5 settembre 2007

Blade Runner (Ridley Scott, 1982)

Nei film di fantascienza fino agli anni settanta il futuro è visto come il regno del nuovis-simo. Persino '2001: Odissea nello spazio' ci mostra il futuro come luogo del nuovo dove tutto è appena inaugurato. Ma in Blade Runner il futuro è ancora più vecchio del presente: gli antichi siamo noi perché abbiamo in eredità il passato, perché il mondo invecchia. Il giovane, il nuovo, il bambino che a volte riemerge in noi tornano da un passato più o meno lontano. E la città che invecchia, la città assediata dal tempo è la Los Angeles di Blade Runner: una città tormentata da una pioggia incessante, ove quartieri e piazze degradati, palazzi pressoché disabitati, costringono la vita a concentrarsi in poche strade. È una città inquinata, dove la pioggia sembra pioggia radioattiva che cade incessante in un'epoca post-nucleare; una città simile a quelle odierne: vecchia, inquinata, violenta, destrutturata. La difficoltà di vivere in un posto simile è anche l'angoscia che si prova a non farsi capire, perché ormai nessuno può più capirsi (ad un certo punto Deckard riesce a fatica ad ordinare un piatto di spaghetti). La città non è quella a cui siamo/eravamo abituati, tipica del XIX e XX secolo, città come luogo dei segni, come rapporto di significato/significante, pertanto città identificabile e idealmente rappresentabile, una città ancora interpretabile o perlomeno ricostruibile diegeticamente dalla nostra mente, con dei confini, delle "regolarità" (un centro, una periferia, un monumento, un parco, un capannone industriale, una casa, un ufficio). Adesso la città come segno non esiste più. In altri termini, il rapporto tra significato e significante non può essere più ricostruito. Pertanto non è più una città diegetica ma iconica. C'è un'architettura definibile come oriental-barocca (pardon per la parola che avrebbe pretesa di neologismo) in una combinazione di strutture seicentesche, poi tardo-ottocentesche, ma anche tardo impero (si vedano le piramidi antiche e si veda la torre della polizia trasportata direttamente da 'Metropolis' di Lang). Siamo insomma davanti alle rovine di una città, come se futuro/passato/presente coesistessero insieme nella perdita totale del segno: una città già divenuta, non interpretabile, che la mente non può assemblare: città iconica, immagine della sua stessa destrutturazione, che l'uomo, per natura animale narrativo, non è in grado di comprendere. Le astronavi non sono il futuro, ma solo bus navette che non portano poi così lontano (l'extramondo è solo annunciato dalle animate mega pubblicità anestetizzanti). Le astronavi sono mostri immobili che non ruotano attorno alla torre della polizia (dal punto di vista dei passeggeri è la torre che ruota). Il loro atterraggio sulla piattaforma con moto circolare s'innesta nella rotazione della macchina da presa, pertanto il movimento risulta immobile: le astronavi non volano in Blade Runner perché è tutto imploso in una cellula persa nel tempo come un Big Bang all'incontrario che annulla la vita anziché iniziarla. Los Angeles è infatti uno spazio imploso non gerarchizzato (in 'Metropolis' la gerarchia dello spazio è fondamentale per la città). La confusione (linguistica, architettonica, spaziale, temporale) è anche antropologica. C'è difficoltà a distinguere i replicanti dagli uomini se non per la scadenza più limitata (la fine c'è per tutti, solo che i replicanti sono usa e getta non riciclabili). Ma la differenza tra i replicanti e gli uomini non è solo fisica o intellettuale, è anche "immaginaria". Chi sono infatti i replicanti? Solo alcuni "androidi" costruiti per lavorare nei luoghi più impervi? Quando Deckard fugge con Rachael e raccoglie l'origami dell'unicorno abbandonato da Gaff (il poliziotto che ama fare origami e sembra un essere sovrannaturale messo al di là del mondo per avere la visione onniscente sui "personaggi"-androidi) si rende conto che l'ispettore conosce i suoi sogni (Deckard ha sognato l'unicorno) e i sogni (come i ricordi) vengono innestati nei replicanti. Allora Deckard è un replicante? Blade Runner è un mondo di replicanti e i confini tra conscio e inconscio vengono rimescolati e nessuno sa più chi è e cosa fa e dove va. Dove fuggono i "due" replicanti? Nella versione del produttore fuggono in un film di Kubrick (vedi l'incipit di Shining identico all'epilogo di Blade Runner) mentre in quella del regista scompaiono dietro una porta chiusa. Usciranno mai dalla città? O rimarranno per sempre sepolti nel caos e nel labirinto di un pianeta imploso cercando un passaggio per l'Extramondo? Forse il film suggerisce che non esistono più uomini ma solo replicanti e "spettatori" che ne conoscono i sogni (o credono). Forse siamo in un mondo che si riproduce da solo, una Matrix ante litteram. Ma se non esiste più l'uomo allora cosa esiste? Il film sembra suggerire che esiste quello che esiste, esiste un "personaggio" capace di andare oltre i sentimenti umani, un contenitore di emozioni troppo profonde, troppo violente o romantiche, un personaggio che va oltre l'androide (l'androide è un computer nel mondo, il personaggio è un "mondo" aperto sul cinema), che supera quei limiti imposti dal suo costruttore . Ritengo che con questo film (siamo all'inizio negli anni 80) si entri definitivamente nel post-moderno (in Italia Bonito Oliva lancia i pittori della Transavanguarda che ri-collocano nel quadro la figura umana). La post-modernità afferma che tutto quello che è possibile scoprire non è nuovo, ma viene dopo il nuovo. Non c'è niente di nuovo da scoprire, unica possibilità è una rivisitazione di ciò che ci ha preceduto. Il film stesso è un replicante perché "replica" situazioni già messe in scena (Metropolis, letteratura americana degli anni '40, Hitchcock, ecc.), perché è un film costruito per frammenti (come sequenze, scelta del profilmico, contenuti), che mette in scena l'atto stesso della scomposizione (estetica del frammento), mette in scena l'impossibilità di definire o solo di interpretare il reale. È la fine della sicurezza apparente delle emozioni suscitate nello spettatore, perché è lo spettatore che registra come Gaff i suoi sogni nei personaggi, nella vana speranza di ricostruire l'utopia.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

