6 settembre 2008

Bad Guy (Kim Ki-duk, 2001)

Il film è già scritto, segue il suo destino. Ogni volta che vediamo e rivediamo una sequenza ci illudiamo di vederla in un eterno adesso, di osservare eventi e personaggi come curiosi che si soffermano, distratti dai propri affari, per assistere a un litigio. Come finirà, cosa succederà? Ma un litigio (o altri eventi) incontrato lungo la strada non possiede un inizio e un epilogo perché è “solo” un flash insignificante fra tanti altri eventi “insensati” in cui ci caliamo contemporaneamente, eventi senza storia e senza morale perché sono “solo” eventi, sono “solo” la vita. Ma il cinema è il cinema e anche se ci illude della freschezza del suo mostrato o della purezza della sua luce è “solo” un testo. È già accaduto, o meglio, ha bisogno del nostro vissuto per accadere in fieri anche se è già tramontato nel suo passato. Così la storia di Han-ki e Sun-hwa e del loro casuale incontro, in realtà è già accaduta. La studentessa che attende il fidanzato su una panchina di una strada affollata, credendo di vivere un altro giorno qualsiasi, non dovrebbe sapere cosa sta per diventare a causa del protettore Han-ki appena sedutosi accanto a lei su quella stessa panchina. Il luogo comune della panchina come contenitore di amore (ossia ragazzo + ragazza + panchina = amore) diventa l’orrore della panchina come “vetrina” con il proprio contenuto di giovane carne esposta allo sguardo della libidine (ossia ragazza + panchina – amore = – ragazzo). Il senso apparente, estrapolato dal desiderio comune di un evento che sopravvive sulle scatole dei cioccolatini, diventa (scambiando i termini) l’orrore del tempo che non riesce a mostrare i suoi perché. E il cinema sta lì, davanti a noi, a indicarci che è sempre stato così, che Han-ki e Sun-hwa nella diegesi sono carnefice e vittima (o viceversa?), sfruttatore e studentessa costretta con l’inganno a prostituirsi, ma nell’iconico sono sempre stati, ancora prima che lo sguardo se ne renda conto, due corpi condannati ad essere amanti. E mentre nel plot Sun-hwa disprezza il suo carnefice, sputandogli in faccia, esigendo le scuse, non sa che nella fotografia (in un frammento di story board strappato e perduto in una spiaggia) è sempre stata al suo fianco come una arcaica rassegnata concubina. Il mondo però ci invia segnali apparentemente indecifrabili, che non siamo in grado di capire, e che il cinema tenta di rendere intelligibili attraverso la formazione di simboli. E spesso questi simboli sono oggetti qualsiasi (1) o riflessi vaghi ed evanescenti o certi momenti onirici che stanno lì non per essere decifrati ma per essere amati. Quando Han-ki si trova sulla spiaggia accanto a Sun-hwa vede una ragazza di spalle che cammina verso il mare immergendosi e scomparendo sotto la calma coltre equorea. Ma chi è quella ragazza? È la stessa che Sun-hwa incontra lungo la strada della sua fuga e che le mette una maglietta sulle spalle come per proteggerla dal gelido pianeta ostile? O è lei stessa, il fantasma di una “brava” ragazza che non esiste più? La foto strappata assemblata da Sun-hwa manca di una tessera e non può mostrare un volto. Sun-hwa non sa ancora di chi è quel volto, conosce il contorno (o crede di conoscerlo) ma se attacca quella foto ricostruita allo specchio della sua cameretta, dove ogni sera dona il proprio corpo, il posto della parte mancante sarà di volta in volta occupato da un riflesso: il suo stesso volto che si pone sul corpo della ragazza della fotografia, il volto di Han-ki? Il cinema scivola in un riflesso assumendo una forma incorniciato da un testo (o da quel che ne rimane) che non è mai stato (il testo) ciò che avrebbe “voluto” essere. Difficile muoversi in questo film, tanti sono gli spunti e i motivi per riflettere. Ad esempio, può un volantino in quanto arma fronteggiare un coltello? O un vetro, portato sottobraccio come lo farebbe un vetraio mentre si reca a sostituirlo, può colpire e ferire? Nel cinema si può. Eco tre aspetti che mi hanno incuriosito:

