto nella capacità di mostrare la “normalizzazione” del dramma attraverso piccoli e apparentemente insignificanti gesti quotidiani: le chiacchiere per strada e nei negozi con concittadine, il bambino più piccolo che studia, i gesti nel rifare il letto prima della notte in cui il matrimonio sarà consumato con Mustafa, i dialoghi tra Aysa e le figliastre-sorelle, le confidenze con Fatma, donna malata ma anche Valide Sultan (madre del Sultano, la donna che governava l’harem) che protegge Aysa finché rispetta le regola dell’Umma (comunità e in questo caso famiglia). Quando invece il padre muore inaspettatamente, la volontà della donna “altra”, Aysa, la prigioniera velata dell’harem, esce allo scoperto, da Haseki Kadini (altra moglie) diventa Ikbal (odalisca) nei confronti di un giovane commesso del supermercato. Fatma vede così crollare un mondo. La famiglia che tanto aveva voluto proteggere, dopo che sarà morta, si scioglierà per sempre. La donna “altra” incarnata nella bellezza e nella pacata rassegnazione di una giovane femmina turca diventa, suo malgrado, strumento di discordia e motore di un meccanismo che frantuma un mondo. Tutto questo viene descritto con immagini semplici e nitide di vita familiare mentre la bellissima Aysa non è tratteggiata come una concubina ribelle pronta a dirottare e frantumare un mondo al fine di urlare la propria libertà, ma presentata come una semplice ragazza rassegnata agli eventi eppure dotata di una forza potentissima: la capacità di sapere amare gli altri. Grande cinema.


Spain (Anja Salomonowitz, 2012)

Uno straniero, bloccato in Austria contro la propria volontà, cerca in ogni modo di raggiungere la Spagna, sua originaria destinazione. Una restauratrice, che guadagna qualche soldo extra dipingendo icone religiose, ne ha abbastanza delle intrusioni del marito, violento, dal quale vuole divorziare. Quest’ultimo cerca le giuste parole per tornare con sua moglie andando a indagare, come parte del suo lavoro di poliziotto, in quel che accade tra coppie di doppia nazionalità. Un operaio spera nel prestito di uno strozzino per salvarsi dai debiti contratti col gioco. Ciascuno di loro è alla ricerca della felicità.

Film interessante e intenso, ma certe “coincidenze” ricordano un certo cinema blockbuster. Questo non preclude la qualità del film, ma limita le possibilità potenziali in nuce.
Voto 3

Più storie che si intersecano, storie di per sé interessanti e ben girate, ma improduttive. Soprattutto per due motivi. I personaggi non vengono scavati a fondo, ma (a causa della breve durata del film) rimangono appena abbozzati. Sono personaggi che passano come meteore, ne assaporiamo la singolarità e la loro energia che infondono nel plot, proprio in quanto esseri potenzialmente “luminosi”. Sono come delle supernove che potrebbero illuminare il cinema ma che non esplodono (vedi ad esempio Magdalena, moglie divisa da un poliziotto violento restauratrice e allo stesso tempo pittrice di icone o lo stesso Sava, uomo capace di fare qualsiasi cosa, ma impegnato a raggiungere la Spagna). I personaggi del film (forse troppi che interagiscono tra loro e tra quelli degli altri episodi) passano velocemente nella personaggi simili per abbandonarli a se stessi rinunciando pertanto a fare la loro conoscenza. mente, lasciando un sapore di scipito, la sensazione che manchi qualcosa. Terminato il film si ha l’impressione che questi esseri siano solo parvenze viste con la coda dell’occhio, amici di amici presentati a una festa e poi subito persi tra i buffet e i deschi dei cibi. La mdp li segue stancamente distratta da altri invitati.