19 febbraio 2008

Cloverfield (Matt Reeves, 2008)

Premessa. Questo post mi ha dato più soddisfazione di tutti quelli che ho postato fino ad oggi perché nasce dalla collaborazione tra il sottoscritto e Dome di Movie's Home che stimo e ammiro per la sue capacità indiscutibili di cinefilo. In pratica questo post nasce dall'integrazione e permeazione di due recensioni. Spero che il risultato sia soddisfacente per tutti.
1. Debolezza dello sguardo

Forse sembrerà strana questa mia affermazione ma Cloverfield mi è sembrato un film immobile, impantanato nel flusso continuo del movimento che scorre attorno alla macchina da presa. Apparentemente le immagini “mosse”, le riprese fatte a mano e l’effetto amatoriale disturbano la vista, ma ritengo che si tratti solo di adeguare lo sguardo al falso movimento, ammettere che lo sguardo è debole. Il film sembra una lunga e ininterrotta soggettiva (in realtà soggettive di diversi personaggi) ma invece è una lunga e interrompibile ricerca del Dentro. E non è semplice riuscirci. Mi sembra che Cloverfield, al di là della trama riconducibile ad un immaginario ormai acquisito dalla cultura cinematografica (King Kong, Godzilla, ecc.), riesca a decostruire (e riutilizzare) le varie soggettive utilizzando più metodi (dovrei rivedere il film per trovarli tutti) che ridurrei soprattutto a tre: a) Decostruzione degli sguardi; b) Ricostruzione attraverso gli sguardi c) Coitus interruptus.
a) Gli sguardi dei ragazzi intervistati o quando osservano chi riprende non guardano mai (o quasi) in macchina perché si suppone che la macchina da presa (dopo le prime interviste durante la festa) diventi un semplice orpello, una sorta di protuberanza carnosa di chi guarda: il punto di vista non appartiene più all’autore ma allo spettatore. Lo sguardo è il nostro e i personaggi ci ignorano. Non siamo pertanto davanti a una vera soggettiva, ossia, tecnicamente lo è, non vi sono dubbi, ma esteticamente siamo di fronte alla decostruzione della sequenza. E questo è il grande merito del film. Il regista conduce il nostro sguardo dentro l’azione e il sapere diventa inerte, ossia inappagabile e il non appagamento (non esaurire desideri) è una delle caratteristiche dell’arte in generale. Rinchiusi nel Dentro possediamo una visione parziale e carente e, ogni volta che cerchiamo di ricucire i brandelli delle immagini, non siamo mai in grado di creare una forma. Le forme non si allineano o si conformano in un attimo epifanico ma rimangono sospese nell’alea che circonda la storia dei personaggi. Non accade insomma come nella Corazzata Potëmkin dove il montaggio intenso e frenetico (inquadrature di brevissima durata), sorretto da una robusta struttura, ci restituisce il senso unitario dell’Obraz (un’immagine prima parcellizzata e poi ricomposta); con l’Obraz (che si potrebbe accomunare al concetto di Epifania di Joyce) attraverso dati parziali e frammentari viene ricostruito il concetto o il senso unitario della scena o della sequenza (in pratica l’Obraz è un atto linguistico). In Cloverfield non c’è Obraz o meglio non c’è Epifania, perché le sequenze sono decostruite e la struttura è debole. Sembrerebbe un aspetto negativo, invece è la forza del film. Riuscire a decostruire le sequenze per lasciare il parziale, l’alea e la debolezza come canoni estetici da fare propri. Solo accettando queste debolezze è possibile assorbire la frammentarietà . Appena mi sono adeguato a questa condizione, ho provato subito ansia per gli eventi (ossia la forza del Dentro e dell’inconoscibile ha cominciato a preoccuparmi). In altre parole la mancanza di indizi, il non appagamento e la paura di non sapere mi hanno lasciato un sapore di realtà che molti film classici (spesso etichettati come realistici) non hanno saputo infondermi. Il realismo non è la verosimiglianza ma una condizione mentale che suscita emozioni.
