22 dicembre 2009

2046 ( W. Kar-Wai, 2004) Pt. 2/2


La storia in 2046 ha una doppia natura da un lato è il film che stiamo guardando, dall’altro è il libro che Chow sta scrivendo. Parallelamente allo sviluppo del film c’è anche quella del libro quest’ultimo è arricchito dalle stesse esperienze vissute da Chow, ma in chiave letteraria, questo fa si che il protagonista si ponga con un piede nella “realtà” e con l’altro nella “finzione”. Ma per quanto la natura letteraria sia implicata cosi tanto da non renderne visibile il confine, viene comunque la necessità di collocare le rispettive parti; da un lato nell’ambito dell’avventura amorosa, come aspetto del vissuto dell’autore dall’altra come un’avventura puramente estetica afferente al libro che Chow sta scrivendo. Questa differenziazione prende piede dalla distinzione che Jankelevitch fa nel suo saggio sull’avventura.
Il saggio infatti propone di individuare all’interno dell’esperienza avventurosa una distinzione fondamentale. Detto in maniera semplicistica l’idea generale di avventura, secondo Jankelevitch, comporta un’oscillazione costante tra la serietà e il gioco, ovvero, tra l’idea di rischio che un’avventura di qualsiasi genere può comportare come l’ipotesi di morte e l’idea ludica il desiderio che spinge l’uomo avventuroso a vivere esperienze entusiasmanti, ma comunque ignote. Arrivando alla conclusione finale che non può esistere un’avventura senza che non vi siano questi due elementi messi in costante relazione. Inoltre Jankelevitch differenzia tre tipologie di avventura, queste sono caratterizzate da una presenza maggiore o minore di serietà o di gioco. Abbiamo infatti l’avventura mortale dove a prevalere è la serietà, l’avventura estetica dove a prevalere e invece il gioco e infine, la più importante , l’avventura amorosa dove le parti si controbilanciano vicendevolmente. L’avventura estetica in 2046 è quella rappresentata dal libro che Chow sta scrivendo, egli si trova più fuori che dentro, in quanto secondo Jankelevitch perché vi sia avventura estetica è necessario che il soggetto sia venuto fuori, non ne deve essere più coinvolto. Tutta la storia nel film è narrata da una voce off omodiegetica: “ovvero il personaggio che appartiene alla storia la racconta allo spettatore a cose concluse”(1) . Avviene che l’esperienza narrata da Chow nel suo libro si attua sottoforma di intertesto letterario, ma la percezione che se ne deriva è che in realtà Chow non è del tutto distaccato cioè non si trova ne del tutto fuori, ma neanche del tutto dentro, la componente di avventura amorosa è ben evidente tendendo ad avere una presenza maggiore rispetto al resto, le due categorie quella puramente estetica e quella amorosa si interscambiano. Guardando infatti gli aspetti dell’avventura amorosa descritti da Jankelevitch; […] “L’avventura amorosa è un’enclave all’interno della serietà prosaica della quotidianità […] l’avventura amorosa non fa parte del destino del’uomo, fa forse parte della sua destinazione […] L’avventura amorosa appare come una parentesi all’interno del vissuto, come una sorta di poemi in versi interpolato al centro del testo prosaico e serio dell’esistenza”(2). Il tema dell’amore per il protagonista mette profonde radici al centro della sua esistenza, e questa viene coinvolta globalmente, a tal punto da esserne trasformata. Per Chow l’amore è un gioco serio o una serietà giocosa, dualità che trova la sua possibile collocazione una nella forma del film e nella forma del libro. Il rapporto che chow intrattiene con le donne che incontra, ha in alcune una prevalenza di serietà con altre quella del gioco. Questo stesso comportamento oscillante è presente anche nelle donne. Vediamo infatti che con alcune di queste c’è un semplice rapporto amoroso, frivole avventure di qualche notte, mentre in altre sono i sentimenti a prendere i personaggi alla sprovvista facendoli cambiare atteggiamento. Ma un aspetto che Jankelevitch sottolinea, e che in questa sede risulta particolarmente appropriato, è come alle diverse parti, maschile e femminile, corrisponda un diverso modo di futurizione dell’avventura amorosa attraverso le categorie di Imminenza per le donne e Urgenza per gli uomini. “L’imminenza è femminile ella misura in cui essa prevale l’attesa passiva, ma solerte e affatto quiescente. […] Nell’Urgenza prevale al contrario il coraggio, che è la virtù dell’azione e la facoltà di andare apertamente incontro al futuro.”(3) Questo è ciò che fa esattamente il protagonista, egli parte verso il 2046 attraverso la spinta dell’urgenza , ma in previsione di una scadenza.
In un certo senso il libro, come atto volto a prolungare l’io in una altra realtà continuerebbe a oscillare tra memoria e scadenza, ma questa volta il primo avrà una valenza iterativa e ludica quindi un divertimento puramente estetico e il secondo invece sarà puntuale e serio, ma in un luogo (2046) che non ha concreta attualizzazione. Il 2046 in fondo è solo una camera d’albergo, che nell’accezione di Marc Augee (4) risulta essere un non –luogo, ma che in questo caso è un non-tempo di una memoria oscillante contornata da una scadenza sospesa, dove diverse donne del passato si sono alternate, tranne l’unica realmente amata da Chow.