1. Origami come piega dell’extra spazio/tempo. In una sequenza Han-ki fronteggia un avversario piegando un volantino pubblicitario in modo da dargli una forma simile a un cono appuntito che poi infilerà nella gola del suo rivale. Un origami contro un coltello non ha possibilità nel reale, un foglio contro la lama d’acciaio, qualcosa che non sembra nato per essere oggetto del male contro qualcosa che spesso simboleggia (grazie anche a tanto cinema classico) l’evento principale della ballata di un guappo: il duello all’ultimo sangue con un coltello in mano e tanto romantico coraggio. Ma nel cinema l’origami è la piega che cela il senso o l’assunto che si camuffa in arma per rimandare (almeno fino all’epilogo) lo scioglimento catartico. In questa arma c’è un condensato di immagine e scrittura, c’è il bisogno di nascondere, velare, ripiegare il mistero per tagliare un altro fotogramma, per esorcizzare la morte senza guardarla in faccia (un po’ come lo scudo di Atena usato da Perseo per sconfiggere Medusa) (2). La carta del cinema può anche (tra le pieghe di un’ellissi o di una panoramica che mette fuori campo un personaggio, o di una zoomata che butta fuori dal quadro il contorno) sconfiggere un finto acciaio o il passato di un altro cinema che non c’è più. La carta (dove potrebbe trovarsi la sceneggiatura del film), tagliando il corpo, forma l’immagine come contenitore di una proiezione, come raccordo tra uno spazio-tempo che sta per lasciarci e un’attesa dell’imprevisto che sta per essere vista. Insomma il fuisse viene determinato dal futurum esse.
2. La trasparenza come arma (il vetro che ferisce). Un vetro sottobraccio, anche se appuntito, non è un modo per uccidere. Quasi impossibile muoversi nello spazio per sperare di colpire il nemico. L’arma è piuttosto il sogno di determinare una trasparenza filmica che lasci “parlare” gli oggetti e gli eventi, come se la pellicola non esistesse, il cast non esistesse. Quel vetro diventa una sorta di deissi che torna ogni volta ad annullare la sua stessa trasparenza (del vetro). Ossia un tal vetro come arma diventa di un’opacità inaudita, una trasparenza opaca.

3. La luce dentro lo specchio. Han-ki spia Sun-hwa da dietro lo specchio, soffrendo nel vederla prostituirsi, soffrendo nel vederla piangere ma anche nel vederla trasformarsi in una puttana desiderata da tutti. Vede non visto, ma il desiderio di fondersi col riflesso di lei adagiato sullo specchio trascina l’opacità speculare, che riflette l’immagine di Sun-hwa, a ridosso della trasparenza (dell’attraverso). Per creare una simile rappresentazione ci vuole una luce (in questo caso un accendino). Per trascinare il mondo riflesso dallo “specchio di Atena” (3) oltre lo specchio stesso ci vuole la luce che solo il cinema può ricostruire. La fusione può sembrare totale, ma ha un costo alto: la possibilità di rivelare il trucco e l’alienazione dell’ego nell’abisso di una credenza (appagamento?).



(1) Oggetti qualsiasi come un portafoglio (tra l’altro un oggetto fondamentale per la storia del film), ma anche accendini, parrucche colorate, vetri, coltelli, ma soprattutto il catalogo delle opere di Schiele , un pittore espressionista. I pittori espressionisti non considerano le leggi della prospettiva e né l'illusione del volume e della profondità. Le linee e il colore sono utilizzati per evidenziare la visione drammatica e pessimistica sul mondo e la società.
(2) Kracauer afferma (cito a memoria) che nel mito la decapitazione di Medusa non significa ancora la fine del suo regno. Infatti Atena fissò la terribile testa sul suo scudo per gettare il terrore tra i nemici. Perseo, che ne aveva vista l’immagine, non riuscì a distruggerne completamente lo spettro (Krakauer, Film: ritorno alla realtà fisica (1960) Milano, Il Saggiatore 1962)
(3) In realtà si tratta dello scudo di Atena e non dello specchio, ma lo scudo nel mito di Perseo e Medusa viene usato come uno specchio.

20 commenti:

Ale55andra ha detto...

Mi hai incuriosito parecchio soprattutto con le metafore della panchina, della donna in acqua e dello specchio. Cercherò di rimediare alla mia lacuna su questo regista.

M.S. ha detto...

....passo...

Anonimo ha detto...

Pellicola piuttosto forte, assumere con cautela. :)

Christian ha detto...

Uno dei miei Kim Ki-Duk preferiti! Ricordo che mi colpì moltissimo la scena in cui (SPOILER) il protagonista maschile parla per la prima volta, e si sente quella voce in falsetto, e di colpo la si collega al taglio alla gola.

Luciano ha detto...

@Ale55andra. Il film è interessante per tantissimi motivi. Purtoppo lo spazio da dedicare in un blog non è mai sufficiente. Quando lo vedrai ti renderai conto di cosa si tratta. Senz'altro merita una visione. Non vedo l'ora di leggere una tua riflessione su questo film.

@Mario. Grazie di essere passato ;)

Luciano ha detto...

@Dan. Pellicola forte e fantastica, in effetti da bere a piccoli sorsi. Ti ringrazio per la visita che ricambierò appena possibile. A presto!

Luciano ha detto...

@Christian. Confesso che con Kim Ki-duk mi succede una cosa strana. Quando vedo un suo film mi sembra sempre il migliore di tutti gli altri visti in precedenza. Mi è successo anche con Bad Guy. Forse perché capita così raramente che un regista "sforni" tanti film di qualità (almeno secondo il mio punto di vista). Bad Guy comunque, se non il migliore, è uno degli apici della sua filmografia. La scena che hai citato è davvero impressionante, un film sui generis.

domenico ha detto...