b) Possiamo discretizzare (ovvero quantizzare) un segnale continuo (l'immagine è un segnale video) ma non siamo in grado di invertire questo processo, dal segnale quantizzato non si riesce più a risalire a quello originale.
I segnali video che ci giungono da Cloverfield (come detto nel punto a)) sono già a brandelli, discretizzati, come possiamo dunque ricostruire un segnale unitario?
Cloverfield esprime il massimo del movimento istante per istante, ma perde tutto il suo movimento nel tempo infinito ("l'immobilità" di cui parlavo in precedenza). Mi spiego, considerando che di fatto non vi è più differenza tra occhio e telecamera (c'è una corrispondenza strettissima tra i due elementi) in ogni istante la telecamera dovrà esprimere il massimo movimento possibile per rimanere "in asse" rispetto all'occhio, ma è altrettanto vero che per tempi infiniti il movimento relativo tra oggetto e soggetto riprendente finisce con l'annullarsi, dato che la corrispondenza è diventata vera e propria "identificazione".
Consideriamo quei brandelli come intervalli (o meglio porzioni) di spazio nel tempo, parti di un Tutto (ovvero un insieme aperto di cui l'occhio può estrapolare piccole porzioni sulle quali poi fisserà la sua istantanea attenzione).
Vertov "faceva in modo che il tutto si confondesse con l'insieme infinito della materia, e che l'intervallo si confondesse con un occhio nella materia, Macchina da presa" (1).
Possiamo estendere facilmente il concetto a Cloverfield: il tutto qui è un terrore totale che si è confuso con l'insieme infinito della materia (dentro l'inquadratura viviamo il terrore, fuori campo possiamo "sentirlo"), l'intervallo lo abbiamo introdotto prima, l'occhio/Mdp è il vertice fondamentale del linguaggio cloverfieldiano.
Abbiamo dunque un totale espresso non più con la dialettica montaggistica (vedi il riferimento precedente a Ejzenštejn ) ma confondendo questa Unità con una sensazione (il terrore appunto) e utilizzando lo sguardo decostruito per ricostruire un segnale continuo.
Questo grande "coito segnaletico" è talmente potente da dover essere, in qualche modo, interrotto.
c) Il Coitus interruptus è un momento drammatico dove confluiscono piacere e angoscia, orgasmo e capacità di limitare lo stesso orgasmo. Il coitus interruptus rappresenta la consapevolezza e la capacità di non voler godere per paura delle conseguenze della propria passione. Lo spezzettamento delle sequenze è causato da uno spegnimento della mdp e altri tipi di interruzione? Ci sono ellissi asintomatiche, non funzionali all’economia del film. Nel cinema classico l’ellissi è tutta nella mente di chi guarda (scena 1: un uomo alla finestra che saluta un amico in auto; scena 2: l’uomo e l’amico viaggiano velocemente in auto per le strade di Roma. Ellissi: il momento in cui l’uomo chiude la porta, attraversa la strada e sale in auto è lasciato alla ricostruzione di chi guarda); in Cloverfield invece l’ellissi è istantanea, non importante, lascia poco o nessuno spazio allo sguardo. Lo sguardo è talmente inserito nella decostruzione/ricostruzione che le ellissi non sono intervalli tra un sintagma e l’altro, ma appartengono alla decostruzione delle sequenze. L’andamento delle sequenza sembra più una serie ininterrotta di orgasmi negati e coiti non consumati. Lo sguardo (presente) non gode della visione perché è Dentro la visione stessa, gode interrompendo il proprio godimento.
L'interruzione, dunque, del debole sguardo presente, del godimento in atto, ci riconduce ad un nastro preregistrato, ovvero la rappresentazione di uno sguardo passato (flashback).
Lo sguardo passato è forte appunto perché riesce a interrompere un linguaggio visivo (nel presente) di forza inaudita. La forza é dovuta proprio ad un raffronto tra passato e presente, il presente sembra incerto, claudicante, nel finale finisce con l'esaurirsi (apocalisse) ed ecco, un altro flashback ci riporta allo sguardo passato, l'unico possibile ormai.