(1)Metz C. Il luogo del Film, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995
(2)Jankelevitch V. L’avventura, La Noia, La Serietà Marietti edizioni, 1991
(3)Ibid
(4)Augee M.Nonluoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Eleuthera, 2005


9 commenti:

Unknown ha detto...

beh il film non l' ho visto, posso dire ben poco ç_ç però già che sono qui ne approfitto per farti tanti auguri di Buon Natale ^^

Giuseppe(eraservague) ha detto...

grazie e auguri anche a te

ISOLE-GRECHE.com ha detto...

Nell'augurarti buon anno invito te e i tuoi lettori a votare i migliori film ed interpreti del 2009.

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Luciano ha detto...

Interessante riflessione sul film tramite il pensiero di Jankelevitch, autore che purtroppo conosco pochissimo, ma che mi ha sempre incuriosito. Tra l'altro ho sempre sperato di trovare il tempo per approfondire il concetto di "noia". Potrebbe essere l'occasione (occhi permettendo) di leggere un suo lavoro. Come sempre un'ottima analisi.

Giuseppe(eraservague) ha detto...

Grazie mille luciano,è bello ritrovarti tra i commenti.

recenso - Recensioni à Go Go ha detto...

Con quello che riesci a trarre dai film sono curiosa di leggere cosa ne pensi di avatar. Io ne ho estratto una umile lettura sul cinema. ciao :-)

Vision ha detto...

sponsorizzando il mio secondo blog...
...voglio semplicemente dirvi di diffondere la notizia, poiché è nato sulla rete un nuovo spazio indipendente che cercherò di rendere interessante il più possibile...

questa la presentazione:

"Turn Out The Lights" è un verso di "When The Music's Over" (1967), scritta da Jim Morrison, voce e anima dei Doors [in una live performance nell'immagine di sopra], a cui è appunto tributato questo modesto spazio sul web.

Nel seguente blog, io, Vision, posterò solo videoclips musicali, a casaccio, senza un ordine ben preciso, intenzioni filosofico-esponenziali o capacità di revisioni misteriose...
...quindi, in sostanza, quando non avrò un cazzo da fare, dipingerò i pezzi migliori del mosaico multiforme in cui si impregna uno dei connubi più affascinanti dell'arte moderna: quello tra musica e fotografia.

...naturalmente invito tutti i lettori/spettatori a seguire il blog, con commenti sensazionali ed emozionali...

Giuseppe(eraservague) ha detto...

@Recensionini a Go Go. Spero di guardare avatar al più presto, sembra quasi che c'è sia una "pena di morte" per gli addetti ai lavori che non guardano questo film. In totale sincerità non ho mai creduto nel "potere 3d" magari può essere l'ocasione per cambiare idea.

@Visio, non macherò di visitare il tuo nuovo blog.

cinemaleo ha detto...

Così Wong kar-wai ha presentato 2046: «I due film, ‘In the Mood for Love’ e questo, sono nati in contemporanea. Sono in un certo senso la stessa storia. Finito ‘Mood’, questo è ricomparso. Ma non lo considero un seguito. Semmai una rilettura degli stessi personaggi, il rapporto fra i due film è lo stesso che il protagonista ha con il proprio passato: più cerca di dimenticarlo, più quello ritorna, Il messaggio del film è che bisogna prima o poi fare i conti con i propri ricordi».