ce n'è voluto di tempo per leggerlo, bello lungo...ma quando le cose sono sentite difficilmente si riesce a tagliare corto. Bella analisi....naturalmente ti ricordi il 2° posto che gli ho dato nella mia classifica, quindi non posso essere che daccordo. ciao

Luciano ha detto...

Grazie mash per il commento positivo. Sì, in effetti (come avrai notato anche guardando gli altri post) la sintesi non è il mio forte.
Mi ricordo del secondo posto della tua classifica (dopo 2001 anche per me è il migliore).

Anonimo ha detto...

Bellissima analisi molto approfondita di un film davvero fantastico. Grazie Luciano, è sempre un piacere leggerti
Ale55andra

Luciano ha detto...

Grazie Ale55andra per aver letto il post. Sei sempre molto gentile.
A presto.

domenico ha detto...

wow
bravo, ottima analisi, ampia e sentita
blade runner è veramente un gran bel film, suggestivo, uno dei miei preferiti (nel genere)
dome

Luciano ha detto...

Grazie Dome per il tuo positivo commento. In realtà sono andato sul facile nello scegliere un film come Blade Runner.
A presto

Anonimo ha detto...

hottimi film, ottome recensioni, ottimo sito... che dire sempre bello leggere di cose belle!

Luciano ha detto...

Ti ringrazio mimhe, troppo gentile. Torna pure a trovarmi e lasciami pure l'accesso a un tuo profilo o a un tuo blog, in modo che possa ricambiare la visita.
A presto.

FiliÞþØ ha detto...

non fa una piega...una riflessione coi fiocchi...grande film

Luciano ha detto...

La tua positiva opinione mi lusinga. Sì... grande film.

Anonimo ha detto...

quando vengo qui c'è l'imbarazzo della scelta, per le cose da leggere... oggi ha avuto il sopravvento l'amarcord...
sono ancora indeciso se preferisco il finale dell'82 o quello del director's cut, tra l'altro...
e poi...
« I've seen things you people wouldn't believe. Attack ships on fire off the shoulder of Orion. I watched c-beams glitter in the dark near the Tanhauser Gate. All those... moments will be lost... in time, like tears... in rain. Time to die. »

Luciano ha detto...

Anch'io ho cominciato a frequentare il tuo blog: interessante per i molti argomenti che tratti. E ce ne sono di cose da leggere.
"E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire". E' una frase stupenda anche in italiano anche se naturalmente non raggiunge l'intensità emotiva che l'originale in inglese riesce ad esprimere.
C'è una diatriba su quale delle due versioni sia la migliore. Sinceramente non lo so neppure io. Forse propendo per la versione del regista. Ma non riesco ad abbandonare neanche quella che uscì al cinema. Per anni è stato l'unico Blade Runner.
A presto.