2. REAL TV

a) L'inesistenza del copyright
Dar vita ad un'opera originale significa appropriarsi di un diritto, che è quello dell'utilizzo. L'immagine dunque (un segnale visivo di qualsiasi natura, fotografia, disegno, un video) appartiene al soggetto specifico, al creatore.
In Cloverfield è bene distinguere, la percezione è proprietà dell'individuo non più l'immagine, divenuta possedimento di un immaginario collettivo.
Questo dal preciso istante in cui la telecamera è stata ritrovata.
Durante la ripresa non vi è alcuna differenza tra immagine e percezione, esse sono individuali, possiamo separarle (un esempio semplice, togliendo la telecamera dalla mano dell' "utilizzatore") ma perdiamo totalmente la natura originaria del segnale, esso non sarà più testimone individuale ma collettivo.
La perdita della capacità di mettere a fuoco è la stretta conseguenza di questa separazione.
Il ritrovamento della testimonianza rende l'immagine collettiva, le fa perdere il suo copyright (non dimentichiamo che lo spettatore sta spiando dei reperti video).
Questa perdita d'individualità è comunque inevitabile, nell'era di youtube, la condivisione di un video equivale a rinunciare al possesso dell'immagine per trascinarla nell'immaginario collettivo.
In Cloverfield, addirittura, si potrebbe arrivare a pensare che queste immagini siano state prelevate con lo scopo "youtubistico" di penetrare un immaginario (ovvero premeditando la rinuncia all'individualità).
b) Stupro dell'immagine
Altra conseguenza, diretta, di questa rinuncia è la trasformazione della percezione oculare in violenza sull'immagine.
L'idea stessa di prelevare una porzione di spazio-tempo a scopo di condivisione (e non di rappresentazione) coincide con uno stupro, quell'intervallo di percezione, prima vergine, viene penetrato appunto da questo immaginario.
"La realtà è ciò che vedo con i miei occhi, non quella che vedi tu" (2), se la realtà coincide alla mia visione (e dunque al mio occhio) quello che vedi tu è quello che ho visto io (in tempi diversi), ma è pur sempre una tua realtà, una tua rielaborazione, il tuo stupro delle mie immagini.
Condividendo cosa accade? Quello che ho visto io è quello che tutti avranno la possibilità di vedere e "violare", impunemente.
c) Realtà fattasi show
"Non è la realtà della vita che si fa show, è uno show abnormemente dilatato che [...] rimpiazza la vita, con cavie consapevoli che alla vita rinunciano in cambio della popolarità" (3).
Possiamo intendere la popolarità come immaginario collettivo, memoria popolare divenuta incredibilmente duratura (la memoria, nell'era digitale, non è più un problema, possiamo "salvare" scritti, immagini e qualsiasi altro tipo di reperto su innumerevoli tipologie di supporto).
Quel "rimpiazzare la vita" è un concetto che si sposa alla perfezione con Cloverfield, il mostro è semplicemente un pretesto che porta il nostro "cameraman" sul tetto della casa, da ora la ripresa del terrore e la penetrazione dell'immaginario diventeranno i suoi obiettivi fissati in maniera tanto istantanea quanto consapevole.
Non si abbandona il mezzo riprendente, a costo della vita.


