9 dicembre 2007

Seminario-Incontro con Peter Greenaway - (2/3)

Pubblico 2: Trovo un po’ assurdo che in un periodo di "immagini in movimento" la stragrande maggioranza degli studenti dell’Accademia delle Belle Arti abbiano profonde difficoltà, per esempio, a capire quello che succedeva negli anni '20. Io mostro Little nemo di Winsor MacCay (1907) come una sorta di multimedialità estrema e trovo forti difficoltà a farlo comprendere; ma come è possibile che nel 1928 questo prodotto è andato su un quotidiano, e quindi i fornitori avevano ben in mente che cosa stavano mandando e cosa stavano leggendo, e adesso invece una buona parte delle nostre nuove leve ha una certa resistenza a capirlo?
Mr. Greenaway: a mio avviso nell’arte esistono soltanto due principali correnti recenti: Balla e Duchamp, quest’ultimo certamente ha causato più problemi rispetto alle soluzioni presentate, ha creato caos (arte concettuale), lui diceva che "la pittura può essere tutto ciò che noi vogliamo chiamare pittura" e questa è l’espressione massima del disorientamento, tanto che in tutta Europa il concetto di disegno è stato demonizzato. Già dagli anni '60 il disegno non si insegnava più nelle scuole e solo ultimamente, girando per l’Europa, mi sono accorto che in alcuni posti stanno reintroducendo questo insegnamento e d’altra parte è giusto, qual è il modo migliore di vedere il mondo se non disegnandolo?
A mio avviso Rembrandt era un grande artigiano, artista-artigiano, nel senso che possedeva una certa arte intesa come mestiere del saper disegnare e dipingere, cosa che adesso si è persa completamente, e cioè la capacità artigianale di rendere l’immagine pittorica.
Tutto quello che Rembrandt voleva disegnare lo ha disegnato e dipinto, i suoi disegni non sono accidentali, casuali, non sono polaroid o istantanee, non c’è nessuna casualità in quello che dipinge e questa è la stessa cosa che faccio io: se voglio mostrare un rapporto omosessuale tra due personaggi lo faccio mostrando un determinato atteggiamento. Ed è per questa sua caratteristica che, nel film Nightwatching, Rembrandt viene accusato, proprio a causa della sua intenzionalità. Voglio spiegare questo progetto in dettaglio: nel 2006 si è celebrato il 400esimo anniversario della nascita di Rembrandt, io risiedo in Olanda da diverso tempo e mi è stata data l'oppurtunità di lavorare con la "Ronda di notte" esposta al Rijskmuseum di Amsterdam. Gli olandesi sono persone abbastanza strane, hanno un proverbio per esempio che dice "essere ordinari significa essere abbastanza straordinari" ed è questo un approccio molto pragmatico verso l’arte, gli artisti e i loro concetti; gli olandasi non venerano gli artisti come degli dei, bisogna ricordare che sono calvinisti e molto protestanti, quindi non esiste il concetto di venerazione come avviene in società cattoliche–romane. La Ronda di notte è considerata essere in Europa il quarto dipinto in ordine di fama; il primo è la Monna Lisa, il secondo è L’ultima cena di Leonardo e il terzo La cappella sistina.
Gli olandesi hanno una parola che in italiano si può tradurre come "solidarietà domestica", in tutta Europa esiste il concetto di convivialità o socialità però nella cultura e nella società olandese c’è proprio questo gusto di stare insieme tanto per condividere e questo quadro è l’espressione massima di questo sentimento. E poi questo sentire, questa particolare passione, questo sentimento di solidarietà domestica ha anche ragioni storiche, non è da dimenticare che l’Olanda è stata la primissima repubblica europea, la democrazia è arrivata in Olanda molto prima che in altri luoghi d’Europa. Siamo agli inizi del 17esimo secolo e l'Olanda era circondata da monarchie come l’Inghilterra con il suo potere navale-marittimo e da una Francia con Luigi XIV che auspicava un ritorno della chiesa cattolica-romana. Un altro motivo di questa forte solidarietà domestica è proprio la guerra portata avanti contro la Spagna cattolica (1648), si può paragonare ad un confronto alla Davide e Golia. Un altro motivo riguarda la situazione geografica, come sapete l’Olanda è una spiaggia sotto il mare, dove abito io la mia casa è a 3,5 m sotto il livello del mare, l’aeroporto è a 5 m sotto, quindi è un paese sempre in lotta per non essere sommerso, per strappare terra al mare e questo richiede un forte senso di solidarietà civica tra le famiglie. Tutto ciò che ho detto è per farvi capire quanto sia importante questo dipinto per quello che rappresenta, per quello che raffigura per l’Olanda dato questo sfondo che vi ho appena tracciato, essendo io uno straniero in Olanda, per me è stato un privilegio, un onore avere questa tela per giocarci per tre mesi. Quando dico "giocare" lo intendo all’inglese cioè giocare molto molto seriamente, ho ricevuto questa tela perché ci giocassi seriamente per me questo verbo ha dei connotati molto importanti, c‘è dentro anche la competitività, la capacità di giocare…Vi racconto un’altra storia per farvi capire quanto sia importante questa tela per gli olandesi, dopo la seconda guerra mondiale nel 1949 con il Piano Marshall l’Olanda era indebitata con gli Stati Uniti e non si vedeva una via d’uscita per sanare il debito, finché il presidente americano propose questo scambio se gli olandesi davano agli Stati Uniti La Ronda di notte il debito sarebbe stato cancellato ma gli olandesi si sono assolutamente rifiutati preferendo rimanere indebitati.