GODO per questa tua iniziativa di scrivere post su kim ki-duk uno dietro l'altro!
(ha girato una marea di capolavori il Nostro, se dovessi scegliere primavera estate ecc è per me il capolavoro dei capolavori, un film di una bellezza ineguagliabile.)
bad guy l'ho amato, è strepitoso
(mi faccio prenderedall'entusiasmo quando si parla di kim ki-duk ^^)

Alberto Di Felice ha detto...

>Quando Han-ki si trova sulla spiaggia accanto a Sun-hwa vede una ragazza di spalle che cammina verso il mare immergendosi e scomparendo sotto la calma coltre equorea. Ma chi è quella ragazza? È la stessa che Sun-hwa incontra lungo la strada della sua fuga e che le mette una maglietta sulle spalle come per proteggerla dal gelido pianeta ostile? O è lei stessa, il fantasma di una “brava” ragazza che non esiste più?

Perfetto. Questo estratto secondo me mostra bene, fra le altre cose, quando questo film abbia in comune soprattutto con "Time", che a qualcuno fra gli amanti di Kim non è piaciuto. Sciagurati siano, e sempre sciagurati.

"Bad Guy" è il mio Kim preferito dopo "La samaritana".

Luciano ha detto...

@Honeyboy. Ne godo anch'io. Kim Ki-duk ha girato molti film di alta qualità. Vederli uno dietro l'altro è come una sbronza che non passa mai. Primavera, estate... è un altro film fantastico. Il fatto è che ognugno dei suoi film meriterebbe un approfondimento che porterebbbe a scrivere all'infinito, ma questa stessa sequela di parole non riuscirebbe mai a definire un solo fotogramma di ciascuna delle sue opere.

Luciano ha detto...

@Alberto. Secondo me Time è un film che è stato sottovalutato, forse non sarà all'altezza di altri (ma devo rivederlo e ogni film kimmiano ha il potere di affascinarmi dopo ogni visione)ma "trascina" nel corpo il fantasma che vive nella casa di Ferro3. Spero di rivedere presto il film. Bad Guy è stupendo (l'ho rivisto da poco e già ho voglia di rivederlo).

Anonimo ha detto...

Appena tornato mi sono messo a leggere queste tue splendide analisi sull'immenso Kim. Bellissime davvero!

Spero che ce ne siano ancora delle altre su di lui. Manca, per ora, il mio preferito del regista... :)... anche se già "Ferro 3" è un capolavoro; e sia "La samaritana" che "Bad Guy" sono opere pregne di una potenza cinematografica indiscutibile.


Un caro saluto

Luciano ha detto...

@Chimy. Ti ringrazio, sei sempre gentilissimo.

Credo che pubblicherò qualche altra recensione su Kim Ki-duk sperando di non annoiare troppo (troppi post di seguito su uno stesso regista possono stancare). Se ho capito bene il mio prossimo post potrebbe riferirsi proprio al tuo film preferito.

Carissimi saluti^^

simonebocchetta ha detto...

un kim ki-duk che mi manca... e sì che ho visto anche 'crocodile'...
sempre splendidi post e argomenti, lascio sempre passare troppo tempo tra una visita e l'altra qui da te, mannaggia a me :P

simonebocchetta ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Luciano ha detto...

@Simone. Lo stesso discorso vale anche per me. Purtroppo il tempo non basta mai e ci sono troppe cose da fare. Ti ringrazio per la visita e i complimenti (troppo gentile). Crocodile è un altro film che merita una visione (non lo vedo da tanto tempo). A presto ;)

Anonimo ha detto...

anche per me questo Bad Guy è il preferito. Un capolavoro assoluto che si dispiega nei meandri della voce di Etta Scollo, circolare come pochi.

Luciano ha detto...

@William Dollace. Con i film di Kim Ki-duc mi capita una cosa che difficilmente si verifica con altri registi. Ossia quando rivedo un film, come nel caso di Bad Guy, che magari mi era piaciuto molto, ma ad esempio meno di Ferro3, rivaluto il film stesso. Bad Guy mi era piaciuto meno ma il ricordo del film si era appannato dopo la visione di posteriori film kimmiani. Invece la nuova visione mi ha fatto rivalutare questo capolavoro. Adesso non saprei proprio fare una classifica di gusto. Forse il mio preferito è ancora Ferro3 ma certamente Bad Guy non è da meno. Stupenda la voce di Etta Scollo.

Roberto Junior Fusco ha detto...

Questo proprio non lo conoscevo.
Lo devo recuperare assolutamente.

Luciano ha detto...

@Roberto. Uno dei migliori film di Kim Ki-duk e per alcuni in assoluto il migliore. Per me forse Ferro3 gli sta leggermente davanti.