3. Estetica dell’estremo

Adesso mi piace citare Blanchot che in un suo scritto(4) riporta il mito di Orfeo ed Euridice. Non mi dilungherò a narrare l’episodio dando per scontato che sia conosciuto da tutti, ma ciò che mi interessa è la discesa negli inferi di Orfeo per riprendersi la sua Euridice, Orfeo deve spingersi all’interno degli Inferi in un luogo profondo tanto quanto basta per salvare la sua amata. Quando sta per riportare la sua cara alla luce del giorno, consapevole che la rivedrà sotto una normale veste di donna e che sarà con lei felice, sente il forte impulso di voltarsi per vedere la sua Euridice “notturna” ancora in balia dell’oltretomba. Appena voltatosi lo sguardo di Orfeo non rappresenta più la passione del Fuori, il desiderio di essere in sintonia con gli altri e di rimanere appagato dalla forza del verosimile(5). La trasformazione di Euridice in statua di sale è metafora dell’impossibilità di possedere attraverso l’Altro se stessi, di entrare in sintonia e (nel cinema) di vedersi con altri sguardi. Spingersi in questa direzione significa non salvare Euridice, ma neppure (come fa Orfeo) condurla fin quasi alla superficie, significa spingersi nel punto dell’incontro per conoscere la forma infernale del Dentro, lo sguardo opaco dell’amata colto nel momento della massima debolezza. Spingersi ai limiti del linguaggio e della grammatica (filmica, linguistica, pittorica), significa astrarre il significante dal concetto e mostrare l’inguardabile. Raggiungere l’estremo della visione significa generare un senso claustrofobico, il senso del punto di vista della vittima. In queste condizioni il Sapere è parziale, confuso, genera ansia, si nasconde dietro qualsiasi oggetto, si cela nel buio di una galleria o si intravede dietro un palazzo. Per possedere un Sapere più completo, per informare al fine di rendere il film più intelligibile (da un punto di vista narrativo) la mdp è costretta a inquadrare la tv, ossia la fonte primaria del Falso, il mezzo che riesce a restituirci il massimo della visione falsa attraverso pezzi di reale arbitrariamente montati. Solo attraverso la tv lo sguardo riesce a ricostruire nella mente le lacune della visione decostruita del Dentro. È una visione fuorviante, illude di essere unitaria, forma una coscienza istituzionale non libera, ma la tv presenta immagini classiche ove dominano il sapere e la diegesi. Ad esempio il crollo del ponte è visto dalla soggettiva in modo parziale quando un colpo improvviso di coda distrugge la parte centrale del ponte, ma è reso con focalizzazione esterna (o focalizzazione zero?) dalle immagini televisive. La perdita di informazioni a cui assistiamo dall’interno ha bisogno, per decostruire il linguaggio, di rapportarsi con il punto di vista onnisciente (o quasi) dei media, altrimenti si rischierebbe di rasentare l’afasia. L’estetica dell’estremo significa proprio questo, ossia non avventurarsi al di là della massima profondità permessa. D’altronde Orfeo (che con il suo canto rappresenta l’Arte), una volta trovata Euridice, si sarebbe anche spinto oltre, ma non è stato possibile perché se Orfeo rappresenta l’Arte, Euridice, come afferma Blanchot, è l’estremo fino a cui l’arte può spingersi. Euridice è un limite, una frontiera situata nel Dentro. Potrebbe essere il limite intrinseco della conoscenza? Pertanto l’aspetto fondamentale del film è un Interno (non una focalizzazione interna) che si dinamizza grazie alla focalizzazione esterna o onnisciente. In altre parole il Sapere implode nella sequenza e si riduce, ma resiste perché siamo nel campo di sequenze dove domina una focalizzazione almeno esterna. In fondo sin dall’incipit siamo avvertiti che il film è un documento ritrovato, quindi un reperto che osserveremo assumendo il punto di vista di un narratore esterno. Il film è visto contemporaneamente da Dentro e da Fuori.




1. Deleuze, L'immagine-movimento
2. Burgess
3. Michele Serra
4. Blanchot, L’infinito intrattenimento
5. Frase in corsivo aggiunta dal sottoscritto

32 commenti:

domenico ha detto...

son soddisfazioni!!

Luciano ha detto...

@Honeyboy. A chi lo dici!

Noodles ha detto...

Continuo nella mia ignoranza. Vi ho letto, con attenzione e forse sono io che sono ignorante, am la maggior parte delle acute riflessioni mi sembrano come dire delle sovraletture un po' costrittive.
Ma ciò non toglie che molto più probabilmente l'ignorante sono io che non lo capisco. e dunque pazienza ^^

chimy ha detto...

Passo anche qui per farvi tantissimi complimenti.

Un film che davvero fa nascere moltissime interpretazione. Grandissimo.

Un saluto

M.S. ha detto...

ho lasciato il commento al post su Movie's Home, naturalmente vale per entrambi (non do del voi ad honeyboy!!) ;)

Luciano ha detto...

@Noodles. Nessuna ignoranza. Solo interpretazioni diverse. Tieni conto che questa recensione è anche un percorso di emozioni e vuole soprattutto descrivere lo sviluppo di questo viaggio attraverso la percezione del senso. Grazie per il tuo commento-gemello. ;)

@Grazie Chimy. In effetti la struttura del film contribuisce a riflessioni di questo tipo.

Luciano ha detto...

@Mario. "...merito delle vostre menti brillanti, non certo di quelle dello sceneggiatore e del pigro regista!"

Grazie, sei gentilissimo. Magari avessi la mente brillante. Sapessi quanto avrei voluto e vorrei poter girare un film!

Martin ha detto...

Non è una questione di ignoranza Noodles, ma di approccio.
Ciò che siamo determina in ogni istante il nostro modo di porci verso la realtà che ci circonda, cinematografica in questo caso.
Sia cha sia intellettuale, emotivo, analitico, contemplativo, piuttosto che disincatato, cerebrale o superficiale, il nostro sguardo siamo noi stessi e si traduce poi in ciò che (de)scriviamo.
Per questo amo leggere le infinite sfumature che ogni cineblogger trasmette nella maniera che più gli è congeniale.
In questo avete ragione sia tu che Mario quando si allude alla costruzione di qualcosa che è "altro" perchè in fondo è proprio il nostro sguardo ad essere "costruttore di mondi".