Rembrandt come sapete è stato il maestro della luce evidentemente le autorità del Rijskmuseum di Amsterdam hanno pensato che si potessero creare quelle equivalenze tra lo stato dell’arte della conoscenza e della capacità di fare la luce come faceva Rembrandt, attraverso le nuove tecnologie, di rendere la luce ombra e quindi hanno pensato che se era possibile creare delle analogie degli equivalenti sulla manipolazione della luce lo si poteva fare attraverso me come autore di ciò, infatti il cinema che non è altro che la manipolazione della luce artificiale. Io ho avuto una formazione pittorica, quindi se c’è una cosa che mi ha sempre affascinato è cercare una connessione tra gli 8000 anni di pittura occidentale e i 120 anni di cinema e sulla base di questo mio interesse abbiamo cercato di fare una contemplazione di quello che questa immagine può tradurre per l’arte corrente.
Quindi abbiamo creato un programma che riproduceva fedelmente questa tela su uno schermo, non è un clone non è una copia ma un programma che ci ha consentito di avere questa riproduzione del quadro, per alcuni può essere considerato un atto blasfemo. Quindi noi abbiamo preso questo dipinto e abbiamo fatto quello che fece anche Godard che in un suo film cerca di instaurare un dialogo cinematografico con un quadro; quello che abbiamo fatto noi con tecnologie diverse è stato proprio un lavoro di ricreare un giorno nella vita di questo dipinto, cioè focalizzandoci su questo dipinto e la sua vita colta in un giorno. Nello stemma della città di Amsterdam ci sono tre croci, queste sono le tre croci di Sant’Antonio e rappresentano anche le tre cose che maggiormente temevano i cittadini di Amsterdam nel '700 e cioè il fuoco (gli incendi), le inondazioni e i topi i quali veicolano la peste bubbonica, pare che Rembrandt abbia perso tre figli e due delle sue mogli per la peste.
Dato che era impossibile portare la Ronda di notte qui quello che state per vedere è un dvd in cui viene proiettato ciò che abbiamo fatto durante l'esposizione ad Amsterdam sulla RdN …(abbiamo assistito ad una proiezione in cui è stata creata una animazione del quadro).
Questa cosa che avete appena visto fa parte dell' esposizione che è stata allestita in occasione dell’anniversario della nascita di Rembrandt nel Rijskmuseum di Amsterdam, per tre mesi ci sono state 3000 persone che hanno visto l'esposizione e questo è stato il primo di una serie di lavori che mi sono stati commissionati, il prossimo è in Italia e riguarda L’ultima cena di Leonardo a Milano e dovrebbe essere inaugurata nel 2008 a questo farà seguito un altro grande capolavoro che sono Las Meninas di Velázquez, poi Le nozze di Cana del Veronese esposta al Louvre, poi a Chicago e per finire il Giudizio Universale di Michelangelo in Vaticano, siamo riusciti a trovare un modo per cui cinema e arte si incontrano veramente.
Sembra che il turismo culturale sia in declino (pare che questo fenomeno sia particolarmente evidente in Italia), negli ultimi 10 anni c’è stato un calo del 18% dei turisti quindi molti direttori di musei e di gallerie cercano in qualche modo di ricreare un dialogo in modo che ci sia una maggiore fruizione un maggiore interesse per quelle che sono le pietre miliari artistiche della storia dell’umanità.
Abitando davanti al museo ad Amsterdam esso è diventato quasi un’estensione del mio salotto, subito dopo l'esposizione sulla tela abbiamo fatto il film Nightwatching e poi ci sarà un’opera teatrale, infatti in questi giorni stiamo facendo le prove al teatro di Rotterdam, l'opera è intitolata "Lo specchio di Rembrandt". Sapete che Rembrandt è uno dei pittori che possiede il numero maggiore di autoritratti, circa 150 e c'è un motivo, infatti nel 1650 nella regione orientale dell’Olanda è iniziata la produzione di specchi e Rembrandt ne aveva uno con una cornice nera, il nucleo di quest’opera teatrale sta proprio nell’autoanalisi, che questo nuovo strumento che era lo specchio ha portato su Rembrandt. Lo specchio ha segnato l’inizio di un periodo di profonda autoanalisi che si ritrova solo più tardi nell’epoca post-freudiana; lo specchio ha avuto effetti sulla psiche perché dava la possibilità di vederci esattamente e di sapere come gli altri ci vedono…Stiamo preparando anche un documentario di due ore su Rembrandt ed inoltre un editore parigino sta per pubblicare un mio libro che narra proprio del rapporto faustiano che Rembrandt intratteneva con il diavolo.

