21 febbraio 2009

Il curioso caso di Benjamin Button (David Fincher, 2008)

Il curioso caso di Benjamin Button non è solo un film sul tempo poiché lo “scorrere” del tempo è usato in senso narrativo come componente essenziale dell'immagine-movimento (1). Il tempo è il presupposto, la motivazione diegetica di una conseguente riflessione sulla vita, sull'amore e sull'attimo da cogliere. Caso mai risulta interessante il Ludus in fieri, una sorta di gioco dell'oca che ospita le anime trascinandole di casella in casella, attraverso un percorso che si conclude inevitabilmente in un terminale senso-motorio. Al contrario Benjamin ha la fortuna (sfortuna?) di partire dall'arrivo per giungere alla partenza, un percorso inverso, ma sempre lineare, solo che il suo epilogo coincide con l'incipit di Daisy. La convenzione, la durezza di una crosta cementificata dentro un inconscio collettivo (legata anche a bisogni non solo etico-culturali ma antropologici e genetici) impedisce a Benjamin di “formarsi” come “piccolo” in crescita (accarezzando gli stadi evanescenti di un'infanzia tanto immaginifica quanto maledettamente evaporata nei ricordi). Il fatto è che Benjamin deve attendere la fine per scoprire la sua infanzia, accontentarsi di un enunciato terribile quanto impossibile: il suo aspetto e la sua conformazione molecolare lo relegano nell'ospizio invece che nel nido. Il nido-rifugio costruito dalla piccola Daisy non rappresenta la fuga dal mondo degli adulti ma è una linea di demarcazione tra il possibile (nonni che fanno giocare i nipoti) e l'impronunciabile (nonni che giocano con i nipoti). Riguardo a questo aspetto apro una parentesi: poiché l'incrocio avviene a metà strada, “luogo” ove l'amore non scandalizza (o meglio non innesca disgregazione e ludibrio), il “toccarsi” (sfregarsi, “scivolarsi”) dei corpi è possibile ed è tremendamente romantico (anzi il chiasmo “corporale” definisce il momento più alto dell'enfasi romantica), ma il Tango (io tocco) è più un Tetigi (toccai) almeno dal punto di vista di Benjamin, ossia il tempo non perdona in nessuno dei due sensi. Il tempo non è solo l'oggetto del film (una reputazione dell'immagine-movimento?) ma anche la sua materia (l’effrazione dell'immagine-tempo?). In altri termini nei tanti “snodi” in cui il senso rimane sospeso e il tempo cessa di esistere, inondando con la sua assenza molti dei sintagmi più belli, ciò che il film non raggiunge a livello sequenziale (chiasmo di un amore) lo fa a livello dell'immagine (metafora di un afflato). Il percorso più affascinante non è tanto la vita a ritroso (plot interessante ma anche performativo) quanto la sospensione-dilatazione di questa assenza di vita che pertanto si coagula in poche ma impressionanti immagini plastiche. E il modo per ottenere questa sospensione (assenza piena di senso, colma all'inverosimile di informazione polisemica, in altri termini: poesia) è la danza. Non tanto la danza come oggetto-metafora del desiderio-vita-amore di Daisy, quanto la danza come mezzo per farci rimanere “incondizionatamente” in questa bolla visiva prima che si connetta ad altre immagini per formare la sequenza. Soprattutto due, ma sono molte le immagini che scardinano la credenza in un mondo (la credenza in una verità inventata): Benjamin che si alza dalla carrozzina e impara a camminare, Daisy che danza davanti a Benjamin poco prima di offrirgli il suo amore, poco prima del “previsto” rifiuto senso-motorio di Benjamin. Due immagini in cui la danza dei corpi (quello impacciato del vecchio Benjamin e quello angelicato della bellissima Daisy) prende il sopravvento relegando l'Oca in obsoleti, lontani ricordi, annullando tutti quegli aspetti che trascinano la mente nell'appagamento, formando un type (2) occulto non tanto perché misterioso, quanto perché inenarrabile. In altri termini, mentre la relazione sull’asse referente-type, che secondo Klingenberg è una relazione di stabilizzazione e di conformità (3), si basa sul fatto “[…] che la struttura dei nostri codici è fondata sulle esperienze del passato”(4), il type strutturato dalla mente di Benjamin affonda le sue radici nel tramonto, come se i suoi codici mentali (tutte le cose che ha imparato) oltre a essere rovesciati, fossero evaporati lentamente nell’afasia dell’infanzia. L’infanzia non come apprendimento e formazione, ma come oblio e decostruzione. Il type di Klingenberg diventa un anti-type e il referente un “oggetto evaporato”. È come ad esempio se il type amore (costruito attraverso le esperienze affettivo-sessuali con la prostituta del casino, gli incontri con Elizabeth Abbott e la vita insieme a Daisy) fosse per Benjamin già saldamente presente nei primi anni, in pratica un codice innato che si destruttura durante l’arco della vita a ritroso. In fondo Benjamin e Daisy sono solo due poveri corpi abbandonati nel tempo: ossa doloranti di un vecchio che impara a camminare, gambe affusolate di una giovane ragazza che vive ancora nel sogno prima del brusco risveglio. In questo dentro, in questa bolla visiva a-temporale, immagine-tempo slegata dalla cinetica ma saldamente ancorata alla cinematica, il senso si accumula, si gonfia, tracima dagli argini, esce come il colore dalla trama di un tappeto (5), innestando direttamente la materia nella significanza: ossia il tempo fuggito dal plot grazie alla danza (ma non solo) trova nella sua assenza (il tempo percepito, il tempo spazializzato, il tempo del ricordo e della speranza, tempo passato e futuro non sono più percepibili) la sua stessa affermazione (tempo che prende il sopravvento legando direttamente il senso alla materia dell'immagine). In questi momenti mi sono sentito galleggiare nel nulla, percependo simultaneamente il senso di ogni cosa (contemplazione?). È in questa assenza di tempo, in questa Platonia ideata da Julian Barbour che mi sono rifugiato:

“[…] Tutte le cose che vediamo intorno a noi nell'universo sono soltanto parti di istanti di tempo. Disseminati su Platonia, vi sono istanti di tempo con Wagner che compone Tristano e Isotta, astronauti che riparano il telescopio spaziale Hubble, uccelli che costruiscono il nido e Julian Barbour che cuoce il pane. La funzione d'onda dell'universo riesce a raggiungerne molto pochi. La struttura della funzione d'onda e la forma delle leggi di natura - in cui la tendenza della gravitazione ad ammassare la materia è senz'altro essenziale - costringono la nebbia blu a scovare gli istanti più speciali, disposti lungo fili delicati. Penso che i cosmologi sbaglino a definire la figura 54 una cronologia dell'universo. È la mappa di un sentiero di Platonia. La nebbia blu splende in corrispondenza di istanti che contengono capsule temporali e tutte queste, nei loro modi diversi, raccontano di un viaggio da Alfa lungo un sottile filo di «storia» - un percorso che attraversa Platonia. Il tempo esiste in quegli istanti poiché essi riflettono la vicenda del percorso e, dato che la struttura di Platonia nella sua totalità costringe la funzione d'onda dell'universo a «illuminare» i percorsi, sotto un certo aspetto questi istanti riflettono tutto ciò che esiste […]. (6)

Istanti che riflettono tutto ciò che esiste. Una frase che mi emoziona e che trovo in molte immagini del film, dove il senso inonda lo schermo, oltrepassa i significati apparenti denotati dalla scansione delle sequenze. Un film per certi aspetti che ingabbia i personaggi in capsule temporali, parentesi di tempo che possono essere intese come “ricordi” temporali (se riconosceremo la struttura spazio-temporale di un film che è anche costruito per vincere premi) ma anche come bolle “amnesiche” dove non conta il percorso, ma l’uscita dal percorso stesso attraverso la conoscenza.

(1) cfr. Deleuze, L'immagine movimento, Ubulibri, Milano 1993(2).
(2) Il type secondo il Gruppo μ di Liegi è una rappresentazione mentale. Secondo Jean-Marie Klinkenberg il type “[…] si forma per via di un processo di integrazione e stabilizzazione di esperienze anteriori, realmente vissute o funzionali[…]. Ho già visto dei gatti e so che hanno dei baffi, che graffiano e che miagolano […]. Oppure non ne ho mai tenuti in casa […] ma ne ho sentito parlare molto: alcuni amici ne hanno e ne parlano parecchio, ho letto Alice nel paese delle meraviglie e perciò ho conosciuto il gatto del Cheshire, sono rimasto affascinato dalla lettura del Gatto con gli stivali e dei Gatti di Baudelaire e conosco buona parte dei commenti che li riguardano […]. La funzione iconica del type è quella di garantire l’equivalenza tra il referente e lo stimolo, un’equivalenza che è di identità trasformata. Referente e stimolo intrattengono dunque una relazione di co-tipia […] (Jean-Marie Klinkenberg, Problemi di una semiotica delle icone visive, in Gruppo μ, Trattato del segno visivo. Per una retorica dell’immagine, Bruno Mondatori, Milano 2007 pp.237-238).
(3) “Le nostre rappresentazioni degli oggetti del mondo sono diventate stabili grazie alle norme culturali”. Ivi, p.240.
(4)Ibid.
(5) “[…] La straordinaria «impressione di freschezza» dei lubok deriva dal fatto che in quei vecchi tappeti sono i fili a portare i colori, ma soprattutto che questi colori escono, esorbitano dalle forme rappresentate, si spandono anche oltre i contorni delle figure che dovrebbero riempire […]”: Sandro Bernardi, Introduzione alla retorica del cinema, Le Lettere, Firenze 1994, p. 45.
(6)Julian Barbour, La fine del tempo, Einaudi 2000, p. 318.