Luciano ha detto...

@Martin. Sono sostanzialmente d'accordo, poiché l'arte (soprattutto quella contemporanea) è polisemica l'esperienza estetico-artistica (fra l'io artistico e il mondo figurativo), diventa anche esperienza ermeneutica. Infatti l'opera d'arte costituisce occasione per scoprire gli aspetti del linguaggio dissimulati dall'opera stessa. L'opera esprime quel più di senso che solo il rapporto estetico può “sentire” (sempre nella sfera del linguaggio). Ricoeur afferma che l'estetico ha una doppia componente sensibile e poietica. Comunque l'esperienza estetica è pur sempre innestata nell'atto ermeneutico in quanto l'arte (soprattutto quella moderna) è impegnata nella ricerca delle potenzialità metadescrittive del linguaggio. Pertanto compito della mimesi non è di farci riconoscere gli oggetti, ma farci scoprire dimensioni dell’esperienza. Insomma il momento estetico, almeno nella sua componente poietica è anche atto ermeneutico. (Scusami per questo concetto espresso in modo un po’ confuso).

FiliÞþØ ha detto...

mah...per quanto riguarda questo film, mi ritrovo dalla parte di Noodles.
Nient'altro che un buon film d'azione.
Io veramente non sono riuscito a vederci niente di più, resta il fatto che ho cmq gradito la pellicola ma per quanto mi riguarda è troppo furba e tendente al blockbuster per essere epocale...

FiliÞþØ ha detto...

OT:

tornando al discorso affrontato un pò di tempo fa, prossimamente esce il dvd di "fast company"! :D
Ora manca solo "M Butterfly"...

Anonimo ha detto...

Io mi ritrovo un pò nella via di mezzo, così come avevo già scritto nel mio post. Non mi pare che contenga tutte queste considerazioni straordinarie che tu e Honey ci avete visto, ma non è nemmeno un filmetto d'azione scialbo...
Ale55andra

Luciano ha detto...

@Filippo. E' impossibile stabilire quale dei film che esce oggi sarà epocale. La distanza storica saprà decidere e magari sarà un film che sta scivolando silenzioso davanti ai nostri occhi. Ma è anche vero che vi sono film poco nominati e poco considerati usciti ottanta anni fa che, pur non essendo epocali, sono per me capolavori, come ad esempio "La caduta della Casa Usher" di Epstein (film conosciuto credo soltanto dai cinefili). Se Cloverfield fosse stato girato in maniera classica probabilmente non mi sarebbe piaciuto, ma sono rimasto colpito dalla prospettiva limitata e frustrante dei protagonisti, immedesimandomi nella loro angoscia, poi quello che c'è fuori (mostri eserciti distruzione) non è importante (per me). Posso anche essere d'accordo che il film sia un'operazione commerciale e potrei un domani rivedere il giudizio, anche perché un conto è recensire un film d'annata, un conto un film appena uscito nelle sale, e inoltre mi è capitato dopo due, tre, tot visioni di cambiare le mie valutazioni. Però, ecco, in sala a vedere Cloverfield c'erano quindici persone e quasi tutte (compresa mia moglie) disgustate dalla visione del film. Mentre durante la visione di Caos Calmo (che recensirò presto e che non mi è tanto dispiaciuto) la sala era piena. Insomma se avessi voluto fare un film di cassetta non avrei usato uno stile tanto devastante. Quando uscirà in DVD lo acquisterò perché appunto potrei rivedere o meno il giudizio. Per il momento il film sta maturando ancora dentro di me e mi sta ancora scuotendo. Di notte mi giro nell'auto per vedere se c'è qualcuno in agguato rannicchiato nel sedile posteriore. Grazie per il tuo gradito commento che mi ha dato modo di esprimere le mie emozioni che forse non sono tanto distanti dalle tue visto che hai comunque gradito il film. ;)

P.S. Mi hai dato una notizia meravigliosa. Esce Fast company in DVD, ma tra quanto di preciso? Grazie Filippo!!

Luciano ha detto...

@Ale55andra. Siamo più o meno d'accordo. Lo straordinario per me è scaturito dalla prospettiva che mi ha incollato sulla poltrona. Insomma durante la visione provavo ansia, un fastidioso senso di ansia. Fra qualche mese lo rivedrò ;)

FiliÞþØ ha detto...