4 commenti:

Pickpocket83 ha detto...

Beh...una lezione con i fiocchi. Ringrazio il prof. Peter e voi che ci fate condividere queste interessantissime riflessioni...queste cose mi esaltano. Saluti

Vale ha detto...

Ti ringrazio molto pickpocket83 per essere passato e per contribuire alla fruizione della conoscenza.

Luciano ha detto...

@ Commento rivolto a chiunque.
Questa seconda parte del seminario-incontro è interessante perché Greenaway ci dice come lavora e come concepisce l’arte. L’arte è il duro lavoro dell’artigiano che conosce il disegno e che quando dipinge, o gira una scena, sa esattamente quello che fa e quello che vuole. Ci fa sapere che si trova bene in Olanda anche perché gli olandesi non venerano gli artisti come Dei ma li considerano bravissimi e insuperabili artigiani. Partendo da questi concetti fa una riflessione sull’arte concettuale dicendo che Duchamp (con i suoi ready-made) è stato un demone del XX secolo. La riflessione di Greenaway è importante per capire come l’arte sia anche conoscenza della tecnica. Sono perfettamente d’accordo che l’artista debba conoscere la tecnica ma ho alcune perplessità riguardo alla sua accusa senza repliche nei confronti dell’arte concettuale. Mi pongo una domanda: l’arte concettuale presuppone automaticamente (poniamo nella pittura) la non conoscenza del disegno? Ad esempio mi sembra di aver capito (ma può darsi di non aver interpretato bene) che Greenaway inserisca tra le conoscenze del disegno anche la prospettiva (ha nominato lo specchio, ossia la macchina fotografica di Rembrandt ma anche dei pittori rinascimentali). Però parallelamente alla prospettiva c’è tutta una storia dell’arte in funzione dell’antiprospettiva (si pensi all’arte orientale) che non è peggiore o inferiore alla storia della prospettiva. D’accordo che l’arte sia mestiere (“manipolare la luce” dice Greenaway e Tarkovskij dice “scolpire con la luce”). Lo scolpire la luce dà proprio l’idea del duro lavoro michelangiolesco (estrarre la forma dalla bruta materia), ma l’idea? Quando Michelangelo estrae il David dal grezzo marmo, oltre all’esperienza, alla conoscenza della tecnica (anche e soprattutto dei materiali) vede tra le venature del marmo l’immagine proiettata dalla sua mente. Volenti o nolenti la mente condiziona il manufatto (d’altronde è il mio cervello che definisce una struttura). Lo so che (ad esempio) è molto faticoso digerire la Land Art e gli “impacchettamenti” di Christo (la mia folle mente digerisce anche queste cose), ma, insomma, lo so, avrò pessimi gusti, ma non toccatemi le esperienze concettuali del New-Dada (Rauschenberg), Fluxus (Beuys) la Body Art. Insomma per intraprendere un percorso del genere (a parte il fatto che non è mia intenzione polemizzare con Greenaway, perché lo ripeto ciò che dice è interessante e accettabile) bisognerebbe approfondire l’aspetto dell’arte che più conta e che Greenaway tiene in alta considerazione (altrimenti non incontrerebbe il pubblico e non organizzerebbe le sue performance) e cioè il rapporto col pubblico, nonché la discussione sul significato e sul valore del bello nei secoli e come si è trasformato il concetto di bello nell’arte. Insomma Duchamp può anche essere visto come un demone, ma questo angelo caduto non è un po’ l’incarnazione del bello che ha scoperto l’altra sua faccia (quella celata, maledetta, ma ugualmente importante) ossia il brutto? Può il brutto appartenere all’esperienza estetica del bello? Secondo me l’arte non può e non deve avere limiti.

Vale ha detto...

Luciano.Sono daccordo con te e non siamo gli unici a pensarla così infatti, Cocteau diceva che "il cinema è un'arte da artigiani, un'arte manuale" ma nello stesso tempo diceva anche che "il cinematografo è un'arma efficace per proiettare il pensiero", a questo punto chi può definire con esattezza se un pensiero sia bello o brutto, chi può dettare con precisione le leggi assolute dell'estetica? Da parte mia, sono pronta a farmi travolgere da qualsiasi forma di espressione artistica per assaporare ciò che mi suscita...è qualcosa di assolutamente personale...