25 commenti:

Anonimo ha detto...

bellissima...ma a quando l'analisi di INLAND EMPIRE?

Noodles ha detto...

Ecco perché è sempre bene venire qui, la questione sulla danza, la lettura attraverso quell'atto performativo mi pare interessantissima, e in effetti a ritroso, ora, a rpipensarci, mi sembra fecondissima.
Sono d'accordo però su ciò che scriiv all'inizio: per me questo non è tanto un film sul tempo a ritroso in senso meccanico. Chi si ferma a questo non ne ha colto il vero spirito secondo me. E' la riflessione sugli attimi, sulle occasioni mancate/perdute e sul ricordo di quelle trascorse. Elemento tra l'altro molto fitzgeraldiano.

Dottor Benway ha detto...

ciao luciano, la tua analisi - come sempre - è molto pertinente e approfondita, e offre numerosi spunti di interpretazione inediti.
a me personalmente il film non è piaciuto, trovo che tutti questi elementi che tu metti in luce, in fin dei conti sono resi entro una rappresentazione molto "hollywoodiana".

Weltall ha detto...

Un film che sicuramene si presta a molteplici letture ed interpretazioni. La tua analisi, al solito, è ottima e interessantissima. Complimenti ^__^

Christian ha detto...

Il film non mi ha entusiasmato, però in effetti ha degli ottimi momenti soprattutto in relazione agli "incontri" dei personaggi (troppo tardi, troppo presto...), come mi pare dica anche Noodles. Sicuramente non è un film che si dimentica.

Luciano ha detto...

@Anonimo. Ti ringrazio (ma ti sei dimenticato di loggarti o preferisci non farti riconoscere?). Scusa la curiosità. Hai ragione, in effetti l'header di INLAND sta un po' annoiando, ma purtroppo avrai notato la rarefazione dei miei post e così i miei propositi stanno slittando oltre ogni prevedibile limite. Sono il primo a rammaricarmi.

Luciano ha detto...

@Noodles. Sì in effetti volevo "dire" che tutto ciò che riguarda il ricordo mi affascina. Uscendo per un attimo dalla discussioen sul film per me (ma non solo) il passato è nel ricordo ed è molto diluito, ristretto, evanescente (insomma faccio in parte mia la teoria fisica di Barbour) e aggiungo che il ricordo è anche trasfmormazione (volontaria o meno), è il tempo perduto e quello ritrovato (La Recherche), ecc.ecc. Nel film questi aspetti si sentono molto a prescindere da eventuali parti deboli sulle quali ovviamente ognuno proietta i propri gusti. Un bel film.

Anonimo ha detto...

Un bel film, però secondo me da Fincher è lecito aspettarsi qualcosa di più, soprattutto considerato che l'idea di partenza del racconto originale di Fitzgerald è straordinaria...non so questo film mi dà l'impressione di una "occasione mancata"

Monsier Verdoux

http://ilpiaceredegliocchi.splinder.com/

Luciano ha detto...

Dottor Benway. Grazie, troppo gentile. Capisco. Una sintagmatica hollywoodiana che fa sentire il suo "peso". In effetti certe atmosfere e "ricostruzioni" plastiche possono essere realizzate solo con cospicui finanziamenti.

Weltall. Mi fai arrossire, grazie ;) Nelle mie recensioni provo a "spiegare" ciò che la visione di un film mi ha lasciato dentro e non è facile trasferire una sensazione su carta. Ci provo non so con quali risultati. A presto^^

Anonimo ha detto...

Complimenti, bellissima analisi, veramente!
Certo, il film regala molti spunti di riflessione e diverse chiavi di lettura... eppure, avendo letto il racconto di Fitzgerald avrei preferito scelte differenti da parte dello sceneggiatore.

Luciano ha detto...

@Christian. Sicuramente non si dimentica nel bene e nel male. Comprendo le critiche negative per via dei numerosi "luoghi comuni" e di alcune sequenze deboli, ma certe "situazioni" sono per me molto feconde e suscitano emozioni.

Anonimo ha detto...

bellissimo post, luciano, non ho molto altro da dire...
(la danza, effettivamente, è cruciale)
a me il film, come sai, è piaciuto molto

Luciano ha detto...