@ luciano: Su dvd Store. com lo danno disponibile dal 5/3/2008.
Edizione Director's cut, doppio dvd! :DDD

Anonimo ha detto...

Io la penso esattamente come Noodles: mi è piaciuto ma non ci ho trovato nulla che andasse oltre il "che figata sto film!".:-)

Sempre un piacere cmq leggerti.

MrDavis

Luciano ha detto...

@Filippo. Grandioso! Da non perdere assolutamente :) Grazie.

@Mr.Davis. Ti ringrazio per il piacere di leggerci^^

Anonimo ha detto...

Come sai il film mi è piaciuto tantissimo, quindi immagina che piacere è stato legere questa analisi così ricca e brillante! Tantissimi complimenti ad entrambi.
Lorenzo

Luciano ha detto...

@Lorenzo. Ti ringraziamo entrambi per i complimenti ;)
Questo film, si sapeva, è tra quelli che generano opinioni differenti. E queste differenze sono per me stimolanti e interessanti. In fondo ogni film dovrebbe sempre stimolare una discussione.

Anonimo ha detto...

Dell'acqua che si trasforma in male e procura danni ne parerò con il prossimo post su Historie d'eau un corto girato da Frank Truff e montato da Godart. Ciao Nam
http://lacameraobscura.splinder.com/

Luciano ha detto...

@Nam. Conosco il corto di Truffaut/Godard e pertanto non vedo l'ora di leggere il tuo post.

Anonimo ha detto...

Dopo aver fatto i complimenti a Dome in altra sede, è assolutamente doveroso farli anche a te Luciano.
E' un piacere notare come Cloverfield abbia mosso così profonde riflessioni in un po' di cineblogger.
Bravi.
Saluti.
Para

Luciano ha detto...

@Para. Ti ringrazio. Cloverfield è uno di quei film capaci di far discutere e, al di là dei gusti di ognuno, da tenere in considerazione. In fondo abbiamo aperto tutti quanti un blog proprio per confrontarci e arricchire la nostra esperienza con quelle degli altri.

Pickpocket83 ha detto...

Sinceri, sentiti comlimenti prima di tutto per l'iniziativa (bellissima!) e poi ovviamente per questa super-super-analisi! mi spiace molto di non essere riuscito ancora a vedere questo film (quindi purtroppo ho potuto cogliere solo una piccola parte dei riferimenti della rece), ma il post l'ho letto comunque con piacere e grande interesse. Bravi, bravissimi entrambi. E lunga vita al network cinebloggaro ;-)

Anonimo ha detto...

mi manca, devo assolutamente rimediare il prima possibile
Buon fine settimana...
simone

Anonimo ha detto...

mi manca, devo assolutamente rimediare il prima possibile
Buon fine settimana...
simone

Luciano ha detto...

@Grazie Pickpocket. L'iniziativa di "fodere" due post in uno è stata una magnifica idea di Honeyboy da me subito accettata con entusiasmo. Secondo me (al di là poi dei giudizi tutti rispettabili sui film) sono da apprezzare lo "sforzo" compiuto nonché l'idea stessa. Chissà, forse un giorno potremo/potrete fare altre esperienze simili.

Luciano ha detto...

@Simone. Come avrai notato è un film che fa discutere. Potrebbe piacerti oppure potrebbe anche disgustarti. A presto e buona domenica.

souffle ha detto...

cavolo! fantastico pezzo, molto molto interessante per tutte le porte che apre. è stato bello leggero.
Un saluto

Luciano ha detto...

@Souffle. Eh sì... ehm... leggerissimo!Lo stesso post (lo avrai letto) è anche sul blog di Honeyboy. In pratica è una recensione a quattro mani e l'eccezionale idea è stata di Honeyboy. Poi, si sa, il film può anche non piacere. In effetti alla maggioranza non è piaciuto. Grazie per la visita. A presto.

Roberto Junior Fusco ha detto...

Un film che divide. Sostanzialmente come hai già capito sto dalla parte tua e di Honeyboy.

Luciano ha detto...

@Roberto. Ti ringrazio^^ In effetti un film particolare, girato in modo particolare, con una storia teoricamente banale. Mi ha fatto provare emozioni forti: quelle appunto della vittima impotente e impossibilitata a difendersi.