@Monsieur Verdoux. Non saprei dirti. Può darsi. E' difficile stabilire quanto un regista avrebbe potuto girare meglio il proprio film. Fincher per me (e come vedo anche per te) è un grande regista e come tale suppongo ami mettersi in discussione ogni volta. Appena possibile vengo a leggere la tua recensione. Grazie per la visita!

@Milena. Ti ringrazio, sei gentilissima. Purtroppo non ho letto il racconto (deve essere stupendo!) Comprendo che per misurarsi con quel talento di Fitzgerald ci voglia coraggio, ma io (una mia opinabile scelta) non amo fare paragoni fra film e romanzi perché sono due forme d'arte completamente differenti. Siamo di fronte a due testi e sicuramente il racconto di un grande scrittore suscita sempre emozioni ineguagliabili. Ricambierò presto la visita. Grazie!

Luciano ha detto...

@Honeboy. Sempre gentilissimo. Dovrei rivedere il film perché potrei aumentare il numero degli esempi. Purtroppo le riflessioni dopo una prima visione sono "di pancia" proprio perché (almeno nel mio caso) molti particolari vanno persi. So^^ Ho letto il tuo bellissimo post. Anche per me un ottimo film.

Anonimo ha detto...

Post bellissimo. Denso, complesso, stratificato come il film di cui parla. Le considerazioni sul concetto di type e la sua (de)costruzione nel film sono davvero molto molto belle.

Carissimi saluti, a presto

Anonimo ha detto...

Film bello ma non mi ha stupefatto, lasciato di sasso. Forse pretendevo troppo ma dopo Zodiac mi ero abituato troppo bene a Fincher.

MrDavis

Luciano ha detto...

@Pickpocket. Ti ringrazio. Il film in effetti è molto suggestivo ed alcune sequenze suscitano emozioni intense e particolari.
Un caro saluto.

@Mr.Davis. Fincher è senza dubbio un regista dotato e come tutti gli artisti ama sorprendere il suo pubblico. Gli effetti poi non possono essere condivisi da tutti. Per me ad esempio è un film con alcune sequenze insuperabili, ma ve ne sono altre che devo ancora definire: mi sfuggono, mi lasciano un po' perplesso. Comunque un ottimo film.

Noodles ha detto...

Esattamente: il ricordo è (coscientemente o meno) in parte invenzione, un po' come la "cattedrale" di Proust. Sono elementi e temi questi che mi sono particolarmente cari, forse è anche per questo che ho amato molto il film.

Luciano ha detto...

@Noodles. Elementi e temi che sono cari anche a me, perché troppo importanti, troppo "determinanti", nell'arte in genere e nel cinema e nella letteratura in particolare. Il "ricordo" ad esempio è determinante per la successione dei temi e del loro "ordine" (analessi, prolessi, ecc.)interagendo con la struttura stessa dell'intreccio.

Anonimo ha detto...

Io dico che sicuramente ci sono queste e molte altre riflessioni all'interno della pellicola (ed è per questo che mi è piaciuta), però secondo me il risultato complessivo è inficiato da altri elementi che mi hanno fatto "storcere il naso".
Detto questo, la sequenza della danza di Daisy per me è molto bella anche visivamente parlando.
Ale55andra

Luciano ha detto...

@Ale55andra. Anch'io ho notato alcune parti "deboli", ma non ho saputo definire il motivo per cui mi hanno convinto solo in parte. Infatti acquisterò il DVD per rivedere il film.
Un saluto.

Roberto Junior Fusco ha detto...

Hai questa capacità di leggere i film che è davvero superiore! Un'altra opportunità glie la darò non appena esce il DVD.
Ciao.

Luciano ha detto...

@Roberto. Proprio quello che voglio fare anch'io: rivedere e cercare di capire quelle sequenze che una sola visione non è riuscita a fissare nella mia mente.

Anonimo ha detto...

Io la penso come Monsieur Verdoux, l'ho infatti definito nella mia recensione come occasione mancata o curioso caso cinematografico. Poteva dare molto ma molto di più questo film ma dopo un inizio suggestivo poi va in stasi(perché c'è tutta l'attesa di Benjamin all'appuntamento delle due età ma non ben è approfondita e resa) sembra reiniziare 2 ore dopo ma spreca l'occasione. Troppo poco per 13 nominations, non coivolge come potrebbe e in questo purtroppo non ha il film colto l'attimo come invece fa Benjamin.

Luciano ha detto...

@Recenso. Ti ringrazio per la visita e per il tuo commento che esprime bene i motivi per cui il film non ti è piaciuto più di tanto. Tra l'altro è per me uno di quei film da rivedere presto proprio perché alcune sequenze non le ho "afferrate" bene, mentre altre mi hanno affascinato. Appena possibile verrò a leggere la tua recensione. A presto.